
Il libro “Senza confini” è al centro di una mostra della ragusana di adozione Franca Schininà, che è visitabile a Modica presso la Società Operaia fino al 18 gennaio. Si tratta di un’ artista che scatta le foto non solo con la macchina; le fa con gli occhi, con il cuore e con la testa. La Schininà riassume, infatti, i tre concetti che caratterizzano l’arte fotografica: il bisogno di rivelare, la voglia di emozionare, l’anelito a catturare.
Direi che Franca Schininà riesce a creare, attraverso le sue immagini, quella combinazione tra la crudezza della verità che si fa profezia, e il bisogno di far dire all’occhio e al cuore del visitatore di fronte ad alcune drammatiche immagini: è ora di finirla, basta!
Nel libro Senza confini, l’essenza delle sue fotografie sta tutta nel narrare storie, fatti, emozioni; direi che c’è anche indignazione, perché situa e ferma nel tempo l’intensità di attimi che raccontano la drammaticità della vita. All’artista non sembra interessare la fotografia in se stessa, ma catturare la realtà di bellezze, ma anche di drammi che si esprimono in tanti dettagli, particolari infiniti, a partire dal colore degli occhi di uomini, donne, bambini e anziani , dei colori dei capelli e del tipo di pelle: vellutata, matura, rugosa; le sue immagini sono un modo di sentire, toccare, amare. E così nelle sue foto troviamo storie di vita che diventano linguaggio che può essere compreso in tutte le parti del mondo, e per non dimenticare; e difatti, il poderoso volume di 450 pagine contiene immagini fotografiche dell’America, dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia, immagini che, certo, non possono cambiare la realtà, ma ce la mostrano scuotendoci.
Nella prima parte del libro troviamo la sintesi di emozioni vissute dall’artista negli Stati Uniti nel periodo 1986-2012, con una documentazione di scatti nel Messico, nel Guatemala, a Nicaragua e Costa Rica, in Brasile, Perù, Cuba e Santo Domingo. Troviamo volti di uomini, donne, anziani, immagini che riproducono disagio sociale, discariche di rifiuti dove lavorano bambini che raccolgono oggetti per aiutare le famiglie a sopravvivere; troviamo anche foto che documentano la Pasqua in Guatemala nel 2007, dove Franca Schininà coglie l’umanità del momento, volti che chiamano amore e che gridano dolore, e speranza divenuta “rassegnata disperazione”:
“Il dolore di Cristo – scrive l’artista – è il loro dolore, le spine conficcate nella sua fronte sono le stesse spine che, da sempre, trafiggono il loro cuore, dimenticati dal mondo, sconosciuti ad una umanità indifferente (p. 58).
Nella seconda parte di Senza Confini, l’occhio di Franca Schininà si posa sull’Europa portando all’essere foto del periodo 1995 -2003 pervase di latente solitudine e malinconia, e realizzate in Polonia ad Auschwitz e Birkenau, in Romania e Moldova, e ancora a Roma per la marcia della pace. E poi in Sicilia con scatti che toccano Siracusa, Noto, Gela, Niscemi, Patti, Geraci Siculo, Ragusa, e Palermo: dentro l’Ospedale psichiatrico. E’ proprio in questa struttura psichiatrica che Franca Schininà, presa da uno scavo interiore, si interroga, e intraprende, ottenute le autorizzazioni necessarie, un percorso di conoscenza, di responsabilità, impegno civile e sociale che intitola “Emarginazione e solitudine. Lo definisce un viaggio nell’infelicità in cui la società civile decide di ghettizzare il diverso.
Le immagini che documentano questo viaggio dentro l’Ospedale Psichiatrico palermitano sono molto toccanti, entrano nel cuore, inquietano, sono una battaglia disperata contro l’idea dell’indifferenza di chi vive il disagio psichiatrico, sono un urlo che sale al cielo e sconvolge l’anima.
Molto coinvolgente anche la terza parte del volume, dedicata all’Africa. Nel 2016 Franca Schininà parte per l’Algeria dedicando il viaggio a Padre Charles de Foucault , un personaggio da lei molto apprezzato. L’occhio dell’artista si posa su sguardi, volti di bambini, stradine, vicoli, piazzette, su un gruppo di tuareg che ella si ferma a guardare stupefatta: giocano a dama, e la scacchiera è la sabbia disegnata a quadretti, e si domanda: sono loro? I principi del deserto, i nomadi, i cavalieri erranti’. “Si sono proprio loro – dice l’artista – seduti sulla sabbia nel modo tradizionale ad attendere il tempo”.
E’ davvero quella di Franca Schininà un’opera meritoria; è riuscita a mettere il mondo intero in tanti fotogrammi presenti nella Mostra: figure, luoghi, povertà, cielo, deserti, palazzi, scuole, riti religiosi, statue, momenti di preghiera, insegne luminose, cartelli, animali, barche, montagne, assembramenti, pavimenti, strade consumate, luci, vita notturna, mezzi di trasporto, mercatini e panorami, provocando emozioni, amplificando i soggetti, il gesto, l’espressione. Nel guardare le foto della mostra, al visitatore viene da chiedersi : cosa ci sarà oltre? Cosa sta pensando la persona da lei ripresa in quel momento? E’ triste, allegra, curiosa, annoiata, o sfinita?
