
Quanto è ancora sicuro affidare i propri risparmi alle banche? Una domanda che ci si pone con sempre maggiore frequenza da che la crisi finanziaria scoppiata negli Stati Uniti nel 2008 si è allargata a macchia d’olio contagiando l’Europa e la sua economia. Certe crisi assomigliano alle malattie dall’incubazione lenta accompagnata da sintomi all’inizio trascurabili che esplodono all’improvviso e si abbattono sul malato scatenando tutta la loro virulenza. Quanto è accaduto ad alcuni istituti di credito italiani, complice un insieme di fattori tra cui debolezza delle istituzioni, commistioni insane tra management politici e imprenditori, opacità nei bilanci, superficialità e irresponsabilità nell’erogazione del credito, vigilanza che non ha vigilato o lo ha fatto male o tardi. In fila le banche salvate a rischio crac: 2015 Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, 2016 Mps, 2017 Popolare di Vicenza e Veneto Banca, 2019 Popolare di Bari. Si tratta di istituti di credito legati ognuno al proprio territorio dove operano piccole e medie imprese, gli assi portanti da cui dipende il tessuto socio-economico di quella parte di paese. Si capisce allora che il salvataggio di una banca non riguarda solo i dipendenti e le rispettive famiglie, i correntisti e i risparmiatori, ma l’intera economia di quel territorio. E’ malafedismo demagogico mettere in giro la favola secondo cui salvare una banca dal fallimento significhi salvare i banchieri. “Chi rompe paga e i cocci sono suoi” disse Di Maio a proposito dell’intervento a favore di Mps. Forse smaniava dalla voglia di vedere i dipendenti dell’istituto toscano lasciare la banca con gli scatoloni in mano. Poi ha cambiato idea: la Popolare di Bari andava salvata. Per meriti? Non pare, stando all’audio choc sui conti truccati, i prestiti erogati a imprese pugliesi sull’orlo del fallimento, operazioni spericolate e compiacenti ai limiti della legalità, da ultimo l’acquisto di Banca Tercas. Un buco di 430 milioni e 2 miliardi di crediti deteriorati. Indubbia la responsabilità della gestione scriteriata e iperfamilistica. L’acme delle crisi bancarie è stata accompagnata dalla fandonia dei 60 miliardi di aiuti dello Stato (bail-out: salvataggio esterno) ampliata dalla grancassa dei media. E però è giusto sottolineare che i responsabili della mala gestio debbano pagare, com’è legittimo pretendere controlli e trasparenza da parte degli organi competenti, Bankitalia in testa. lo Stato interviene mettendo sul piatto fondi pubblici solo se vi sia una condivisione degli oneri (burden sharing), cioè se azionisti e obbligazionisti subordinati partecipano al rischio. In questo modo sono state salvate le prime quattro banche di cui sopra. Il tanto temuto bail-in, il salvataggio interno con il coinvolgimento di correntisti con depositi superiori a 100mila euro, finora non si è mai verificato. In caso di dissesto, una delle operazioni è la riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni, come già successo e con conseguenze drammatiche per i risparmiatori, molti dei quali sono stati rimborsati. Nel 2015 è stato creato il Fondo Nazionale di Risoluzione, cui hanno partecipato gli istituti di credito che operano nel Paese, per soccorrere le banche in difficoltà. Nella vicenda del Monte dei Paschi, Il Tesoro è intervenuto con 3,9 miliardi per la ricapitalizzazione acquisendo le azioni della banca che nel frattempo ha restituito il prestito, e con 1,5 miliardi per il ristoro degli investitori. Azionisti e obbligazionisti subordinati hanno messo a disposizione 2,8 miliardi. Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono state acquistate da Intesa San Paolo che ha ereditato le attività sane. I crediti deteriorati, i non performing loans, ossia soldi prestati che mai saranno restituiti, sono stati trasferiti a una bad bank. Lo Stato ha messo a disposizione 5 miliardi e oggi detiene il 68%. C’è da precisare, inoltre, che la Commissione europea per la Concorrenza presieduta da Margrethe Vestager ha stabilito che l’aiuto di Stato va limitato al minimo necessario. Nel 2015 Matteo Renzi fece un decreto che trasformava le popolari con un attivo di 8 milioni di euro in S.p.A, società per azioni, e eliminava il voto capitario, cioè l’attribuzione ad ogni socio di un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute. Risultato: tante azioni, tanti voti e maggiore trasparenza. Questo, insieme al consolidamento dell’istituto attraverso l’aumento di capitale (minimo 8 milioni di euro) spalancava le porte all’acquisizione di partecipazioni significative di fondi esteri nel capitale della banca e rendeva la banca stessa scalabile. In linea con le operazioni di mercato in un mondo globale. Se la Banca popolare di Bari si fosse adeguata al decreto, avrebbe evitato di trovarsi nella situazione di default. Tornando al tema iniziale, nel 2016 sono nati Fondo Atlante 1 e 2 , gestiti da Quaestio Capital Management e partecipati da banche, fondi di investimento, Cassa depositi e prestiti e Poste. La Cdp evocata più volte dai grillini quando, alle prese con i famosi tavoli di crisi, non sanno a chi appioppare aziende decotte o in via di fallimento. Ma questa è un’altra cosa e nasce da una mentalità assistenzialista e antiliberista che non fa il bene del Paese. Ultima nota: le conoscenze finanziarie degli italiani lasciano a desiderare, una lacuna che andrebbe colmata a loro vantaggio: se conosci è più difficile raggirarti.
