
Sono passati venticinque anni dalla scomparsa del Cav. Pietro Polara, figura indimenticabile del mondo scolastico ragusano. Così, un ingiallito articolo di giornale custodito fra vecchi ricordi, diventa pretesto per rievocare il suo arrivo ad Ispica, annunciato nel numero de La Nuova Sicilia del 30 novembre 1965, che fu salutato con parole di stima e speranza. Quelle parole, a distanza di decenni, risuonano oggi con la forza di un’eredità viva.
Il giornale lo descriveva come un “uomo dedito allo studio e preparato professionalmente”, un educatore sensibile, profondo conoscitore dei problemi della scuola primaria, e già forte di un’ampia esperienza maturata a Modica, sua città natale, e successivamente come direttore a Monterosso Almo e Chiaramonte Gulfi.
Formatosi presso i Salesiani, era molto devoto a San Giovanni Bosco e San Gaspare, a testimonianza implicita della centralità che il ruolo di educatore ha sempre avuto nella sua vita.
La decisione di lasciare Modica, con tutto il carico affettivo e professionale che comportava, segnò per lui non solo un passaggio di carriera, ma anche un incontro decisivo: fu proprio ad Ispica che conobbe la maestra Rosa Garrone, che divenne sua moglie e compagna di vita. Insieme hanno costruito una famiglia fondata sugli stessi valori di rigore e umanità che Pietro trasmetteva anche tra i banchi di scuola. Dai loro insegnamenti hanno tratto forza e ispirazione i figli Antonio e Massimo, oggi custodi della sua memoria e del suo esempio.
Pietro Polara ha dedicato 43 anni di servizio alla scuola: una vita intera trascorsa tra aule, libri, collegi docenti e riunioni, sempre con lo stesso spirito: sobrietà, serietà, rispetto per tutti. Dietro la sua apparenza severa e riservata si celava un uomo buono, docile, onesto, di quelli che non alzano mai la voce, ma riescono a farsi ascoltare con la forza dell’autenticità. Schivo e lontano da ogni ostentazione, credeva nel valore del lavoro quotidiano e silenzioso, nella responsabilità verso gli altri, nell’importanza di educare prima di istruire.
Il senso del dovere e l’etica del lavoro che lo animavano si riflettevano nel suo impegno quotidiano: non c’era gesto, parola o decisione che non fosse frutto di un’intenzione educativa, sempre rivolta al bene degli studenti e del personale scolastico. Anche nell’età della pensione, la dedizione totale e continua al sapere ha permeato le sue giornate, trascorse nel suo studio-biblioteca, nel quale si dilettava in traduzioni dal latino e letture varie.
L’articolo del 1965 concludeva con un augurio: “Buon lavoro, sicuri che sotto la sua direzione il nostro Circolo possa andare sempre avanti fino ad essere considerato uno dei migliori della Regione.” Oggi possiamo dire che quell’augurio si è avverato. Non solo per i risultati ottenuti, ma per il modo in cui il suo stile ha lasciato un’impronta profonda, che ancora oggi viene ricordata con affetto e rispetto.