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Il dissidente Alexander Baunov a Pordenonelegge 2025… di Giannino Ruzza

Tempo di lettura: 2 minuti

foto:  copyright Giannino Ruzza

A Pordenonelegge 2025, è arrivato Alexander Baunov, ex diplomatico russo e oggi scrittore in esilio, dichiarato “agente straniero” dal Cremlino. Nello Spazio Gabelli, ha presentato il suo libro La fine del regime, riflessione sulla caduta delle dittature europee e sul destino della Russia di Putin. Non sembrava l’incontro di un festival letterario, ma un frammento di storia che si srotolava davanti agli occhi di una sala gremita. La sensazione era quella di ascoltare non solo uno scrittore, ma un testimone che parla dal crinale di due mondi: la Russia che è stato costretto a lasciare e l’Europa che oggi lo accoglie. Baunov,  non alza mai la voce, ma il suo modo pacato di argomentare ha la forza di chi conosce bene i meccanismi del potere. E lo ha fatto sforzandosi di parlare in un italiano comprensibile, con frasi lente e scandite, come se la fatica di trovare la parola giusta fosse parte integrante del messaggio: la verità con il peso di chi ha molto da perdere. Ha parlato di regimi, di come cadono e di come resistono, ma più ancora ha parlato della paura: quella di chi vive in Russia e tace, e quella di chi, come lui, ha scelto di andarsene e raccontare. “Ho validi motivi per avere paura”, ha ammesso, “ma non posso permettermi di lasciare che sia la paura a decidere per me”.

Nel suo libro La fine del regime, Baunov intreccia la caduta di tre dittature europee con il presente della Russia di Putin. A Pordenonelegge, però, il discorso è andato oltre le pagine: non una lezione di storia, ma un invito a osservare la fragilità delle democrazie e la capacità dei regimi di reinventarsi per durare il più allungo possibile. “I leader autoritari — ha detto — non hanno bisogno solo di propaganda o di polizia. Hanno bisogno che la gente rinunci, giorno dopo giorno, a credere di avere una voce in capitolo». Il pubblico ha seguito in silenzio, con la sensazione che la Russia non sia un mondo remoto, ma un riflesso delle fragilità europee. Baunov ha raccontato anche la solitudine di chi scrive sapendo che i suoi libri, in patria, non circolano liberamente. «Non so se il mio lavoro cambierà qualcosa — ha confessato — ma so che tacere significa già una sconfitta”. Quando alla fine si è alzato un applauso lungo, non era il riconoscimento a un “autore ospite” del festival, ma il segno che le parole di un dissidente possono ancora scuotere coscienze e restituire alla letteratura il suo compito più difficile: dire l’indicibile dove altri vorrebbero solo silenzio.

Alexander Baunov, uno dei grandi nomi internazionali presenti a Pordenonelegge 2025.

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