7 commenti su “Crac bancari e conseguenze …l’opinione di Rita Faletti”
Commistione! Non c’era aggettivo o sostantivo più appropriato per definire la politica bancaria!
Devo ammettere che non sono un grande conoscitore di politica bancaria, più precisamente di tutti i cavilli, le procedure e i sotterfugi sempre al limite ( ed oltre) della legalità. Ma posso capire quanto di torbido c’è, e che ruota attorno ad esse, e quanto “potere” hanno nelle mani. Il potere che molti hanno sottovalutato o fanno finta di, per non finire sotto un ponte. Licio Gelli ne sapeva qualcosa! Le Banche sono come le multinazionali, vendono soldi e vendono aria, ed entrambi portano guadagni. Più aria vendi e più fai carriera! Sbagliato pensare di poterle controllare, ormai sono loro che controllano tutto, governi compresi, hanno tessuto una ragnatela talmente fitta che non passa nemmeno un moscerino, si sono parati e blindati talmente bene che tutti hanno paura. Solo di una cosa possono avere paura, che qualcuno, qualche mina vagante, possa arrivare ad aprire il vaso di Pandora, ma quel vaso oltre ad essere protetto, nessuno lo vuole aprire, troppo pericoloso e troppo orrendo per quello che ci sta dentro. Ma prima o poi dovrà finire tutto questo, non possono essere loro a decidere il bello e il cattivo tempo, perché fino a quando è cosi, saremo sempre sottomessi e controllati!
@Rita Faletti
Il suo articolo è troppo tecnico e specialistico perché possa essere capito dai nostri lettori.
Ovvio che in molte banche vi sono state delle gestioni per così dire allegre ma le faccio un paio di domande che sposta il problema sotto ottiche differenti che quasi mai vengono evidenziate.
Mi riferisco principalmente al fatto che le banche, prima delle crisi che si sono accavallate una dopo l’altra a partire dalla fine del secolo scorso, erano ben capitalizzate e l’economia bene o male tirava.
La domanda, quando centinaia di aziende non pagano (a causa delle crisi evidenziate) i prestiti che sono stati erogati in momenti in cui le stesse aziende erano floride, chi li pagati? Le banche, che hanno eroso il loro capitale netto accumulato in centinaia di anni. Il contenzioso è aumentato a dismisura e la causa, per la maggior parte dei casi, non è stata la cattiva gestio ma l’impossibilità delle aziende di far fronte agli impegni assunti a suo tempo. Ecco che proprietà immobiliari delle aziende di tutta Italia (capannoni, immobili in genere) hanno subito un deprezzamento inenarrabile tant’è che chi ha avuto liquidità in questi anni ha fatto affari d’oro.
Vi sono stati anni che le banche non potevano più far fronte al susseguirsi di aziende in default e pertanto l’unica loro soluzione è stata quella di lavorare e generare utili e questi utili sono serviti a pagare i debiti delle aziende fallite senza che lo stato intervenisse minimamente.
Ultima domanda.
Quanti addetti in meno ha il sistema bancario italiano? 90.000 in dieci anni senza che una lira sia stata a carico dello stato (i fondi esuberi dei bancari sono stati finanziati interamente dalle banche).
Vengo, infine, alla sua domanda iniziale, quella di affidare alle banche i propri risparmi.
Sono liberista convinto e come tale faccio una considerazione di fondo.
