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Personaggi degli Iblei di ieri… di Domenico Pisana

Il modicano Carmelo Assenza(detto Menu), il poeta e cultore delle tradizioni popolari e religiose degli Iblei
Tempo di lettura: 2 minuti

Un vero e proprio ricercatore e studioso delle tradizioni popolari della Contea di Modica può definirsi Carmelo(detto Menu) Assenza. Poeta dialettale abbastanza noto anche fuori provincia e oltre, è nato a Modica nel 1927 ed ha insegnato per circa 32 anni nella scuola elementare. Nel 1981 è passato alla scuola media inferiore, ove ha insegnato materie letterarie.
La sua produzione è notevole, abbraccia la poesia, il racconto, le tradizioni culturali e religiose, i proverbi, gli indovinelli, gli usi e i costumi, la saggistica, i canti popolari, etc., ed è stata accompagnata da riconoscimenti e vari premi letterari, tra cui il “Paestum” di Roma nel 1971, il “Nepetia” a Reggio Calabria e il “Nino Martoglio” a Roma nel 1973, il “Vann’Antò” a Messina nel 1981 e nel 1985.
Delle sue molteplici pubblicazioni meritano di essere segnalate le seguenti: Canti popolari della Contea di Modica (1970); Muòrica è ‘n paisi” (1970); Quattrocento indovinelli siciliani(1972); Canti religiosi della Contea di Modica (1975); Storie e leggende siciliane (1976); Immagini di un mondo remoto: gli Iblei (1977); U zòriu( 1978); I soprannomi nel modicano e nel ragusano ( 1979); Il Presepe di Santa Maria di Betlemme (1980); Ninne nanne, dubbi e credenze nel modicano (1980); Voluntas tua – ‘Apici (di Vann’Antò),1982; Mura a-ssiccu (1983); Carlo Amore poeta dialettale(1985); Vistruzzu ré tadduti” (1986), Modi di dire e voci di paragone negli iblei( 1987); Fatti e Storie religiose negli Iblei(2000).
Morì il 4 gennaio del 2014.
La poesia di Carmelo Assenza costituisce certamente un affascinante quadro che ci riporta nel mondo della civiltà contadina. Qui, infatti, l’Assenza trova i motivi dominanti del suo poetare; qui, la sua vena creativa trasfigura istanze di gente umile, facendo entrare il lettore, attraverso una sintesi di immagini ricche di vita e inondate di calore umano.

1.La raccolta Mura a-ssiccu (1983)

La raccolta Mura a-ssiccu è, senza dubbio, l’opera poetica con cui Assenza suscita un maggiore interesse nel lettore, il quale si trova più vivacemente coinvolto nell’intelaiatura del discorso poetico, condotto su un filo di piacevole e allegra musicalità. Le liriche gravitano attorno ad una schematicità razionale che relaziona ansie e sentimenti affettivi ed esterna le aspirazioni più profonde dell’Assenza, il quale si dimostra capace, con la sua spontaneità di dettato e sensibilità d’animo, di trasformare in melodioso lirismo una realtà spesso dimenticata dall’uomo della tecnopoli ma non morta dentro di lui, e di forgiare la sua poesia con un intenso processo lirico intessuto di piccole scene rustiche riprodotte su uno sfondo luminoso, in cui tutto poi si placa nell’ampia e serena pace serale.
Mura a-ssiccu è un articolarsi di suggestivi affreschi, che recuperano il tempo passato con un susseguirsi di immagini evocative e, a volte, dense di trasporti autobiografici, il cui assunto ha proprio la sua genesi nella realtà contadina che il poeta Assenza tende a rivalorizzare, essendo anch’essa fonte di quella cultura popolare di cui la storia è sempre intrisa. Ciò che colpisce è proprio il modo in cui il poeta riesce a stabilire un accordo lirico tra il realismo dell’immagine e la dimensione fluente del tempo, che si consuma nel farsi dell’azione.
Numerosi temi emergono nell’opera di Assenza, quali, per esempio, la solitudine, l’amore per tutte le forme espressive della campagna e del paesaggio naturale, l’accostamento affettuoso alla realtà degli animali in un contesto amicale (si leggano a riguardo L’urtima ciacciarata , Cci voli la disgrazia, Anchi l’aucidduzza su’ sfrattati), il senso della religiosità tipico della civiltà rurale, tutti motivi, questi, che Assenza trasferisce sulla pagina con un verseggiare agile e deciso, recuperando la semplicità di vita, la genuinità agreste, l’umiltà e i valori del mondo rurale.

