Veronica Panarello era in grado di intendere e di volere. Lo ribadiscono i giudici della Corte di Appello di Catania che hanno depositato la sentenza e le motivazioni contenute in 174 pagine del processo celebrato lo scorso 5 luglio che ha confermato la condanna di primo grado a 30 anni di reclusione per la mamma del piccolo Loris Stival, ucciso dalla donna il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina.
Le diverse versioni che Panarello ha fornito, secondo i giudici, non sono frutto di un disturbo della personalità e di un processo di verità progressiva come sostenuto dal suo legale ma “i tasselli di una deliberata e dolosa strategia manipolatoria e falsificatrice della realtà, in un’ottica di adeguamento progressivo della propria linea difensiva alle diverse emergenze procedimentali”.
La donna, quindi, avrebbe avuto un diverbio con il figlio che non voleva andare a scuola e lo avrebbe coscientemente ucciso. Sostanzialmente prima avrebbe effettuato un sopralluogo al canalone, poi sarebbe rientrata a casa, avrebbe parcheggiato l’auto in garage per caricare il corpo del figlio di 8 anni appena ucciso.
