Siamo consci che parlare oggi dei consorzi di bonifica potrebbe suscitare un qualche fastidio. Soprattutto in quanti ormai pensano che non interessi a nessuno dare attenzione pubblica a queste istituzioni. Epperò ci riferiamo al fastidio che assale chi aveva preventicato ciò che è successo e non è stato ascoltato e creduto. Perché avevamo ipotizzato che per riportarli sulla strada dell’efficienza non sarebbe stato necessario avviare riforme su riforme, ma semplicemente, a norme invariate, individuare due al massimo tre funzionari di livello per affrontare le tante criticità che li attraversano e un quinquennio al massimo per riorganizzarli bene e farli diventare un punto di forza dei territori.
Invece si è pensato sempre di annunciare presunte riforme, forse col solo obiettivo di mantenere in essere le attuali gestioni consortili che fanno acqua da tutte le parti. Ben si sa che in Sicilia quando non si vuole porre rimedio ad un problema importante e costoso basta inventare una possibile riforma, intesa come palingenesi di tutto.
Nel 2014 è stata fatta una buona riforma dei consorzi, rimasta lettera morta ed inapplicata quasi del tutto. Prova ne è che i consorzi hanno continuato a produrre servizi inadeguati, e non per colpa dei lavoratori, e soprattutto debiti che ora sono sul groppone della Regione. Eppure questa riforma – a nostro avviso – contiene indirizzi normativi che, se accompagnati e sostenuti dall’opera seria di un gruppo di funzionari, avrebbe potuto ritracciare un’altra storia dei consorzi.
Ora, vi è in itinere una nuova formulazione di riforma di questi enti, sbandierata ai quattro venti dal governo Musumeci, della quale, peraltro, non si conoscevano fino a qualche giorno addietro ancora i contenuti, se non l’indicazione di massima di qualche direttrice, comunicata a mezzo social dal Presidente e dagli Assessori competenti. Solo da qualche giorno il Governo regionale ha presentato il disegno di legge di riforma dei consorzi. Ovviamente la nostra speranza è che ne venga fuori una riforma veramente in grado di dare gli strumenti per fronteggiare la malattia che li affligge. Ma siamo persuasi che inserire i consorzi attuali dentro una nuova conrnice normativa non equivale a renderli migliori e riassestare le loro attuali gestioni disastrose. E teniamo solo ad asserire che, da quando è stata annunicata l’opera di riforma e fino ad oggi, il tutto è equivalso a far sfumare altri 4- 5 anni, senza, in realtà, far nulla di importante e di necessario per essi.
Già da tempo, senza alcuna nuova riforma, pensiamo sarebbe stato possibile rimuovere le difficoltà cui soggiacciono i dipendenti, dando loro una definitiva stabilizzazione, sia in termini di status giuridico che di natura economica. Sarebbe stato possibile riorganizzare questi enti per farli divenire una vera risorsa dei territori, al servizio dell’agricoltura, della sostenibilità ambientale e della sicurezza idrogeologica.
Occorre “volontà politica” accompagnata da serietà amministrativa. Presupposti che fin qui sono mancati. Sono mancati perché la politica fino ad oggi ha concepito, nonostante la riforma vigente e quella in itinere, i consorzi come strumenti di baratto e non come funzioni al servizio del territorio.
Ogni giorno che passa, senza che siano assunti rimedi, aumentano i debiti che questi enti producono e questo fardello sempre più pesante di debiti è ciò che resta per le finanze della Regione sicilana. Eppure, sin qui non abbiamo intravisto un solo provvedimento amministrativo regionale con cui tentare di arginare il montare costante dei debiti prodotti dai consorzi e dare loro un assetto organizzativo adeguato.
Fino ad ora nessun risanamento, servizi resi non nel modo migliore e dipendenti lasciati senza stipendio: quella dei consorzi sembra l’esistenza quasi spettrale di una macchina che mangia però denaro pubblico reale.
La storia dei consorzi potrebbe anche apparire come una sorta di dichiarazione di fallimento di cui tutti ne vedono gli effetti: dipendenti, destinatari dei servizi e il bilancio regionale. Ciò nonostante, non si può consentire che essi diventino uno strumento inservibile, perché assolvono compiti e ruoli istituzioanli che nessun’altra istituzione potrebbe svolgere.
Da parte nostra, in questi anni, non ci siamo limitati soltanto a criticare, invero siamo stati forse gli unici a proporre soluzioni. Questo il ventaglio delle prroposte fatte:
in primo luogo programmare le possibili quiescenze nel prossimo quinquennio; in secondo luogo ridurre i costi legati ad istituti contrattuali non obbligatori, solo questa procedura di razionalizzazione comporterebbe, solo a Ragusa, un risparmio di un 1 milione di euro; ancora evitare che i dipendenti per avere gli stipendi ricorranno ai giudici coi decreti ingiuntivi, procedure che incrementono i costi per spese legali di oltre 500.000 euro l’anno rispetto al costo degli stipendi; inserire, man mano che si liberano i posti e occupando quelli vacanti, nei POV i dipendenti che sono a tempo indeterminato a seguito di sentenza dei giudici, chiudendo tutti i contenziosi. La chiusura di questi ultimi eviterebbe ulteriori esborsi economici per l’ente; riqualificare l’apparato burocratico, operando qualificazioni relamente utili e non promuovendo i soliti noti, perchè ciò costituirebbe il presuposto per avere una buona amministarazione interna in grado di promuovere i servizi e recuperare i relativi tributi per chi li riceve; mettere il personale operaio nelle condizioni di poter svolgere i compiti a cui vengono chiamati; ridurre i costi dei gestione dei servizi che il consorzio acquista all’esterno.
Su questa base di proposta abbiamo cercato di intavolare un confronto con la dirigenza consortile di Ragusa, ma sino ad ora non abbiamo visto un atteggiamento di disponibilità per avviare un percorso di recupero istituzionale ed economico del nostro consorzio.
Ragusa 18.04.2021
Salvatore Terranova
Segretraio generale della Flai Cgil Ragusa
- 11 Ottobre 2024 -