
Pronostico azzeccato per Conte, un po’ meno per il Paese. Novizio della politica, primo ministro di due governi bicolore, uno verde l’altro rosso, con una quota maggioritaria di giallo in entrambi, l’avvocato del popolo ha dato prova di astuzia e flessibilità da vero interprete del trasformismo. Persino Zingaretti, inizialmente tiepido nei suoi confronti, è diventato un suo ammiratore. Ma quanto è paziente, ma quanto è dialogante, ma quanto è aperto al compromesso! Il segretario Dem è così entusiasta di Conte che lo vorrebbe nel suo partito, non si sa se per convinzione o per opportunismo politico, e Conte glielo lascia credere, non si sa se per convinzione o per opportunismo politico. Non serve invece la macchina della verità dei film di spionaggio americani per scoprire quello che premier e segretario non nascondono: il vanto di essersi liberati di Salvini mettendo in sicurezza il Paese. Siamo ancora in Europa e usiamo l’euro per fare la spesa, comperare un biglietto per il cinema, pagare il caffè al bar. Lo scorso anno di questi tempi non era dato per scontato. Dunque, un punto a favore di un esecutivo debole e con esili prospettive di durata, che paga la velocità con cui è nato, la distanza culturale tra i due azionisti, le frammentazioni interne, le diffidenze reciproche; un esecutivo per opporsi più che per proporre, che intende durare fino al termine della legislatura per eleggere il presidente della Repubblica. Il merito del Conte2 sta anche nella rimozione di alcuni ministri che, se fossero ricordati, non sarebbe per capacità né per eleganza estetica oltre che etica, ma per lo zelo speciale dimostrato nel fare danni. Di Maio agli Esteri, dicastero poco attrattivo per il capo del movimento più interessato a farsi valere in casa che fuori, combinerà meno guai che allo Sviluppo economico. In Libia, dove è andato a dire non si sa cosa e in quale lingua, ci penseranno Erdogan e Putin a levargli le castagne dal fuoco. Bonisoli non è più ai Beni culturali dove ha tentato di sfasciare la riforma di Franceschini riportando a Roma la gestione e l’amministrazione dei grandi musei nazionali seguendo la logica statalista dei Cinque stelle. La Grillo ha dovuto cedere la Sanità, Toninelli, alle cui ingenue e spassose sparate ci si era quasi affezionati, ha lasciato Infrastrutture e Trasporti, la Trenta ha dovuto rinunciare a malincuore alla Difesa (strenua, della casa dalla metratura indispensabile alla nuova vita di relazione romana), portandosi via il fedele Pippo, lo schnauzer nano che la signora intanto che era occupata a difendere il patrio suolo ordinava: “escimi il cane” e un’auto militare partiva per prelevare Pippo e portarlo al ministero. Dettagli da farsa, ma significativi che inchiodano i grillini, a parole ferocemente ostili alla casta, nei fatti sensibili ai suoi privilegi. Privilegi di cui godere e privilegi da elargire. La Trenta infatti, nei quattordici mesi di permanenza alla Difesa, è riuscita a superare i suoi predecessori in generosità. A cominciare dai fedelissimi, tutti al ministero, tutti allo stesso civico in Via Flaminia, in una zona esclusiva dove gli affitti arrivano a 3mila euro mensili, mentre migliaia di ufficiali e sottufficiali attendono per anni un alloggio di servizio. Ma il buon cuore del ministro non conosce limiti: 130 encomi solenni, che hanno un peso nella carriera e nella retribuzione, conferiti per motivazioni vaghe e compilate con il metodo del copia e incolla, tanto da insospettire il sindacato dei militari che ha presentato un esposto alla P.d.R. di Roma “affinché sia accertata la regolarità delle procedure di assegnazione”. Cose imbarazzanti quasi quanto il video tragicomico in cui la Trenta ballava scatenata e faceva il trenino con i militari a Lourdes. Ma non basta. Da ministro della Difesa, ha declassato le Forze armate, chiamate a difendere il Paese dentro e fuori i confini, a una sorta di protezione civile. Quarantatré missioni operative distribuite tra Africa, Asia e Medio Oriente, intelligence, sistemi missilistici, F35, spese militari, programmi europei e atlantici, cose troppo serie per un ministro pacifista che ha fatto qualche tronfia passerella propagandistica e ha privilegiato gli scontri con Salvini sull’immigrazione. Le quote rosa non hanno portato bene ai Cinque stelle che hanno dovuto rinunciare anche alla ministra per il Sud, Barbara Lezzi, ex impiegata di quinto livello, cioè commessa, come è stato rilevato dall’ironico direttore di un giornale, che anche da parlamentare semplice estrinseca un’energia non comune nel nuocere alla sua regione, la Puglia. Diventata famosa per l’affermazione strampalata sull’aumento del Pil durante la stagione estiva grazie ai condizionatori che vanno a palla, ha brigato per sospendere lo Scudo penale ad ArcelorMittal al grido di “le cozze sono meglio dell’acciaio” sorvolando sul fatto che il gruppo siderurgico franco-indiano ha messo miliardi propri in un’azienda in perdita e che per giunta inquina da anni, in una zona del Paese dove non ci si accapiglia per investire. Tutto ancora da definire comunque, per ex Ilva come per Alitalia e concessioni ad Autostrade. Le proposte caldeggiate dai pentastellati sono l’ingresso dello Stato, cioè i soldi dei contribuenti, e l’intramontabile decrescita, unica soluzione alla difesa dell’ambiente. E il Pd? Boh!
2 commenti su “Conte: il superpremier che ha profetizzato un anno bellissimo…………l’opinione di Rita Faletti”
Il peggio del peggio… ma il gregge comprende? Buon 2020
Mille grazie, ricambio gli auguri. R.F.