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Il libro di Zanardini, “Nasser, da clandestino a cittadino”…di Domenico Pisana

L’opera trasmette sicuramente un messaggio di speranza, di integrazione e riscatto sociale, raccontando la storia vera di un egiziano, che va oltre i pregiudizi e le ideologie sull’immigrazione.
Tempo di lettura: 2 minuti

Un bellissimo esempio di resilienza, coraggio e successo basato sul duro lavoro e la perseveranza, nonché una commovente testimonianza del percorso di un uomo che con impegno e sacrificio ha superato ogni ostacolo e realizzato i propri sogni, anche partendo da zero: è questa la percezione che il lettore avverte accostandosi al libro Nasser, da clandestino a cittadino, Edizioni Paoline, dello scrittore Luciano Zanardino, il quale racconta, con garbo e mano sicura, la storia toccante e sincera di Nasser, un ragazzo egiziano arrivato in Italia in cerca di un futuro migliore, riuscendo ad integrarsi e a diventare un membro attivo e stimato della comunità italiana e una lezione per tutti.
E’ una storia, quella di Nasser, che l’autore racconta puntando su orizzonti narrativi declinati su capitoli dai titoli emblematici perché portatori di un cammino travagliato e connotato di un approccio schietto e privo di retorica: Il sogno, L’amarezza, La promessa, L’Eldorado, L’illusione, La solitudine, L’orgoglio, L’ostinazione, La scommessa, Le radici, La rivincita, L’amore.
Il titolo, poi, è particolarmente evocativo: “da clandestino a cittadino” riassume il tema centrale del libro, ovvero la trasformazione non solo legale, ma anche identitaria, che si compie quando una persona viene riconosciuta non solo per il suo status giuridico, ma per la sua dignità e il suo valore.
Luciano Zanardini offre, con una scrittura avvincente, uno sguardo intimo sul percorso di integrazione di Nasser, non limitandosi a un resoconto cronologico degli eventi, ma scavando in profondità nelle sfide emotive e pratiche che il giovane egiziano ha dovuto affrontare: la solitudine, la burocrazia farraginosa, la diffidenza e, in alcuni casi, la non accettazione. Al tempo stesso, il libro mette in luce il lato umano e solidale della comunità che ha accolto Nasser, evidenziando il ruolo cruciale di operatori sociali e di volontari che hanno supportato il suo percorso.
Nasser già nel capitolo di apertura racconta il suo sogno:

“…Sono nato nell’anno 1973 in una famiglia povera per i canoni europei. Mio padre faceva il contadino, mia madre la casalinga. Sono cresciuto, siamo cresciuti, nella povertà ma con la speranza di credere in un qualcosa, in un Dio che potesse cambiare la trama della storia (…)Avrei potuto mettere in atto tante cose, ma non avevo la possibilità di passare all’azione. Avevo le idee, ma non potevo metterle in pratica…”

