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Il Buon Natale di Radiortm….in storia e poesia

Tempo di lettura: 2 minuti

“Mentri iu ti cantu avò rurmi Ghesu e fai la vo”.

Maria che ha taciuto fino al giorno della nascita del suo unico figlio quando la senti proferire parola lo fa cantando nel canto più soave che uomo conosca: la ninna nanna al suo bambino. Quel bimbo nato dal suo “sì”. Dopo quel giorno in cui accolse l’angelo di Dio che le comunicò di essere stata prescelta “Diu vi manna l’ammasciata ca ri l’anglilu è purtata ca tali figghiu è figghiu ri Diu patri e Maria, Maria fu fatta matri” – lei non proferirà più parola.

Del resto cos’altro poteva aggiungere a quel suo sì? Per lei parleranno tutti coloro di cui si circonda, uomini e cose. Proprio così. Anche il creato riconoscerà la magia della notte di Natale e il cielo si aprirà in una notte fitta di stelle.

“tutt-a cuorpu si rapiu lu stiddatu…”
Accanto a Maria una presenza costante: è quella di un Angelo. A lei compare per comunicarle la scelta di Dio.

“Diu vi manna, l’ammasciata”, a lei compare un Angelo salutandola “Isaviri Maria cina ri Razia” Ave, le dice l’Angelo tributandole il saluto che si destina al più alto in carica, Ave come a Cesare, Ave come a un uomo. Ave Maria, piena di grazia. Dell’unica grazia che l’Angelo riconosce che è quella di portare in grembo il figlio di Dio. Un angelo apparirà alle genti esortandoli
a visitare il bambino appena nato “Oh viniti ca nasciu lu gran re ri la natura e nascìu puvirieddu nta na povira manciatura”.

Un Angelo sarà sempre accanto a lei e Maria sembra averci insegnato la preghiera che conosciamo da bambini “Angelo custode si bellu amicu miu, vienici stanotti quannu mu curcu iu, lu cuorpu rormi, l’anima vigghia, veni Ghesuzzu e si la veni a pigghia”.

Un Angelo, dunque, sta accanto a Maria sempre. E se si addormenta accade l’irreparabile e Maria lo riprende, e lo esorta a non dormire per tornare a proteggerci tutti: “angilu nun nurmiri ca tri nuvuli viru viniri una ri a acqua una ri vientu una ri cura draunara…” “Mentri iu ti cantu avò ruormi Ghesu e fai la vò…” seguita a cantare Maria mentre Giuseppe si dispera: “Nti mancaunu casi e palazzi comu re ri la natura! tutta cina ri filazzi è sta povira manciatura”.

Giuseppe fin dal primo momento si preoccupa per lei. L’uomo si è accorto che qualcosa di grande sta accadendo attorno a loro ma non è capace di reagire: “San Giuseppi era cunfusu ri purtarisi a Maria e lu tiempu era friscusi ci scurau mmienzu a la via” e quando sente piangere il bambino si sveglia dal sonno in cui era caduto e si rammarica per non avere nulla da offrire al figlio: “figghiu miu nun agghiu nenti, mancu aiu lu nfasciuaturi, mancu ligna p’addumari, sulu c’è lu to biancuri”. Ma il creato interviene. La natura riconosce che quel che sta accadendo ha qualcosa di speciale, di unico e di grande… “li ciuriddi ri la via salutavunu ccu amuri a ghiuseppi cu Maria e a lu veru Redenturi”. Ogni cosa, anche i fiori per la via, riconosce che questa notte è una notte magica. E la magia la senti nell’aria a partire dal canto di Maria. Sarà il canto più soave e forse l’unico perché di lì a poco quando Giuseppe la chiamerà per zittire il piccolo affamato che reclama la mamma e il suo latte: “curri Maria, ca voli a minna Salvaturi”, la Madonna, la madre di tutti noi, di noi Tutti, senza differenza di religione, gli risponderà: “Iu, una sula ci ni puozzu dari, l’autra mi servi pi li piccatura”.

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