2. Il saggio su “Carlo Amore, poeta dialettale” (1985)

A Carmelo Assenza va il merito di aver riscoperto un poeta dialettale modicano nato il 5 febbraio 1768 e morto il 30 dicembre 1841. Si tratta di Carlo Amore, cui è intestato l’Istituto comprensivo di Frigintini, e la cui vena poetica viene sintetizzata in un volume curato da Assenza, dal titolo Carlo Amore, poeta dialettale, pubblicato con il patrocinio del Comune di Modica nel 1985.
In quest’opera Assenza si prefigge di contribuire a far meglio conoscere l’opera di Amore e rimodula le coordinate essenziali della versificazione del poeta dialettale modicano.
Carlo Amore, appassionato lettore delle opere in vernacolo di Giovanni Meli, medico e professore di chimica a Palermo, si distinse nell’ambito della professione medica in tutto il territorio della Contea di Modica, fu animatore del gruppo dei cosiddetti “infocati” della celebre Accademia modicana, e fu, per molti aspetti, il caposcuola della parlata dialettale modicana, di cui Serafino Amabile Guastella trasse spunti nelle sue opere.
Dei versi di Carlo Amore Carmelo Assenza rimarca la fresca spontaneità, l’arguzia serena e la facoltà di riavvicinare idee disparate e trarne inaspettati confronti; in particolare opera una accurata selezione di testi scelti, che riguardano anzitutto un ritratto di Carlo Amore, il quale essendo rimasto claudicante dopo il grave male che lo colpì all’età di quattro anni, venne dai suoi contemporanei e dai posteri definito, in modo simpatico, “u zuoppu Amuri”.
Infine, Carmelo Assenza raccoglie nel volume versi che toccano temi come la felicità umana, il matrimonio di circostanza, i drammatici avvenimenti dell’alluvione che colpì Modica, la bellezza della campagna e, infine, l’educazione. Quest’ultimo tema, in 4 canti e 129 sestine, si snoda, come fa rilevare Assenza – in un poema didascalico in versi rivolto ai genitori, finalizzato a fornire loro “tutta una serie di avvertimenti pedagogici che bisogna tenere presenti e tradurre in pratica perché i figli diventino onesti cittadini e pilastri di civiltà: – li vari figgi di la società/ sunnu lu perniu di la civiltà!”. Una problematica educativa sicuramente senza dubbio valida anche in questo nostro tempo!

3. L’opera “Fatti e Storie religiose negli Iblei” (2000)

Anche la prosa di Assenza è ricca e profonda ed incuneata nelle tradizioni popolari dell’area iblea. In questa direzione merita di essere evidenziata l’opera “Fatti e Storie religiose negli Iblei”, (2000) un libro nel quale il lettore ha modo di gustare un sapore di cose antiche, le cose genuine elaborate con maestria e sapienza, che offrono l’opportunità di tuffarsi nel passato e di rivisitare l’ethos religioso del popolo della terra iblea. Attraverso il ricorso a fonti orali, l’Autore canta in poesia la storia di San Giorgio e la storia di Santa Genoveffa, recuperando un patrimonio etico e religioso che sicuramente sarebbe andato perduto. La figura di San Giorgio emerge trionfante nel contesto di un discorso lirico-narrativo che ne delinea i tratti più significativi: la sua vocazione e la sua missione.
Cavaleri ri Cristu bbinirittu, San Giorgio viene descritto come un grande predicatore amato da Gesù e scelto per portare la fede nel mondo. Le gesta del Santo che uccide il drago appaiono ricche di connotazioni eroiche e interpretate come segno della presenza di Dio nella sua azione, tant’è che lu drauni attirrau / quannu ‘ntisi a San Giorgi ca parrau/, ccu gran valuri,ccu tri sticcati lu fici abbuccari.
San Giorgio, nel racconto, rappresenta il simbolo dell’eroe di popolo, di colui che vince il male e conduce alla fede cristiana con la conversione del battesimo. Avvincente si rivela anche la storia di Santa Genoveffa, della quale vengono esaltate le qualità e lodate le virtù. Due storie dunque, quella di San Giorgio e di Santa Genoveffa, che disegnano un percorso nel quale si intrecciano memoria, fede, sapienza popolare, fatalismo e continua lotta tra il bene e il male, e dove, altresì, i protagonisti rispondono al bisogno dell’uomo di identificarsi nel modello dell’eroe che sconfigge il male e che fa trionfare la giustizia; l’eroe del trionfo, delle vittorie, della superiorità nei confronti del maligno.
L’uso del vernacolo rende, poi, particolarmente suggestiva ed affascinante la narrazione, che si snoda con particolare efficacia e con una incisività semantica fortemente innestata nell’anima popolare.
Nella seconda parte del libro “Fatti e storie religiose negli Iblei” Carmelo Assenza offre al lettore la narrazione di due fatti calamitosi verificatisi a Modica, ossia l’alluvione del 1902 e il terremoto del 1693, la cui memoria viene recuperata dall’Autore con canti poetici raccolti dalla voce di Fra Emanuele e dall’ottantenne rosolinese Giuseppe Vindigni.
Nel canto dell’alluvione colpiscono, in particolare, “il pathos di solidarietà” della popolazione modicana anche nel momento della morte (…Dov’è il bambino mio? – grida una madre;/ Salvate la mia sposa! – urla un consorte; / Salvate i miei figliuoli! – esclama un padre…) nonché la visione sacrale e la lettura religiosa dell’evento calamitoso, che viene interpretato, semplicisticamente, dalla fede popolare, come intervento punitivo di Dio per i peccati dell’uomo:

