
Inizierà il prossimo 8 febbraio 2024 il Pellegrinaggio internazionale paolino dell’Ordine di San Lazzaro a Malta e l’incontro tra tutti i capi giurisdizione. Il Gran Priore Ecclesiastico, Mons. Michele Pennisi, GCLJ, ha inviato a tutti i membri dell’Ordine il seguente messaggio. Come membri dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme stiamo realizzando questo pellegrinaggio sulle orme di San Paolo.
Il naufragio di San Paolo rappresenta per Malta, che lo celebra il 10 febbraio, l’inizio del cristianesimo. Sono diversi i luoghi che ricordano la permanenza dell’Apostolo delle genti, approdato intorno al 60 d.C. in seguito al naufragio della nave che lo stava portando a Roma, come racconta il capitolo 28 degli Atti degli Apostoli: “Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo”, scrive Luca, che narra anche della grande stima che i maltesi maturarono ben presto nei confronti di Paolo. Dalla narrazione degli Atti degli Apostoli si può ipotizzare che Paolo si trasferì poi nell’odierna Rabat, la capitale dell’isola. Nella città si trova il luogo dove l’Apostolo delle genti avrebbe abitato nei tre mesi di permanenza sull’isola, insieme ai compagni Luca, Aristarco, Trofimo e altri: si tratta di una grotta trasformata in cappella, la Grotta di San Paolo, che, nel corso dei secoli, è divenuta meta di pellegrinaggio, luogo di culto e di preghiera.
Noi siamo chiamati a ripercorrere l’itinerario spirituale di Paolo che per l’iniziativa benevola della pura grazia di Dio da fariseo zelante e persecutore della Chiesa di Dio è diventato discepolo di Gesù Cristo e l’apostolo delle Genti.
La vocazione di Paolo, che esprime l’iniziativa divina attraverso l’apparizione di Cristo Risorto, è seguita dalla sua conversione, che esprime la sua risposta libera, che gli ha fatto rigettare il sistema di valori basati sulla giustizia che deriva dall’osservanza delle opere della legge ebraica per aderire alla persona di Cristo, basata sulla fede” che opera per mezzo della carità” (Galati 5:6).
San Paolo sintetizza la sua posizione affermando: Sono stato crocifisso con Cristo, e vivo, non più io, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato ed ha dato sé stesso per me” (Galati 2:20-21).
All’itinerario spirituale di Paolo si deve ispirare anche il nostro cammino di fede. Nel brano della lettera a Tito (Tito3:3-7) San Paolo, dopo aver descritto lo stile di vita che tutti i fedeli avevano prima della loro conversione improntato alla malvagità, alla corruzione, alla disobbedienza a Dio, alla schiavitù alle varie passioni, ci da la buona notizia della manifestazione della bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, E’ proprio per questo amore che Dio interviene nella storia, con l’incarnazione del suo Figlio Gesù Cristo. Egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, Questa salvezza è avvenuta tramite l’acqua del battesimo, che ha rigenerato l’umanità grazie allo Spirito Santo che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna. È questa azione di Dio che ci ha resi giusti, altrimenti noi con le nostre forze non lo avremmo mai potuto essere. E’ una giustificazione che ci apre a un futuro: mantenendo salda in noi la speranza di essere ammessi a partecipare della vita eterna.
Nel brano della lettera ai Romani (Romani 3:21-31) Paolo spiega che la giustizia di Dio è stata rivelata attraverso la fede in Gesù Cristo. Tutti gli uomini sono peccatori e non possono essere giustificati dalla legge, ma solo attraverso la fede in Gesù Cristo. La giustizia di Dio è disponibile a tutti coloro che credono in Gesù Cristo, indipendentemente dalla loro origine o status sociale.
Nella fede, l’uomo confida totalmente nel suo Creatore e Salvatore ed è così in comunione con lui. Dio stesso fa scaturire la fede suscitando tale fiducia con la sua parola creatrice. Poiché questo agire di Dio è una nuova creazione, essa riguarda tutte le dimensioni della persona e conduce a una vita nella speranza e nell’amore.
Il passo del Vangelo di oggi (Matteo 22:34-40) ci presenta un dibattito, tra Gesù e un “dottore della legge”, che pone la domanda su quale sia il comandamento principale. Dalla stessa domanda fatta da uno scriba Gesù racconta la parabola del Buon Samaritano (Luca 10:25-37) che ha dettato il tema della Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani.
Nella risposta Gesù, da buon israelita, si rifà all’Antico Testamento, in cui è scritto:” Ascolta, Israele, tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le tue forze.” (Deuteronomio 6:5) e, ancora:” Ama il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19:18); precetti che, nella sua risposta, il Maestro mostra strettamente uniti, in una logica che è la logica dell’amore, che anima tutto il rapporto tra l’uomo e Dio, e tra l’uomo e il suo prossimo.
E’ questa la novità che Gesù Cristo porta, una novità, che non abolisce la legge, ma la vivifica con un atteggiamento nuovo, che nasce dal cuore: l’amore, dono di Dio, che illumina ed avvolge ogni cosa, che abilita l’uomo a riamarlo e ad amare, in lui, ogni altro uomo, ispirando, di volta in volta, nelle diverse situazioni della vita, gesti di bontà e di solidarietà, senza che sia necessario formulare una miriade di precetti.
C’è, dunque, in sostanza, un unico comandamento dal quale ogni altro precetto prende forma, un comandamento che si esprime e si attua in due direzioni, tra loro complementari: quella verticale, dell’amore per Dio, il Primo in assoluto, e l’altra, orizzontale, verso il prossimo, che di Dio è immagine; tutto il resto, se non è riconducibile al comandamento dell’amore, è solo espressione della volontà di uomini, che vogliono dominare e asservire altri uomini.
A questo comandamento antico, Gesù aggiungerà una modalità nuova, quando, alla vigilia della sua morte, nel lungo discorso di addio dirà ai discepoli: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.” (Giovanni 15:12); la misura dell’amore di Cristo, è l’offerta della sua vita per la redenzione di tutti. Gesù dirà “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i suoi amici”. (Giovanni 15:13).
Noi troviamo la nostra comune identità cristiana nell’esperienza dell’amore di Dio con tutte le nostre facoltà (Giovanni 3: 16) e manifestiamo questa identità al mondo nella misura in cui ci amiamo gli uni gli altri (Giovanni 13: 35).
Siamo uniti, in Cristo dalla consapevolezza di essere amati da Dio e dal nostro comune amore per Dio e per il prossimo. In questo pellegrinaggio sulle orme di san Paolo chiediamo al Signore di percorrere la via dell’ecumenismo come membra dell’unico corpo di Cristo (cfr. I Corinzi 12:12-27) realizzando la realtà più grande di tutte che è la carità (cfr.I Corinzi, 13:13).
+ Michele Pennisi, GCLJ, Arcivescovo Emerito di Monreale – Gran Priore Ecclesiastico dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme.