
Una libro che guarda ai dettagli della vita, che raccoglie insieme il vento e la luce, l’umano e il divino, e che conserva sogni e desideri nel luo¬go dove corrono le veloci cure dell’intimità dell’autrice , la quale dice a se stessa e agli altri i propri stupori e i propri umori, le proprie perplessità e le proprie paure: è questa l’impressione che si ricava dalla raccolta poetica di Milica Jeftimijević Lilić, dal titolo Rapsodia dei Balcani, diffusa in Italia grazie alla poetessa pugliese Claudia Piccinno, fra le più rilevanti traduttrici italiane, premiata di recente alla XXXVII edizione del Premio Camaiore, nonché alla pubblicazione della casa editrice Besa-muci.
Milica Jeftimijević Lilić, laureata presso la Facoltà di filosofia di Pristina, vive a Belgrado, è stata docente all’Università di Pristina, caporedattore della Televisione di Belgrado e critico televisivo; ha alle spalle un percorso di scrittura notevole, tant’è che ha pubblicato 32 sillogi di poesia, tra le quali si segnalano ( Buio, liberazione ,1995; Ibernazione,1998; Le note di viaggio della pelle, 2003; Incantesimo 2007; Il rotolamento del rotolo, 2009; Tatuaggio della mente, 2012; Il gorgoglio della mente, 2012 ); e ancora, un volume di narrativa ( Il contenuto del caso, 2002) e tre libri di critica letteraria: La poetica del presagio, 2004; L’illuminazione epistemologica , 2007; Le portate e le fondamenta della critica, 2011.
Il titolo, Rapsodia dei Balcani, racchiude l’essenza stessa dell’opera poetica; non è una scelta casuale, ma un’evocazione complessa che suggerisce diverse chiavi di lettura. Il termine “Rapsodia”, che allude ad una composizione musicale e ad una narrazione epica, suggerisce che la poesia di Lilić è liberamente strutturata, emotivamente intensa ed ispirata a tematiche radicate nella storia e nelle tradizioni dei Balcani; la poetessa dà voce a storie, sofferenze e speranze collettive, trasformando l’esperienza personale in un canto che risuona con la storia di un intero popolo, come si evince, del resto, dall’aggiunta “dei Balcani” , che circoscrive e dà un contesto specifico alla sua “rapsodia”.
Non si tratta, dunque, di una semplice localizzazione geografica, ma del riferimento a una realtà complessa e spesso tormentata, se è vero che i Balcani evocano immediatamente l’immagine di una regione segnata da guerre, divisioni etniche e tensioni politiche; riecheggiano un crogiolo di culture, religioni e tradizioni diverse; rifulgono di splendidi paesaggi e di una profonda spiritualità.
Rapsodia dei Balcani è sicuramente un titolo che offre il canto libero e appassionato di una poetessa che esplora il dolore, l’amore e la resilienza di un’intera regione, trasformando la storia in un’epica lirica, invitando il lettore ad entrare in un mondo dove la musica, la storia e l’emozione si fondono in un’unica e forte espressione:
“…Un pensiero fecondo
si dipana
in un verso ricco di metafore
e trasforma
tutto ciò che mi logora
in un’immagine potente…”
(Un canto mi sovviene, p. 13);
“… E dopo secoli e secoli
in una lingua straniera
sotto un potere imposto
in un nuovo vestito
lo stesso sangue risplenderà del primo bagliore
il genoma è immutabile
il ritorno è inevitabile…
(La lingua del sangue è immutabile, p. 31);
“… Dalla passione è nata la nostra idea
fortezza salda in un mare in tempesta,
flagellata dall’onda
fusa nell’urto di paralleli celesti…”
(Incommensurabile, p. 39).
Nelle 25 poesie della silloge, Milica Lilić esplora un universo dove dolore e memoria, amore e passione, identità e spiritualità, profezia e rinascita si dispiegano in una versificazione connotata da uno stile chiaro e avvincente e arricchita da un uso abbondante di metafore originali, similitudini e anafore; il tutto proteso a conferire un’intensa liricità ad una scrittura abitata da un Logos di incisiva intellettualità e da una sfera d’empatia, che si fondono in un vero e proprio “intreccio sinfonico” dove il lirismo si unisce alla riflessione esistenziale. Rilevante, in questo senso, è la poesia “L’anima cerca l’eternità”, dove la poetessa afferma tra l’altro:
“….Solo nel sogno , nel canto, nell’eco
l’amore è puro , eterno, infinito –
il miserabile degrada la vita!
