Dalla mia finestra, Buon Anno Modica!… di Domenico Pisana

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Modica è una città che dagli anni ‘90 in particolare ha acquisito un progressivo prestigio. Inserita tra i beni dell’Unesco, comunità dalle antichi radici storiche, culturali e nobiliari, Modica è diventata oggetto di interesse e di attrazione a livello internazionale. Non mancano tuttavia al suo interno le difficoltà, le differenze, i malumori, le divisioni, che hanno la loro legittimità ma con la consapevolezza che le riflessioni di ognuno sono come la fotografia, la quale – direbbe il poeta Elio Pecora – “ferma e ritrae per come vede e riflette l’occhio del fotografo”; quest’ultimo, pertanto, può difettare di completezza e cadere nella parzialità.
A volte Modica mi appare una città priva di unità e simile ad un insieme di isole senza ponti. Ci sono alcune “isole economiche” che producono lavoro e occupazione, guidandone e segnandone un certo tipo di sviluppo. Non mancano poi le “isole culturali”. Modica vanta molti talenti, uomini di cultura, poeti, pittori, intellettuali, storici, filosofi, scrittori, musicisti, spesso apprezzati altrove, mentre nella propria terra appaiono a volte criticati forse perché non venga smentito il detto “Nemo propheta in patria”.
Se è un bene, da un lato, che le associazioni culturali, di volontariato, sportive, teatrali, musicali, programmano iniziative ed attività varie, d’altra ogni associazione rischia di vivere per se stessa, chiusa nel guscio senza comunicare; non sempre si avverte un vero spirito di sevizio culturale verso la città, un rispetto cordiale della diversità; a volte emerge un atteggiamento, forse inconsapevole, di autoreferenzialità , che mina alla base ogni serio progetto di crescita culturale. La nascita di un “centro servizi culturali” avrebbe dovuto essere da lungo tempo un obiettivo da raggiungere; ma non ha mai trovato realizzazione.
Anche le parrocchie sembrano muoversi come “isole religiose” all’interno di spazi territoriali, nonostante alcune Comunità di parrocchie fanno sperare nuovi orizzonti.
C’è, infine, la grande “isola giovanile”, forse stanca e delusa, che staziona lungo il Corso, in Piazza Matteotti, e che dà la sensazione di essere distante dai problemi quotidiani della città, dalla politica, dalla Chiesa, da gruppi politici, dalle grandi questioni sociali e culturali che stano investendo la nostra società. Solo pochi, pochissimi i giovani impegnati, per il resto il vuoto. Impressioni, percezioni, chissà! Eppure è anche vero che il mondo giovanile modicano per come lo conosco, avendo lavorato con in giovani per 41 anni, è ricco di vitalità, di valori, di idealità, per cui c’è da chiedersi perché le Istituzioni sociali, politiche ed educative non riescono a realizzare ponti solidi ed autentici per giungere su quest’isola.
Guardando la realtà politica modicana, specie ora che la città si appresta ad andare alle elezioni, sorgono alcune domande: c’è una classe politica emergente? Ci sono degli uomini e delle donne disponibili a dare parte del proprio tempo per occuparsi della “polis”, per gettare le basi di un loro ingresso nella vita istituzionale? E se esistono, quale spazio viene loro riservato o loro cercano di costruirsi? Chi si pensa possano essere coloro che dovranno amministrarci nel prossimo futuro e che dovranno rappresentare i modicani nell’Ente locale, nelle Istituzioni a vari livelli? Il movimentismo politico da destra a sinistra (con regole e norme passeggere, e fondato sul fenomeno del laederismo), che ha sostituito la scomparsa dei partiti, quali uomini politici ha formato in città? E con quali idealità? Con quale cultura politica? Con quali capacità progettuali? I veri uomini politici e di governo non si inventano, ma si formano come in una palestra, con il confronto, lo studio dei problemi, con la presenza nel tessuto della città. E di fronte a tutto questo, qual è la naturale e forse anche legittima reazione dei modicani?
Credo che nella città di Modica siano presenti diverse categorie di persone. Vi è anzitutto la categoria degli indifferenti. E’ quella che racchiude al suo interno una tipologia di pensiero caratterizzata da slogan: “a me la politica non interessa”, “non è cosa per me”, “la politica è sporca”, “io non sono portato alla politica”, etc… Insomma, è gente che non partecipa a niente, non si interessa, né segue ciò che avviene in città in ordine ad un discorso politico-amministrativo e che poi, quando entra nell’urna, forse vota scheda bianca. La sua indifferenza può apparire una colpa, ma il problema sarebbe quello di indagare sulla causa di questo atteggiamento.
Vi è poi la categoria dei delusi. Sono coloro che non hanno più fiducia negli amministratori, nelle persone impegnate in politica, e che si affidano a sfoghi e luoghi comuni del tipo: “ sono tutti uguali!”, “quando arrivano ad occupare le poltrone, si dimenticano della gente”, “non fanno altro che litigare”, “le cose non cambiano”, etc.. Insomma, vige una sorta di pessimismo che blocca ogni forma di partecipazione alla vita della città. In realtà questa fascia si è un po’ attenuata, atteso che l’ex sindaco Abbate è stato percepito per nove anni come il sindaco dei modicani, non di alcuni o di pochi manovratori di palazzo, o di segreterie politiche, come l’uomo tutto fare che ora si aspetta alla prova nel suono nuovo incarico a Palermo.