…Chistu si ciama casticu ri Ddiu!
fuorsi ca ri nui si sdignau!…

La stessa lettura, in fondo, emerge anche nel canto che descrive il terremoto del 1693, dove è contenuto un dialogo tra la Madre di Dio e il suo figlio Gesù, che minaccia il castigo divino:

…Ora cci fazzu virri la gran prova!
Ca nta n-minutu lu munnu cci abbissu!
– Oh! figghiu caru, lu munni abbissamu?
Sunu ‘n piccatu e tutti li pirduni;
ccu tanticcia ri tiempu ca cci ramu,
s’arrimiet tunu e puoi li ricugghiemu!…

E’ rilevante, nel testo, l’atto mediatore di Maria che intercede presso il Figlio (…Figghiuolu,bbeni miu, ciamma r’amuri /, mancu sta razzia mi vuliti fari?..) e che ottiene la grazia per i peccatori: …Si nn’era ppi Maria nostra patruna, / forrunu tutti muorti ar ora ar ora….Ar ora Ar ora nui fussimu muorti/ suddu Maria n’facia li nuostri.

Con questo appassionante volume Carmelo Assenza ci fa dono, sicuramente, di un pezzo della nostra tradizione locale; le “storie” e i “fatti” che egli ha saputo ricostruire hanno il sapore delle cose fatte in casa, il quale non è, però, sinonimo di modesto artigianato o di poca storicità del discorso, ma piuttosto il risultato della capacità dell’Autore di entrare nelle pieghe più profonde della sapienza e della religiosità popolare, per cogliervi quella “eredità spirituale” e quella “humanitas” radicate nella concezione sacra della vita del nostro popolo e che sono state trasmesse nel corso delle generazioni. Certo, non mancano, nelle storie raccontate, l’enfasi e gli intagli eccessivamente fantasiosi, le aspettative miracolistiche e le risonanze di stampo fatalistico, ma nel complesso la stesura dei testi risulta connotata di una espressione semplice della fede, nonché di un sentimento spirituale ancorato all’esperienza e ai fatti, lieti e tristi, che l’esistenza umana ci riserva lungo il cammino. L’uso del vernacolo rende, poi, particolarmente suggestiva ed affascinante la narrazione, che si snoda con particolare efficacia e con una incisività semantica fortemente innestata nell’anima popolare.
Fatti e storie religiose negli iblei offre senza dubbio l’occasione di guardare al passato e di immergersi nel patrimonio tradizionale del popolo ragusano, non per contemplarlo o incensarlo nostalgicamente, né per un atto di mero conservatorismo, ma per testimoniare, come sicuramente è stato nell’intento di Carmelo Assenza, che vale la pena sforzarsi di fare della memoria storica la vera maestra di vita per ogni tempo.
Concludiamo riportando alcuni versi di Carmelo Assenza che rievocano uno dei dati più caratteristici degli Iblei, cioè il muro a secco, e la grande tradizione della devozione a San Giorgio.

Da: Dalla raccolta “Mura a-ssiccu”(1983)

Mura a-ssiccu

Mura a-ssiccu, ‘ntaviddati
ccu pitruddi arricugghiuti
nné vignala e puoi ‘ncugnati,
nné pirtusa, nna li casci;
mura nichi, mura vasci,
ppi’ siddachi, ppi’ cusciati,
mura fatti a ‘na traversa
ca scinniti, c’accianati,
ritti ritti, a cudduredda
ppi’ li costi e bbi pirditi…
Unni iti! Unni iti
comu tanti scursunedda,
mura a-ssiccu ca parrati
sulu a cu’ bbi sa capiri
e la terra arraccamati
ccu disigna a nun finiri?
Ah putissi ‘gn’juornu aviri
vurricatu nta ‘n’agnuni,
ppi cummuogghiu ‘n muru a-ssiccu
cumminatu a mannarunu…
Nna lu mienzu cci spuntassi
rogni tantu 1’irvicedda,
e all’ussidda ‘n cci mancassi
mai re petri a friscuredda!…

Da: Fatti e storie religiose negli Iblei (2000)

Storia di san Giorgio

“…….fu priricaturi
e priricava ppi tterra e ppi mmari.
Ia priricannu la firi cristiana,
comu n’anzigna la santa scrittura
e ammienzu e guerri si cci addunicciava,
l’aiutava Maria la gran Signura;
Maria ca ri lu cielu cci parrava:
– Siecùta Chiuorghi, nn’aviri paura! –

…Ia priricannu ppi la santa firi
ia ppi lu munnu faciennu cristiani;
iddu vattiava sempri l’infirili
ccu firi ranni e ccu maneri umani….”

“…Viva San Giorgi ca ni cummirtiu,
ccu n-fonti r’acqua a tutti ni vattiau.
Ora ca siemu tutti nui vattiati,
e aviemu avutu la so’ ranni luci,
ravanti ri san Giorgi addinucciati,
riciemu tutti ccu na ranni vuci:
– Viva san Giorgi e la so’ putistati!
ca a tutti quanti n’ha datu saluti;
ma allura ri li peni siemu sciuti,
quannu lu drauni n’ammazzati.”

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