Oh, anima, che non hai scordato il volo
tu dovresti essere nel blu infinito
dove tutto è caldo , limpido e puro…”,p.29.
E’ un testo nel quale Milica Lilić contrappone un’idea di amore puro, eterno e infinito e che può esistere solo in dimensioni eteree come il sogno, il canto e l’eco, alla “vita miserabile” che lo degrada.
La poesia è costruita su un contrasto tra due realtà: da una parte lo spazio dell’ideale, rappresentato da elementi astratti e spirituali come il sogno, il canto e l’eco, e nel quale l’amore è “puro, eterno, infinito” richiamando una perfezione quasi platonica, e dall’altra lo spazio della materialità, descritto come “miserabile”, con riferimento alla realtà quotidiana con le sue imperfezioni, le sue sofferenze e le sue compromissioni che corrompono la purezza dei sentimenti, così da far risaltare il profondo disincanto nei confronti della vita terrena, che non è all’altezza di ospitare un amore così elevato.
Il “blu infinito” e il “caldo, limpido e puro” simboleggiano uno stato di completezza e trascendenza, un luogo dove l’anima, che non ha dimenticato la sua natura celestiale (il “volo”), dovrebbe risiedere.
Milica Lilić esprime in questa sua poesia un’intensa malinconia per l’impossibilità di realizzare un amore perfetto e assoluto nella realtà, sottolineando la distanza incolmabile tra l’ideale e il reale, tra l’aspirazione dell’anima e la crudele realtà della vita.
La poesia condensata nella silloge Rapsodia del Balcani non è dunque una semplice forma d’arte, ma uno strumento di rivelazione e scoperta interiore, con la funzione primaria non di comunicare un’esperienza esterna, ma di fungere da specchio per l’anima. Quando l’autrice nella lirica “Ambita gloria” usa termini come “mistero” e parla di “profondità inesplorate del sé”, non fa altro che sottolineare la natura quasi mistica dell’esperienza poetica e la “dimensione disvelativa” della poesia, intesa come mezzo che permette di accedere a quelle parti della nostra interiorità che rimangono nascoste, persino a noi stessi, nel flusso della vita quotidiana.
È una poesia, quella della Lilić , che aiuta ad aprire le porte chiuse della coscienza, ed è emblematico, in tal senso, il verso “In essa trovo me stessa sconosciuta” , che testimonia il fatto che l’autrice “trova” nella poesia una parte di sé che non sapeva di avere e uno strumento di auto-scoperta; coglie in essa la dimensione di un viaggio nel mondo interiore con una funzione quasi terapeutica. La poesia, in sostanza, diventa per l’autrice un’esplorazione che porta alla luce l’ essenza più segreta, permettendo di entrare in contatto con la parte più autentica e “sconosciuta” dell’anima, nonché di creare un ponte tra la coscienza e l’inconscio, tra il noto e l’ignoto del sé:
“La Poesia svela il mistero,
le profondità inesplorate del sé !
In essa trovo me stessa sconosciuta-
Siamo forse determinati da noi stessi –
oppure, come ho già detto,
occorre nuovamente ricreare l’essere!
(Ambita Gloria, p. 25).
Quel che piace, in questa raccolta poetica, è il tono cordiale e candido della scrittura, la spontaneità dei luoghi, dei ritmi e delle immagini, la proporzione sintonica della sensibilità comunicativa della poetessa, il suo sentire impulsivo che conserva il tempo dei ricordi ( “…e come Ulisse vagai per decenni / nuove onde mi incitavano /mi conducevano tra perle raccolte / dalla nave che mi guidava /ignara dei miei abissi…”, p. 17); ed ancora, la garbata riflessione dalla quale emerge che è sudato tutto ciò che si conquista, e tutto fugge come il vento, e la sola pienezza è cercare e correre verso Colui che ci colma e ci salva:
“…Eco vibrante di silenzio sommerso,
e la parola di Dio han lo stesso verso .
La forza che in te riposa e attende,
giorni e notti la nutri, la stendi,
e quando si libra, tocca ogni cuore,
risveglia la gioia, riscalda l’amore…”
(La campana, p.35).
