
di Giannino Ruzza
L’odore del fumo, in Ucraina, non se n’è mai davvero andato. Nemmeno quando il fronte è lontano e il paesaggio si apre in una pianura che sembra immobile, come se aspettasse qualcosa.
È in questa sospensione che arriva la notizia: BlackRock, il colosso finanziario americano che muove più capitali di interi continenti, ha deciso di sedersi al tavolo della ricostruzione. Non un gesto simbolico: un progetto, un memorandum, un’architettura di investimenti che si prepara al “dopo” quando il “durante” è ancora qui. A Kiev ricordano bene il giorno in cui, nel novembre 2022, il Ministero dell’Economia firmò il primo accordo con la divisione Financial Markets Advisory di BlackRock. Sui muri c’erano ancora i segni dei blackout programmati. Nelle strade, gruppi elettrogeni che tremavano sotto la neve. Eppure, in una sala illuminata da luce artificiale, funzionari ucraini e manager americani parlavano già di piattaforme finanziarie, fondi pubblico-privati, roadmap industriali. Non stavano immaginando ponti e strade, ma fibre ottiche, data center, reti energetiche intelligenti. La guerra non si ferma, ma l’economia, quella grande, quella invisibile, aveva già iniziato a muovere i suoi meccanismi. Pochi mesi più tardi, a maggio 2023, l’accordo si è fatto più concreto. Nasce l’Ukraine Development Fund, e BlackRock avrà il ruolo di consigliere nella definizione della sua spina dorsale finanziaria. Niente retorica. Niente discorsi celebrativi. Solo numeri e procedure, di quelli che raramente arrivano sui giornali ma che decidono il destino di un Paese più delle mappe del fronte. Oggi quelle stime prendono forma: almeno 500 milioni di dollari già impegnati nella futura banca della ricostruzione, con la possibilità reale di arrivare a un miliardo. Non è ancora molto, se confrontato con i danni subiti dall’Ucraina, ma abbastanza per capire l’aria che tira: i capitali globali stanno predisponendo il terreno. Quando la guerra finirà, non ci sarà tempo per iniziare da zero. La ricostruzione partirà come una corsa. E chi è già posizionato avrà un vantaggio decisivo. Nei corridoi del governo ucraino circola una lista di priorità. Energia e rinnovabili, infrastrutture, logistica, porti, ferrovie. Poi l’industria manifatturiera, la filiera agroalimentare, le tecnologie digitali, la cybersecurity, i grandi data center. È come se un Paese intero si preparasse a rifarsi il trucco non dopo la guerra, ma mentre la guerra è ancora parte della sua quotidianità. Una ricostruzione “nel frattempo”. Una ripartenza che non aspetta il cessate il fuoco, ma lo anticipa. In una zona industriale alla periferia di Odessa, una fabbrica bombardata conserva ancora l’odore di polvere da mesi. Accanto, un laboratorio IT continua a lavorare in un seminterrato rinforzato, dove giovani sviluppatori scrivono codice su laptop alimentati da generatori. Loro non parlano mai di BlackRock, e forse non ne hanno neppure bisogno. Ma è per loro – per un Paese in cui il digitale è già una lingua madre – che il colosso americano vede un futuro possibile.
La domanda è un’altra: cosa succede quando una nazione ferita, affamata di capitale e prospettive, apre le sue porte al più grande gestore di fondi al mondo? È una rinascita o un patto asimmetrico? È un acceleratore o una dipendenza? In Ucraina nessuno ha una risposta chiara. Chi guarda alla ricostruzione come a un’opportunità unica invita a non perdere tempo: «Servono investimenti, e servono ora.» Chi osserva con più cautela ricorda che la sovranità, una volta ceduta, è difficile da riprendere. Intanto, nelle sale del potere economico globale, il futuro dell’Ucraina si scrive in inglese tecnico: governance, investment vehicles, risk assessment. Parole lontane dal rumore dei generatori e dalle finestre coperte dal nastro adesivo. Eppure, quelle parole costruiranno l’Ucraina che verrà. Non solo case e strade, ma interi modelli produttivi, reti elettriche, infrastrutture digitali, flussi commerciali. La ricostruzione non è ancora iniziata, ma la mappa è già sul tavolo. E, in un gioco geopolitico che non ammette spazi vuoti, BlackRock ha già preso posto. L’Ucraina del dopoguerra sarà anche il risultato di questa presenza. Il Paese che nascerà, alla fine, sarà figlio di due cose: la sua resilienza e le scelte di chi oggi si prepara a investirci. E tutto questo accade, paradossalmente, mentre la guerra continua. E in Ucraina quel futuro ha già un nome, e non è ucraino.














1 commento su “BlackRock, nella guerra del futuro: il colosso prepara già l’Ucraina del dopoguerra”
Nel torbido si è sempre sguazzato, le guerre moderne dall’800 in poi sono state pianificate a tavolino e sono scoppiate sempre e solo per interessi economici, con una bel manifesto pubblicitario davanti con il giusto richiamo emozionale.
Mi domandavo se hanno già selezionato i fornitori per i wc dorati, vista la smania dî ricostruire che hanno, ma non solo in Ucraina.
Dottor Ruzza, inizio a percepire qualche riga di complottismo….