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Il riconoscimento a metà: quando l’Occidente sceglie cosa vedere…l’opinione di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

Nour Atallah, 25 anni, era arrivata in Francia a metà luglio grazie a una borsa di studio sostenuta dal Consolato francese di Gerusalemme e destinata agli studenti evacuati di Gaza. Un’iniziativa che ha permesso a 292 gazawi di ottenere lo stato di rifugiati. In settembre Atallah avrebbe iniziato i corsi di diritto e comunicazione a Sciences Po Lille se “Sword of Salomon” non avesse scoperto che la comunicazione sulla quale la giovane palestinese si era concentrata con particolare dedizione consisteva in messaggi di odio contro gli ebrei. Post antisemiti e violenti sui profili social, esortazioni ad “uccidere gli ebrei ovunque”, esaltazione del pogrom del 7 ottobre, elogi di Hamas e Hezbollah, incitazioni allo sterminio: “Uccidete i loro giovani e i loro vecchi. Non abbiate pietà.” Non trascurava, Atallah, di incensare Hitler, dimenticando, stranamente, di nominare Himmler e Eichmann, gli ideatori della “soluzione finale”. Qualcosa può sfuggire e non è certo per questa lacuna che l’università ha aperto un’indagine giudiziaria, chiuso l’account della propagandista di Hamas e proceduto alla sua espulsione. “Non c’è posto per i terroristi in Francia, ha detto il governo, Nour Atallah ha violato in modo flagrante i valori fondamentali dell’istituto, tra cui il rifiuto assoluto di ogni forma di razzismo, antisemitismo, incitamento all’odio e giustificazione del terrorismo mascherati da lotta per la giustizia e la liberazione.” In attesa di una revisione dei controlli di sicurezza, il programma di accoglienza per studenti gazawi è stato sospeso. Imbarazzo generale per i contenuti antisemiti anche da parte di sinistra e movimenti progressisti, i più favorevoli a sviluppare programmi di accoglienza, forte preoccupazione dell’opinione pubblica riguardo ai temi legati a sicurezza e immigrazione e perplessità sull’efficacia dei controlli. Il fattaccio cade a poca distanza di tempo dalla dichiarazione di Emmanuel Macron di voler riconoscere uno Stato palestinese entro settembre, con lo scopo di raggiungere “una pace giusta e duratura in Medioriente”. Formula abusata che ha ormai perso di significato. Il progetto del presidente francese era subordinato alla consegna degli ostaggi israeliani, alla resa di Hamas e al riconoscimento di Israele nella regione. Il mancato raggiungimento di queste condizioni, però, ha fatto apparire improvvida e affrettata la decisione di Macron. Per alcuni si tratta di un tentativo di placare e adulare le opposizioni interne e in particolare la sinistra radicale e antisemita di Mélenchon, votata in larga parte dalle comunità islamiche, per altri di un gesto di ripiego che assomiglia a una sconfitta, per molti di un pericoloso precedente, sbagliato sotto il profilo morale perché rafforza la convinzione che feroci atti di terrorismo siano l’unico strumento per ottenere risultati diplomatici significativi. La conferma viene da Hamas che si attribuisce il merito della decisione del presidente francese. Jonathan Sacerdoti, giornalista e produttore televisivo britannico, condivide l’opinione di Netanyahu, “la decisione di Macron è una ricompensa al terrore”, e dà l’affondo al presidente francese: Macron agisce per ignoranza o per codardia. Volendo essere pragmatici, l’iniziativa è priva di concretezza non producendo alcun effetto se non simbolico. È impossibile riconoscere quello che non esiste, e uno Stato palestinese, cioè un territorio con confini definiti e un’autorità che governa, attualmente non ci sono. Hamas ha preso il controllo di Gaza nel 2006, dopo aver vinto le elezioni e defenestrato, non solo metaforicamente, Fatah. Questo fino al 7 ottobre 2023. Oggi, di fatto, Hamas è un gruppo terroristico sconfitto, al quale i Paesi arabi chiedono di arrendersi, consegnare gli ostaggi e liberare la Striscia. Sono le stesse condizioni che chiede da tempo Netanyahu per porre fine alla guerra. Ma Hamas fa orecchie da mercante, pretende il mantenimento del controllo della Striscia in cambio della liberazione degli ostaggi e intanto ringrazia Macron, che riconoscendo uno Stato palestinese, involontariamente e inconsapevolmente riconosce nei miliziani i suoi dirigenti dal momento che altri attualmente non ce ne sono e che l’occupazione da parte dell’esercito israeliano del restante 25 per cento di Gaza è stata approvata. Di quale Stato palestinese si sta parlando e di che governo?

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1 commento su “Il riconoscimento a metà: quando l’Occidente sceglie cosa vedere…l’opinione di Rita Faletti”

  1. Bene ha fatto sua moglie con quella sonora sberla , e chissà quante altre ne ha ricevuto il Macron ,
    Chissà perché i Francesi ultimamente non ci azzeccano con i presidenti? Gli ultimi tre uno peggio dell’altro .
    Quindi la ragazza palestinese mandata a Parigi per studiare , asservata con i lucciconi dai nostri innamorati della causa palestinese, Palestina libera dal fiume al mare, non era il buono che avanza ,bensì una dispensatrice di odio a piene mani , il 7 ottobre da inneggiare ,Hitler da lodare ,hamas sa abbracciare, gli unici ebrei buoni sono quelli morti, chissà se sono delusi i nostri amorevoli sostenitori di hamas e company ?
    Penso di no ,

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