Nella poesia “La campana”, Milica Lilic opera un’analogia mistica che suggerisce come la verità più profonda e la forza spirituale non risiedono nel rumore, ma in uno stato di quiete interiore. Il silenzio, per la poetessa, non è vuoto, ma è carico di una risonanza profonda e significativa, tant’è che lo accosta alla “parola di Dio” affermando che sia il silenzio che la parola hanno lo stesso “verso“, cioè la stessa direzione, lo stesso ritmo, la stessa essenza. In tal modo l’autrice suggerisce che la comprensione del divino non avviene attraverso discorsi o frastuoni, ma attraverso l’ascolto di una risonanza interiore che nasce dalla quiete, tant’è che il verso in cui parla di “forza che in te riposa e attende” è metafora dell’energia spirituale, del talento e della vocazione che è latente in ogni persona; non è qualcosa di già pronto, ma espressione di un processo che richiede il “nutrire” e lo “stendere” (sviluppare) giorno e notte.
La poesia della Lilic, cosi, è viaggio, è traducibile intreccio di silenzi e di ignoto, di armonie e di ricordi, di improvvisi fremiti, di umano e di divino, e quando viene liberata (“si libra”), il suo effetto è universale e benefico, perché si manifesta con delicatezza e forza, toccando ogni cuore e determinando la capacità di “risvegliare la gioia” e “riscaldare l’amore” negli altri. In questo modo, il viaggio interiore della poetessa non diventa solo un’esperienza personale, ma un dono che invita a guardare al silenzio non come a un’assenza, ma come a una presenza mistica, come la fonte da cui scaturisce la nostra forza più autentica. E coltivando questa forza, risulta possibile toccare le vite degli altri in un modo profondo e trasformativo.
Quella di Milica Jeftimijević Lilić è senza dubbio una poesia consolidata dagli avvenimenti e nutrita del sole che splende su ogni lavoro e su ogni attesa; è poesia comunicativa attraversata da una processione di fatti riflessi nel volto della vita e, da lì, nello specchio del suo cuore; è poesia che riverbera pensieri filosofici di memoria heideggeriana e nietzschiana, e che opera una circolarità ermeneutica tra passato e presente, mito e realtà quotidiana, con punte anche di denuncia sociale: “…il sangue parla/ la lingua del sangue è immutabile…”, p.31; “…Lascia che il veleno svanisca, /guarito sarai, la forza fiorisca…”, p.33; “A molti è dato il potere, /ma restano vuoti, /in loro la gioia non nasce. /Altri, come se il mondo intero possedessero, tremano di estasi…”, p.41.
Sinfonie dei Balcani è una raccolta attraversata tutta da una patina di spiritualità e religiosità che guarda l’Amore (p.51- 53) come fonte per vivere l’amore; è un’opera in ascolto della Parola per dare senso alla parola, e che riconosce costantemente la Trascendenza come si evince dall’uso di termini come Logos(4 volte ), Dio(4 volte) e poi Verbo, Luce, Eternità , Provvidenza, Pensiero Supremo..etc.., termini che rivelano l’animo di una donna che cerca la verità, la luce spirituale che possa illuminare il senso dei valori dell’umano affratellamento, al fine di dare quel carattere di socialità e cooperazione alla vita terrena.
E in questa direzione si muove la poesia dal titolo La Missione, che chiude la raccolta, ove la poetessa è consapevole di un “ruolo che spaventa”, un “ruolo che impone di ferire / e di essere ferito…”.
Ti è stato concesso di infondere/la scintilla divina nei cuori, p.61, canta Milica Lilic: questa immagine della scintilla divina simboleggia la capacità di motivare gli altri a raggiungere il loro pieno potenziale, a credere in se stessi e a compiere azioni nobili; prefigura l’invito alla speranza in momenti di difficoltà o disperazione, nonché l’infusione di sentimenti elevati che spingono le persone a essere più empatiche, altruiste e a connettersi profondamente con gli altri; allude alla presa di coscienza spirituale di aprirsi a qualcosa più grande di sé.
La poesia di Milica Jeftimijević Lilić, concludendo, ha un profondo sapore umano, è ricca di esperienze vissute, muove da un cuore che sembra essere mai sazio di affetti. La poetessa si racconta in versi, quasi come su una pagina di diario, annotando le emozioni provate, il dolore interiore, il lamento taciuto, la speranza in un mondo migliore, lottando con se stessa, per poi trovare subito la pace in ciò che di più vero vive dentro di sé: la via dell’Amore. E questo è, in fondo, ciò che auspica per gli uomini e le donne del nostro tempo:
E lì nel silenzio e profondo e sincero,
chiediti dove cammini davvero.
Chi sei? Che cerchi? Cosa ti chiama?
E’ dentro di te che la pace si infiamma.
Tu sei trascendente lo sai –
dona al divino ciò che hai ricevuto,
ciò che ti ha creato,
ciò che ha dato senso al tuo cammino.
(Lieta guarigione, p.33).