Vi è ancora la categoria degli sbrigativi. Sono coloro che non approfondiscono i problemi, che non comprendono minimamente le difficoltà dell’amministrare, che vorrebbero in modo magico la risoluzione di ogni problema, non capendo che spesso non bastano l’impegno e la buona volontà, poiché c’è una tempistica burocratica che ha le sue regole contorte e farragginose. Gli sbrigativi, insomma, sono persone lamentose, che, però, non fanno nulla, non muovono un dito per dare un contributo, anche di semplice cittadino, alla soluzione dei problemi della propria città. Infine, la categoria dei rassegnati. Si tratta di gente che allarga le braccia per affermare che in politica “nulla cambia e nulla cambierà”.
E’ necessario sicuramente un colpo d’ala su tre direzioni di marcia: a) la collaborazione; b) la partecipazione; c) la corresponsabilità. Il problema è di educazione e di riscoperta della politica. E’ necessario, anzitutto, che tra amministratori e amministrati si instauri un rapporto di collaborazione. Per collaborare non è necessario essere attivisti e militanti di un partito, di una associazione o gruppo; si collabora anche dando idee, suggerimenti; si collabora con la critica, non quella distruttiva ma costruttiva, con richiami improntati alla serietà ed onestà. In politica la collaborazione dei cittadini deve essere finalizzata al miglioramento delle istituzioni, alla crescita democratica, civile della propria città. Solo chi ama la propria città, sente dentro il bisogno di collaborare per il suo sviluppo e benessere.
La partecipazione è il secondo valore essenziale. Partecipare significa essere attivi, protagonisti in prima persona dei processi politico-amministrativi. Il cittadino non può circoscrivere la sua partecipazione alla espressione del voto; egli non può ridursi ad uno spettatore passivo in attesa di eventi. Al contrario, dovrebbe fare scelte, dovrebbe aderire, perché no, a partiti o movimenti politici o gruppi che operano nel pre-politico, al fine di essere artefice e costruttore di storia, di civiltà, di interessi collettivi che possano rendere la città una realtà vivibile ed unita, pur nella diversità delle idee, delle posizioni politiche e culturali.
Infine, la corresponsabilità. È il terzo valore fondamentale sul quale occorre riflettere. Non si può guardare la città dall’alto, dalla propria torre d’avorio, aspettando quello che fanno gli altri. Occorre uscire allo scoperto. Ma i cittadini modicani si sentono corresponsabili della crescita della loro città? C’è, in particolare nei giovani, il desiderio di formarsi, di educarsi alla politica per assumersi in modo maturo e responsabile compiti di governo? È lecito rifuggire dalla politica sol perché essa, spesse volte, dà un testimonianza di cattivo governo? Io credo sia necessaria una mentalità rinnovata e aperta all’impegno politico: chi fa scelte di corresponsabilità può anche sbagliare, ma chi non sceglie e non fa nulla, sbaglia due volte. Modica è una città bella, laboriosa, ricca di fermenti culturali e di vitalità, di valori e di tradizioni, ma a volte mi appare pigra e sonnolenta. Modica è ricca di risorse, di uomini capaci e intelligenti, di energie sociali ed etiche di spessore.
Mentre ci si appresta ad entrare nel 2023 auguro, allora, a tutti i modicani di poter vedere realizzata la città che sognano, di poter contribuire anche con osservazioni critiche alla sua crescita, ma nessuno ceda mai alla tentazione dell’onnipotenza, dell’insulto, della diffamazione, del pregiudizio a prescindere; auguro a Modica che i risultati raggiunti finora con la fattività e l’impegno dell’amministrazione precedente e che per alcuni sono stati importanti, per altri modesti, per altri insufficienti, per altri ancora dannosi, siano onestamente giudicati; il futuro che ci aspetta apre un ulteriore cammino.
Chi verrà ad amministrare non potrà certo non tener conto che governare Modica è assumere l’impegno a guidare una comunità di persone che, pur con pregi e difetti, sa che Modica è una città d’arte, ricca di storia, di cultura, di tradizioni, di enogastronomia, di bellezze paesaggistiche e architettoniche, con un Nobel per la Letteratura e conosciuta nel mondo per il suo cioccolato, una città con un patrimonio letterario e una bellezza artistica e culturale attestati da grandi personaggi:

-“Modica e tu, né picciola nel Regno, Né minima sarai nel Savio Mondo. Avrai fra eccelsi Ingegni umile Ingegno, Che il nostro canterà saper profondo. Concederatti il Ciel per merto degno, Nobiltà, Popol vasto, e Suol fecondo, Pari al Capo del Regno…” (Tommaso Campailla, ne “L’Adamo”);

“…un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze…” (Gesualdo Bufalino, in “Argo il cieco”).

-“…Subito dopo il tramonto, Monserrato non era più un monte, ma una caligine verde di cielo, simile a una vegetazione nuvolosa in fondo al mare tranquillo. All’alba, Monserrato era in colloqui con tutte le rondini della contrada. Le aveva attirate, la sera precedente, coi suoi colori ambigui, che fingevano cocomeri, melegrane, distese di fichi e panieri abbandonati di miele…” (Vitaliano Brancati, in “L’amico del vincitore”).

BUON ANNO, MODICA!

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