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Modica, D’Antona: “Revocare atto che modifica zona artigianale”

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Nell’ultima riunione del Consiglio Comunale la maggioranza che sostiene l’Amministrazione Abbate ha approvato una modifica del regolamento della zona artigianale, estendendo la possibilità di vendita sia alla produzione delle imprese artigiane che a prodotti complementari.

Per meglio chiarire la modifica, nella stessa delibera vengono riportati degli esempi sulla tipologia di prodotti che possono essere venduti sul posto: “se lo stabilimento produce componenti elettronici, dovrebbe essere possibile esporre e vendere anche prodotti finiti che le utilizzano”, “se produce salumi, dovrebbe essere possibile vendere panini al salame”, “se produce bevande dovrebbe essere possibile vendere prodotti da accompagnare con le stesse bibite”.

“Dalla lettura del testo e senza alcuna altra indispensabile specificazione di dettaglio – dice Vito D’Antona(foto) di Sinistra Italiana – è lecito pensare che nella zona artigianale sarà possibile la vendita di televisori, telefonini, apparecchi elettronici, avviare paninerie, vendere alimentari e consentire la ristorazione sul posto o da asporto?     In questo modo in un solo colpo si tenta di snaturare la finalità della zona artigianale, che secondo la legge deve essere destinata “all’esigenza di insediamenti di attività artigiane non compatibili con il tessuto urbanistico”, e si potrebbe anche ipotizzare una sorta di variante al piano regolatore in quanto in contrasto con le norme tecniche di attuazione del piano laddove si dispone che la zona artigianale è destinata unicamente “alle attività industriali e artigianali”.      Ed inoltre, proprio il vantaggioso costo della cessione delle aree nella zona artigianale, fissato alcuni anni addietro dal Consiglio Comunale nella misura del 50% di quello utilizzato per le aree industriali, oltre che il numero di lotti cedibili ad una stessa impresa (otto) rispondono alla necessità di agevolare l’insediamento esclusivamente di attività artigianali e industriali.        Riteniamo – conclude D’Antona – che il provvedimento debba essere revocato, sia per inopportunità che per possibili profili di illegittimità e siano prioritariamente ascoltate le associazioni di categoria interessate”.

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