
Faye è una donna che apparentemente ha tutto ciò che si possa desiderare: un marito di successo, una splendida figlia, un lussuoso appartamento a Stoccolma. Ma sotto questa facciata dorata, la sua vita perfetta nasconde problematiche non indifferenti. Per amore di Jack, suo marito, Faye ha rinunciato a tutto, ha interrotto gli studi, ha investito il suo tempo per aiutarlo a costruire il suo impero imprenditoriale, si è relegata a una vita agiata di moglie e mamma sebbene non lo desiderasse, accettando così di mettere da parte il suo talento e le sue ambizioni personali. Funziona in questo modo, nella Stoccolma dell’élite raccontata dalla penna di Camilla Läckberg: gli uomini sono imprenditori brillanti, che fanno qualche viaggio di lavoro di troppo, e le mogli hanno imparato a chiudere un occhio nei riguardi di queste scappatelle. È a loro che spetta una vita “invidiabile”, con una vita da rivista patinata, un guardaroba firmato, un po’ di botox a coprire i sorrisi tirati e stanchi, con il compito di resistere alla concorrenza delle donne più giovani. Di alcune di queste donne, leggendo il ritratto che ne emerge, si può forse dire che lo facciano per un tornaconto economico, ma per molte, alla fine, il prezzo da pagare è altissimo in termini di alcolismo, sanità mentale e violenza domestica da parte di mariti costantemente insoddisfatti.
Gabbie dorate sono le prigioni in cui queste donne esistono, sminuite e con la costante paura di essere messe da parte, o persino buttate via. Difatti, Faye è una donna fragile, ha una bassa autostima e cerca costantemente di compiacere il marito e di anticiparne i bisogni, ma lui la umilia fino al tradimento. Il suo mondo si sgretola e diventa solo un mucchio di macerie:
a lui ha dedicato la sua intera esistenza, ha rinunciato a tutto per aiutarlo a fare carriera, ha destinato ogni energia alla vita coniugale, coltivando un sogno in cui investiva solo lei. Come se non bastasse, dopo essere stato scoperto, Jack chiede il divorzio e lascia Faye sul lastrico. La depressione si avvicina minacciosa, ma stavolta questo cambiamento drammatico le dà la forza per combattere e usa la sua rabbia per uno scopo preciso: un piano di vendetta. Perché Faye non si rivelerà essere quello che sembra, ha un passato fatto di ombre e segreti inconfessabili. In lei troviamo un opportunismo fuori dal comune, una consapevolezza acuta – e da troppo tempo sopita – della propria forza e una mancanza di scrupoli simile a quella di un assassino, perché la sua audacia se ne infischia delle regole e gioca nell’illecito con disinvoltura. La protagonista mostra il suo lato vulnerabile e il lettore vorrebbe spingerla a reagire, ma questa si risveglia
dal torpore di questa vita condotta dentro la sua gabbia dorata e i colpi di scena non si arrestano. Perché una volta che Faye ha deciso di distruggere, niente riuscirà a fermarla. Il suo lato oscuro, un odio che le ha dato sicurezza dalla sua infanzia fino all’età adulta, prende finalmente il sopravvento. È una rabbia profonda contro le violenze e i soprusi, una rabbia brutale e tenuta nascosta. È grazie a questa furia che Faye reagisce, recupera la forza che un tempo la caratterizzava, mettendo a frutto la sua intelligenza acuta e riprendendo in mano il controllo della sua vita.
Alla fine, tutti i tasselli del puzzle trovano la propria collocazione, e il romanzo assume un’immagine paradossale. L’atmosfera idilliaca e quasi amena fatica a nascondere un lato macabro e oscuro. L’autrice veicola il tema della femminilità violata, ma trionfante. L’immagine che viene in superficie è quella di una donna vittima dei soprusi e della violenza di una società pensata solo ed esclusivamente per gli uomini, in cui subisce continue discriminazioni. Una società che vuole la donna relegata a una comparsa di facciata, sacrificata per far sì che emerga l’uomo. Una donna che inevitabilmente verrà tradita da quest’ultimo, al quale ha dedicato la propria esistenza (verrebbe da chiedersi: esistono ancora donne così?).
Ma ecco che la donna, aiutata dalla complicità di altre donne, risorge dalle sue ceneri, come una fenice. E la vendetta è il mezzo (l’unico mezzo?) con il quale equilibrare una situazione di disparità. La vendetta diventa, quindi, lecita e ricercata, diventando l’unico veicolo di giustizia. Camilla Läckberg ci regala uno spaccato sul tema degli orrori coniugali e del riscatto delle donne e lo fa con un romanzo che alza i toni sui giudizi di una comunità (quella che lei conosce meglio, in Svezia) ossessionata dal potere, dominata da uomini prevaricatori e vittime, all’apparenza, senza scampo.
Delia Covato