Di particolare interesse appare quello che l’artista offre del suo viaggio a Dancalia, in Etiopia, nel 2014, un viaggio davvero straordinario e suggestivo. Il suo occhio e il suo cuore riproducono carovane di dromedari, colate laviche, il vulcano Erta Ale, capanne delle etnie Afar, saline e pozze d’acqua, lo scenario dei canyons dove dappertutto carovane di dromedari, in compagnia di piccoli asinelli, vanno e vengono in mezzo al caldo, mentre gli occhi bruciano a causa dello zolfo.
In questa terza parte del volume, anche la testimonianza fotografica realizzata nel 2004 in Madagascar è molto interessante: l’artista si coinvolge nelle situazioni di poveri che vivono nelle campagne in squallide capanne; e così partecipa alla fondazione “Progetto Missione Madagascar Onlus” , collaborando alla nascita di un Reparto Maternità “ affinché le mamme – scrive la Schininà – possano partorire in condizioni igieniche umane e non rischino di lasciare orfani i propri piccoli”. Attraverso le sue foto, l’artista denuncia come “la Francia continua a prelevare dalle sue ex 14 colonie africane il 90% del Pil e loro, i malgasci, per non morire, devono sperare che, da qualche continente lontano, arrivino dei volontari per aiutarli a vivere. Povera Africa – prosegue l’autrice – le hanno messo un bavaglio di ferro per impedire che si senta il suo grido di dolore e di disperazione, così da potere, indisturbati, derubarla delle sue ricchezze naturali…oramai ferita a morte…”, p. 269.
L’ultima parte del libro è uno sguardo sull’Asia con un itinerario fotografico che attraversa la Palestina, la Giordania, lo Yemen, l’India, lo Sri Lanka, la Cina , il Tibet, il Vietnam e il Giappone. Franca Schininà racconta la Palestina del 2009 definita già “un inferno dantesco, una macelleria, uno squartamento umano”; e documenta il dolore dello Yemen , “un paese – dice l’artista – che ha saputo conservare al di là delle divisioni politiche, una grande unità di cultura e tradizione, ma dove la guerra continua a dilaniare la popolazione causando una delle grandi crisi umanitarie della storia recente”. Dal 2015, 85.000 mila bambini, sotto i cinque anni, sono morti per malnutrizione o malattie, e più di 8 milioni di yemeniti soffrono la fame; il tutto di fronte ad una totale assenza nel dibattito odierno dello scenario internazionale.
Il libro Senza confini coglie dunque l’attimo di momenti che diventano immagini, immagini che ci mettono di fronte stati d’animo in grado di darci le drammatiche visioni della vita, dell’amore, del dolore, dei diritti negati da ogni angolo del globo; ciò che colpisce di più, nelle fotografie di Franca Schininà, è la sincerità: le sue realizzazioni fotografiche coinvolgono nel profondo.
Non sono mai immagini esagerate. Piuttosto descrivono la voglia di svegliare le coscienze, di osservare e interpretare un particolare, di evidenziare le espressioni di un volto o di un corpo. Franca Schininà è insomma un’artista che non si limita alle apparenze ma che cerca sempre le realtà più nascoste e più vere, senza paura nel mostrare le debolezze e le contraddizioni delle cose e degli uomini.
In ogni foto del libro troviamo un realismo esistenziale che riproduce, nelle espressioni, nelle posizioni, negli sguardi e anche nella luce e nella composizione dell’immagine, non solo il volto ma anche l’anima. Le immagini dell’artista non parlano “della vita”, ma esprimono “vita”, evocano stati d’animo, sentimenti, suscitando empatia e un profondo senso di responsabilità, fungendo da potente strumento di denuncia e contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni cruciali, e a promuovere azioni concrete.
Guardando le fotografie in bianco e nero della Mostra si provano tante sensazioni ed emozioni al vedere i vari generi fotografici : ritratti, paesaggi, reportage, immagini di strada; le sue fotografie sono un incisivo mezzo di espressione, sono focalizzazioni di identità che contribuiscono a costruire e a rappresentare l’identità individuale e collettiva; sono foto di memoria perché aiutano a ricordare il passato e a costruire il futuro; sono foto di profezia perché denunciano drammi e provocano chi ha responsabilità.
Quelle di Franca Schininà, per concludere, non sono fotografie da vedere come immagini ottenute attraverso un processo meccanico che riproduce la realtà in modo più o meno oggettivo; le sue sono frutto di una scelta artistica: l’artista ha viaggiato, girato il mondo, ha deliberatamente scelto la composizione, la luce, l’inquadratura, il momento per esprimere una visione personale, un’emozione, un concetto, dando alle sue foto un valore simbolico, andando oltre la retorica, suggerendo significati più profondi e invitando l’occhio e il cuore di chi guarda, a riflettere.
Il libro Senza Confini è, senza dubbio, l’espressione di un’artista che non si è limitata a riprodurre la realtà attraverso una macchina fotografica, ma che ha voluto comunicare un messaggio e lasciare un segno duraturo negli occhi, nella mente e nel cuore dell’osservatore.