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Belbelplatz, Fabio Stassi a Pordenonelegge 2025… di Giannino Ruzza

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Bebelplatz, la piazza di Berlino dove nel maggio del 1933 i nazisti bruciarono migliaia di volumi bollati come “degenerati”, ha attraversato i secoli per arrivare al cuore del pubblico di Pordenonelegge. Ieri, 19 settembre, al Ridotto del Teatro Verdi, Alberto Garlini ha presentato il nuovo libro di Fabio Stassi, Bebelplatz. La notte dei libri bruciati, il romanzo che lo ha portato al secondo posto al Premio Campiello 2025 e che ha già suscitato un vivace dibattito nel panorama letterario italiano. Davanti a una sala gremita, lo scrittore romano, di origine siciliana, ha raccontato come quella notte di fuoco non sia solo un episodio del passato, ma una ferita che ancora oggi interroga la coscienza europea. “Dove si bruciano i libri, – ha ricordato- si finirà per bruciare anche gli uomini, e noi non possiamo permetterci di dimenticarlo”.

Il pubblico ha seguito con attenzione un discorso che intrecciava storia e memoria, letteratura e politica, con la consapevolezza che la cultura resta l’arma più potente contro ogni forma di censura e autoritarismo. Con il suo timbro di voce, quasi carezzevole, Stassi ha alternato racconto e riflessione, evocando figure della letteratura italiana ed europea: da Pietro Aretino ad Antonio Borgese, da Emilio Salgari a Ignazio Silone. Nel mosaico di nomi evocati da Fabio Stassi a Pordenonelegge, non ha destato sorpresa la citazione di Maria Assunta Volpi, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Mura. Un’autrice popolarissima negli anni Trenta, capace di conquistare migliaia di lettori con i suoi romanzi d’appendice, apparentemente lontani dalle tensioni della politica. Eppure, anche lei finì nel mirino della censura fascista. Il caso più emblematico è quello di Sambadù, amore negro (1934), la storia di un ingegnere africano laureato in Italia che si innamora di una vedova italiana. Un intreccio sentimentale che oggi potrebbe sembrare innocente, ma che allora rappresentava una sfida diretta alle leggi non scritte del razzismo di Stato. Il romanzo fu bandito: troppo rischioso, troppo imbarazzante per un regime che si preparava a consolidare la propria ideologia razziale. Non è mancato un riferimento a Don Chisciotte, cavaliere errante che per Stassi diventa il simbolo eterno della lotta contro i mulini a vento dell’intolleranza e della censura. “I libri — ha ricordato — restano l’unica vera armatura contro la paura e il conformismo”. Il pubblico, raccolto e partecipe, ha seguito senza distrazioni un discorso che non era solo presentazione di un romanzo, ma atto civile.

Alla fine, l’applauso lungo e convinto ha suggellato un incontro che non è stato soltanto letterario, ma civile: un invito a difendere la parola scritta, oggi come allora, contro chi vorrebbe ridurla in cenere.

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