Pd: nuova guida urge…l’opinione di Rita Faletti

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Dopo la legnata alle amministrative, il Pd troverà la sincerità e il coraggio di affrontare senza ipocrisie il tema della propria identità? Cosa vuole essere il Pd? Un partito movimentista sulla falsariga del radicalismo liberal nato negli Usa, prevalentemente concentrato sui diritti delle minoranze? Una copia in chiave nostrana della cultura woke? Il sindacato delle persone non binarie, né maschi né femmine, della sessualità fluida, del femminismo “intersezionale” contro il femminismo storico, difensore intransigente del sesso biologico? Il sindacato degli imbrattatori di monumenti e opere d’arte, delle borseggiatrici incinte? Con la Schlein, vincitrice ai gazebo, ha esultato il popolo che l’ha votata, in parte elettori del Pd, solo in parte consapevoli del salto nel buio, in parte – quanta parte? – concorrenti e rivali, con l’auspicio che la vittoria di Elly diventasse la sconfitta del Pd. E sconfitta del Pd è stata, più che di Elly Schlein, un personaggio che dà l’idea di essere stato costruito a tavolino per rappresentare lo spirito del tempo, il giacobinismo astratto di una politica senza sostanza. La sconfitta del Pd ha coinciso con la sconfitta di Bonaccini, di cui la segretaria è stata vicepresidente alla regione Emilia-Romagna con una delega specifica al “patto per il clima”, che comprendeva il contrasto al dissesto idrogeologico. Sottolineo quest’ultimo non irrilevante dettaglio perché Schlein non si è vista nelle zone devastate da alluvioni e frane, si è limitata a fare una visita nel faentino, lontano dai riflettori, come per far dimenticare quell’incarico. Dissensi con Bonaccini? E’ un’ipotesi visto il silenzio della segretaria da quando il governo cincischia sul nome del commissario per l’emergenza. Non è un segreto, del resto, che i due condividano ben poco nonostante l’atteggiamento compiacente del presidente di regione nei confronti della ex presidente e le manifestazioni di stima reciproca ad uso e consumo di chi guarda. Riformista e concreto Bonaccini, massimalista e eterea Schlein, ricalcano le due visioni inconciliabili della fusione a freddo tra l’aperturismo della Margherita e i rigurgiti del massimalismo statalista dei Ds, con recenti spifferi modernisti e à la page. Non tanto un problema per Bonaccini, votato a maggioranza dal suo partito, quanto un effetto autorevolezza per chi aveva detto “Non ci hanno sentito arrivare”, e, proclami a parte, un deficit di chiarezza sul percorso che Elly imboccherà, ora che, accortasi che una fetta dell’elettorato dem è piuttosto perplessa rispetto al corso radicale del Pd, ha messo la museruola alla maggior parte dei suoi nuovi dirigenti, non di provenienza Pd, riguardo il termovalorizzatore a Roma e la concessione di interviste: solo lei stabilisce a chi e su che cosa. A lei l’imperio di decidere e dopo aver fatto dell’antifascismo il vessillo della propria campagna elettorale, perché, come nascondercelo, la vera emergenza del Paese è la deriva autoritaria (sigh, sigh), ecco che giustifica l’aggressione di stampo fascista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella al Salone del libro di Torino. E non sono mancati gli inciampi con caduta su un paio di nodi da sciogliere: l’invio di armi all’Ucraina e l’utilizzo di soldi del Pnrr e del Fondo di coesione per le munizioni. “No” assolutamente a entrambi, poi libertà di voto al Parlamento europeo, dove i sì sono stati la maggioranza, contro un solo no e 4 astensioni. La Elly votata in nome della radicalità, con Franceschini suo spin doctor, ritenuto profeta infallibile, non sa che pesci prendere tra un incoraggiamento “Lasciamola lavorare” e un’assicurazione “Di qui non ce ne andremo”. Intanto però, tra comparizioni e sparizioni, fa perdere le tracce di sé e del suo pensiero, lasciando interdetti i suoi fedelissimi e irritati gli altri. Chi invece dice a se stessa che rivale migliore non avrebbe potuto trovare è Giorgia Meloni, che non parla per slogan, né per sentito dire, preferisce il silenzio e lo invoca per i suoi. Dagli Usa, Federico Rampini invita a stare in guardia. La Chicago di Lori Lightfoot, la sindaca afroamericana, lesbica dichiarata militante, rivoluzionaria dirompente, ha combinato disastri: la città è diventata una delle più pericolose e violente d’America con tassi di criminalità in rialzo, il centro storico luogo di sparatorie e rapine a mano armata, così San Francisco e Washington DC. Donne sindaco afroamericane, simboli di un partito democratico molto a sinistra, che ha delegittimato le Forze dell’ordine, che nei loro programmi avevano messo ai primi posti la tolleranza senza limiti e la difesa delle minoranze, proprio da quelle minoranze sono state bocciate. Fare i portabandiera dei nuovi “valori” può essere esiziale per le comunità più deboli. Prima di prendere a modello modelli sbagliati sarebbe bene aspettare di vederne gli effetti. “Schlein perderà anche alle condominiali”, è stato il commento di Renzi.

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