
Per non dimenticare! E’ questa la frase che si sente spesso pronunciare in varie occasioni. La “giornata della memoria” del 27 gennaio, che si celebra ogni anno per non dimenticare l’olocausto degli ebrei, ne è un esempio. A volte la frase si arricchisce di un ulteriore dato: la festa. Allora si fa festa, ad esempio, il 25 aprile, per non dimenticare il grande evento della liberazione.
Il 2 giugno per non dimenticare la scelta della repubblica come valore e strumento di democrazia.
Diciamocelo con franchezza: quanta retorica e ipocrisia si nasconde dentro tutta questa realtà!
Per non dire quanto spreco di denaro si nasconde anche dietro tutto questo. Ma è sulla festa della Repubblica che desidero puntare la mia osservazione.
In un tempo come il nostro in cui la democrazia per alcuni è a rischio, per altri è sfociata in una sorta di “laisse faire” per cui, in nome della libertà, ognuno può fare tutto e il contrario di tutto senza norme e regole; in un tempo in cui la coesione sociale è pura fantasia e il conflitto è la regola che anima quotidianamente la vita degli italiani in tutti settori (da quello politico a quello sindacale, da quello sociale a quello economico, da quello dell’informazione a quello della formazione, etc…) che senso ha celebrare una festa come quella del 2 giugno in cui l’unica cosa che vale è la vacanza per andare al mare e fare un ponte più lungo?
La festa della Repubblica è diventata solo una festa mediatica che serve a ricordare, a far risvegliare per un istante la nostalgia, ma senza alcuna ricaduta umana e di riflessione sulla vita degli italiani. Per il mondo della scuola è solo vacanza; non aiuta gli studenti, come di fatto dovrebbe accadere, a fare una riflessione per un arricchimento di crescita sul piano umano, culturale, storico e civile.
Qualcuno dirà: allora la eliminiamo? No! Il problema è un altro.
Bisognerebbe cambiare la frase, passando dalla visione della “festa per non dimenticare” alla visione della “festa per testimoniare”: partendo dal Presidente della Repubblica per arrivare all’ultimo cittadino. La festa dovrebbe far nascere la convinzione che ognuno di noi, a vario titolo, è chiamato ad essere “costruttore di repubblica”, “costruttore di democrazia”.
1. Serve una Repubblica con politici non “nominati” ma “eletti”dal popolo, che sappiano testimoniare l’altra faccia della politica, quella in grado di smentire, con i fatti, tutte quelle persone che si sono ormai rassegnate a pensare che la politica non è altro che ricerca di potere, e pertanto ha un volto diabolico in quanto la smania del potere induce al ricorso di qualsiasi mezzo, anche il più scorretto e disonesto, pur di conquistarlo e mantenerlo.
2. Serve una Repubblica in cui coloro i quali detengono incarichi pubblici di qualsiasi genere, sappiano testimoniare l’altra faccia del potere, quello cioè che non si fa servire ma che, al contrario, viene esercitato come servizio all’intera comunità, allo Stato in quanto garante del bene comune, alla propria Regione, città o Provincia; quello che evita il dominio sugli altri, il loro asservimento e sfruttamento, il ricorso all’inganno e alla malizia; quello che sa essere libero dall’orgoglio, dalla prepotenza, dal ritenersi superiore alle leggi stesse e che rifugge dalla corruzione.
3.Serve una Repubblica e una generazione di cittadini che sappiano rimettere al centro i valori morali senza far ricorso alla menzogna, all’uso spregiudicato del denaro, al trasformismo, allo scontro fine a se stesso. Non serve una Repubblica “ring – arena” dove alcuni devono vincere e altri devono perdere, ma una Repubblica in cui i valori del dialogo, della libertà, della solidarietà, dell’uguaglianza e della giustizia non siano “predicati” ma “testimoniati”. Da tutti. Utopia?
Forse! Ma se non ci sforza di tendere verso questi ideali repubblicani aspettando solo che comincino gli altri, forse è meglio smettere di festeggiare. Tanto non cambia nulla!
3 commenti su “2 GIUGNO: festa della retorica o del cambiamento…di Domenico Pisana”
Condivido il pensiero del Prof. Pisana sulla giornata liturgica della festa della Repubblica.
Quella che celebriamo se non sbaglio dovrebbe essere ancora la festa della seconda Repubblica, quella nata dal colpo di stato del 1992 anno in cui Draghi, Prodi e Ciampi salirono sul panfilo del Britannia a svendere l’Italia e gli italiani. Questo colpo di stato per la cronaca, non è mai stato perseguito dalla magistratura, questo lo dico “Per non dimenticare”!
Oggi invece celebriamo questa festa della Repubblica quando lo stesso Mattarella con tutte le retoriche sulla Nazione e sulla Repubblica, riconosce e mette nelle mani tutti i poteri dell’Italia alla sua amata Europa. La stessa Europa che ha distrutto e dissacrato l’Europa. L’Europa dei satanisti che ha dissacrato le nostre culture.
Dal 2020 al 2022 i valori repubblicani sono stati calpestati indegnamente.
@Spinello lei ha fare sempre battute, mi fa scompisciare dalle risate, bravo lei per me è troppo piritoso.