
Si delineano due macro-problemi interconnessi nell’attuale panorama politico-amministrativo di Ragusa: una politica di spesa pubblica orientata all’effimero a scapito delle infrastrutture essenziali e la crisi politica interna scatenata dalle dimissioni dell’Assessore Mario D’Asta.
L’episodio delle dimissioni dell’Assessore D’Asta a Ragusa, non è solo una cronaca di rimpasto, ma un sintomo di una crisi più profonda che tocca tre aspetti fondamentali della vita pubblica.
Penso che Mario D’Asta abbia dimostrato “dignità politica”. Cosa significa questo nel contesto attuale? Spesso, la politica locale e nazionale è caratterizzata dalla tendenza ad “attaccarsi alla poltrona” per convenienza, potere o stipendio, anche in presenza di un disaccordo sostanziale. La dignità politica si manifesta nel momento in cui l’interesse superiore (il dissenso su una linea programmatica o etica) prevale sull’interesse personale (il mantenimento dell’incarico).
In un sistema di maggioranza, il dissenso interno può essere soffocato. Quando un disaccordo diventa “insanabile”, le dimissioni sono l’unico strumento efficace per rendere pubblica la frattura, costringendo l’amministrazione a confrontarsi con una crisi. In questo senso, D’Asta si pone come catalizzatore di un malessere che era latente. È un atto di trasparenza forzata.
La contrapposizione tra il “ricchissimo Natale” e le strade dissestate di Ragusa solleva una questione fondamentale sull’uso delle risorse pubbliche:
Investire nell’effimero (luminarie, eventi, rally) è spesso una scelta politica calcolata. Questi investimenti offrono un ritorno immediato in termini di visibilità, consenso emotivo (la “felicità” del Natale) e promozione turistica. Il beneficio è percepibile subito e su vasta scala.
Investire nelle infrastrutture strutturali (strade, fognature, scuole) è più difficile politicamente. Richiede lunghe pianificazioni, genera disagi (cantieri) e il beneficio è percepito solo a lungo termine, ed è spesso dato per scontato. L’amministrazione Ragusa sta cadendo nella trappola del “governo dell’immagine”, dove il come si appare (città illuminata e vivace) conta più del come si vive (città sicura e ben mantenuta). Questo squilibrio evidenzia una potenziale crisi di responsabilità verso i doveri basilari dell’ente locale.
Quando un Sindaco eletto con una forte impronta civica o trasversale (come Peppe Cassì) inizia ad accettare le “lusinghe dei partiti”, si verifica un cambiamento di equilibri. Le decisioni non sono più orientate primariamente dal programma civico, ma dalle dinamiche di potere, dalle logiche di corrente e dagli equilibri regionali/nazionali dei partiti stessi.
Questo processo porta spesso al disincanto degli alleati originali (come D’Asta) e degli elettori. Sindaco, non accettare le lusinghe dei partiti avrebbe permesso di mantenere l’equilibrio originale. La sua caduta in questa dinamica è vista come la causa della crisi attuale.
In definitiva, il caso Ragusa rappresenta un microcosmo delle tensioni che affliggono la politica contemporanea: lo scontro tra l’etica personale (dignità politica) e la Realpolitik (manovre di partito), e la difficoltà nel bilanciare la promozione effimera con la manutenzione strutturale.
Le dimissioni di Massari, prima, e D’Asta, adesso, rappresentano, a mio parere, il segno tangibile di una “frattura insanabile” con il Sindaco Peppe Cassì. Non si tratta di una semplice uscita, ma di un atto politico che espone un malessere interno precedentemente “nascosto”.
La scintilla che ha acceso la crisi sembra essere stata la riorganizzazione delle deleghe in seguito alle dimissioni di Massari. Il tentativo di Cassì di togliere a D’Asta le deleghe su Verde Pubblico e Servizi Cimiteriali per assegnarle a Iacono è stato il punto di non ritorno. La delega, pur non essendo la più “prestigiosa”, assume qui un valore politico di sfiducia o ridimensionamento.
Il progressivo spostamento della Giunta verso una composizione “sempre più targata ‘Forza Italia’” suggerisce una possibile manovra di “partitizzazione” della Giunta da parte del Sindaco, che era stato eletto in una coalizione civica/trasversale. D’Asta, dimettendosi, si pone come baluardo contro questa tendenza. Il suo gesto non è visto come una mera protesta, ma come un tentativo di “arginare le politiche sempre più spregiudicate di Cassì e del suo cerchio magico”.
Le dimissioni di D’Asta introducono la politica ragusana in una “fase di incertezza”, un malessere che, significativamente, viene messo in relazione con la “crisi della maggioranza regionale”.
Sono convinto che il Sindaco Cassì, per il quale ho sempre nutrito simpatia, accettando di farsi lusingare dai partiti, abbia alterato il suo equilibrio politico originale, portando a questo punto di crisi che lo vede ora indebolito. D’Asta, in questo scenario, diventa l’esempio lampante del dissenso interno e una potenziale figura di riferimento per un’opposizione o una ricomposizione politica diversa.