Nasser aveva gran voglia di cambiare il suo futuro, ma non aveva le possibilità per farlo; però non si arrende e cerca di costruire il suo futuro seguendo l’adagio arabo che l’uva si mangia un chicco alla volta; “gradualmente – dice il protagonista – ho seminato, innaffiato, custodito e visto crescere la mia pianta”. Piano piano cresce infatti dentro di lui l’aspirazione di raggiungere l’Italia: “…Mi ero costruito – racconta Nasser – l’immagine dell’Italia come di un paradiso, il paradiso della vita”.
Dopo aver studiato per diventare geometra, non trovando lavoro qualificato in Egitto, decide di emigrare in Italia. La sua famiglia dopo aver venduto un terreno, due mucche, chiede un prestito per aiutarlo a pagare il viaggio.
E così il 18 dicembre del 1998 il suo sogno si avvicina. In aereo si porta in Albania dove per due giorni vive con un solo pasto, viene trattato come una bestia sotto lo sguardo di un carceriere fin quando, secondo gli accordi, parte per l’Italia. “…Ero con altri egiziani – racconta Nasser – ma era come se fossi da solo: isolato, stretto tra le mie lacrime…”.
In viaggio su un gommone con 40 persone, durante il tragitto Nasser riesce a sopravvivere mentre altri suoi compagni muoiono in acqua lungo il percorso; due barche della guarda costiera ed un elicottero li mettono in salvo.
Arriva in Puglia, per poi spostarsi in treno a Milano e infine a Brescia. In Italia, Nasser affronta le difficoltà della vita da clandestino, iniziando a lavorare come lavapiatti in una pizzeria a Borgosatollo, in provincia di Brescia, ove grazie all’incontro con un anziano ristoratore, con dedizione e spirito di sacrificio impara il mestiere di pizzaiolo. Per facilitare i rapporti, il ristoratore gli dà il soprannome di “Mimmo“, con cui è ancora oggi conosciuto da molti italiani. L’incontro con il ristoratore e l’apprendimento del lavoro sono stati fondamentali non solo per la carriera di Nasser, ma anche per capire le dinamiche e il “tessuto italiano. Nasser ottiene anche la cittadinanza italiana e si sposa con una connazionale, con la quale ha avuto due figli. Il suo sogno è diventato aiutare altri stranieri e persone con disabilità a integrarsi in Italia.
I vari capitoli del volume mettono in risalto come egli da clandestino si sia pienamente integrato diventando un cittadino e un imprenditore, tant’è che grazie alla sua caparbietà e al duro lavoro è riuscito a trasformare l’apprendistato in un successo, e, in pochi anni, a diventare socio dell’attività nonché proprietario di diverse pizzerie nella zona di Brescia.
Nasser passa così da una situazione di grande vulnerabilità a una di stabilità, di successo e contributo attivo alla società italiana, divenendo un punto di riferimento nella sua comunità ed un esempio di aiuto , in particolare di stranieri disabili, per l’integrazione in Italia.
Dalla storia raccontata da Luciano Zanardino emergono con chiarezza elementi che dicono come la profonda spiritualità, la speranza e la perseveranza di Nasser siano stati cruciali per non cedere allo sconforto e , così, raggiungere l’indipendenza economica e sociale in Italia. L’autore riesce a trasmettere un messaggio di speranza, di integrazione e riscatto sociale, raccontando una esperienza in divenire che va oltre i pregiudizi e le ideologie sull’immigrazione, portando lo sguardo del lettore su questioni fondamentali come l’importanza della dignità e della resilienza, l’integrazione , la migrazione come storia umana, il valore del lavoro e del sacrificio.
Attraverso la storia di Nasser narrata nei capitoli di questo libro, il lettore ha, allora, la possibilità di accostarsi ad un significativo ed umano ritratto dell’immigrazione, e di capire sia, da un lato, la forza della caparbietà e della speranza essenzializzate nella tenacia e nell’ostinazione del protagonista che fin da piccolo sogna l’Italia e affronta un viaggio rischioso, mosso dalla speranza di una vita migliore, sia, dall’altro, di comprendere il percorso e il cammino emotivo e pratico di Nasser, che passa dal “sogno italiano” iniziale (l’Eldorado) alla dura realtà dell’amarezza e della solitudine dell’immigrato, fino alla rivincita ottenuta con il lavoro, con l’integrazione e, infine, con l’amore ricevuto. I titoli dei capitoli sono, in sostanza, la scansione delle tappe psicologiche ed esistenziali di questo percorso di crescita e riscatto del protagonista.
E infine va anche evidenziato il processo d’empatia che questo libro fa scattare verso Nasser, perché Luciano Zanardini offrendo questa storia al lettore lo invita con un linguaggio misurato, caldo e ricco di sensibilità, a riflettere sulla condizione degli immigrati che oggi cercano accoglienza , superando i pregiudizi e riconoscendo l’umanità, le difficoltà e il coraggio che si nascondono dietro queste scelte, come si evince dalle parole di Nasser espresse nel capitolo che chiude il volume:

“Questa è la mia storia, semplice potrebbe dire qualcuno o simile a quella di tanti altri, ma al tempo stesso ricca di significati e di valori (…) Queste pagine ,inutile negarlo, trasudano anche di tanti momenti difficili e complicati. Ho in mente ancora l’immagine di quel bambino che non aveva le possibilità, che non aveva i giochi e che aveva fame, ma che sull’esempio dei genitori sapeva vivere con poco (…) Oggi, però, ho un nuovo ‘progetto italiano’: aiutare gli stranieri(soprattutto disabili)a inserirsi in Italia attraverso la costituzione di una associazione specifica…I sogni , e di questo sono profondamento convinto, aiutano ad affrontare la vita con entusiasmo. Senza di essi non si può vivere.”

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