Il risparmio, il semplice risparmio va tutelato a tutti i costi (Libretti a risparmio e c/c) e non sono d’accordo sul limite di 100.000 euro come tetto massimo del fondo di tutela dei depositi. Ma se io, di mia spontanea volontà e non raggirato da informazioni inesatte ed incomplete (il caso su altro articolo), voglio lucrare sul mio capitale investito, è chiaro il rischio ad esso collegato e non si potrà dire successivamente la banca mi ha truffato. Parmalat, Cirio, Bond argentini sono i classici esempi di chi ha perduto tanti risparmi e non erano risparmi depositati sui c/c o depositi ma capitale di rischio perché gran parte voleva lucrare e far fruttare il proprio risparmio.
Mi fermo, io tengo i soldi sul c/c e onestamente non ho paura che i miei soldi (sudati) vadano in fumo anche perché se qualcuno mi chiama (banca o promotore) e mi propone degli investimenti redditizi, lo mando a cagare, nella migliore delle ipotesi.
Saluti e come sempre i miei complimenti per i suoi edotti articoli a volte, come già detto, troppo imbevuti di tecnicismi incomprensibili ai più, ragion per la quale ho voluto semplificare al massimo il mio intervento.
Massimo,
Dalla sua descrizione sulle banche poco da obiettare fino ad un certo punto, è vero, hanno fatto crescere aziende, hanno erogato finanziamenti, ma sempre coperti di garanzie e fideiussioni. Molti crediti che non hanno potuto incassare è anche dovuto ad operazioni azzardate e non trasparenti. Questo parlando delle piccole banche o di quelle locali se a questo che si riferisce. Ma sulle grosse banche non sarei cosi carino tale da giustificarle, non mi posso commuovere per i loro crac o per la loro mala gestione. Nel loro interno, covano tanto di malaffare che forse meglio non sapere. Lei dimostra di essere abbastanza ferrato sul tema bancario, e forse è per questo che a volte si tende a giustificarne il loro lavoro, capire il funzionamento delle procedure si, ma da questo si può capirne anche i motivi per come mandano avanti i loro affari. Come la malafede e il malaffare. Questo lo dico da ignorante della materia, ma sulla malafede e sul torbido mi fido della mia sensazione.
@Tonino Spinello
Lei ha ragione su un punto che correggo: il malaffare è esistito su piccole e grandi banche che, le ricordo, sono state affossate dai politici che presidiavano i consigli di amministrazione o dai loro tirapiedi.
Un esempio per tutti, che fa ancora sanguinare noi siciliani, la CCRVE (Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane). Ebbene tale florida banca, che non aveva fini di lucro e che parte dei profitti venivano distribuiti ai bisognosi, è stata sbranata nel giro di un decennio con a capo politici regionali che non contenti dello scempio fatto sulla Cassa, si sono avventati sul Banco di Sicilia, poi assorbito da Unicredit. Idem per il Banco di Napoli, che ricordo unitamente al Banco di Sicilia erano ex Istituti di Emissione e che per questo avevano privilegi non di poco conto. Mi fermo nell’elenco, vasto e nauseabondo, ma riguardo l’ultimo ventennio rimarco ciò che ho scritto nel mio precedente commento. Le crisi che si sono succedute hanno eroso gran parte del tessuto economico del nostro paese e le banche, a mio parere, sono state vittime e non carnefici. Lo stato, si ricordi, nelle aziende in default non ha uscito un euro e le banche hanno eroso il loro patrimonio netto non togliendo un euro ai risparmiatori.
Dirò di più, banche in difficoltà hanno pagato fior di milioni di euro a manager il cui compito è stato principalmente la riduzione dei costi e del personale (In tal senso c’è un bel film con George Clooney sui cosiddetti tagliatori di teste) senza che minimamente intervenissero a contrastare le regole europee che di fatto stanno ingessando il sistema produttivo del paese, banche comprese.
Rimarco, in U.S.A. diversi manager colpevoli di crac planetari, sono stati mandati in galera ed hanno buttato la chiave, si chieda: quanti in Italia?
Le mucche grasse sono finite e le banche adesso fanno i conti anche sul centesimo ma, ritengo, il sistema bancario italiano è diventato più equilibrato e più prudente perché, presumo, non si possono più permettere perdite di centinaia di miliardi di euro subite negli anni precedenti.
Gia! Ricordo quei tempi, allora il Banco di Sicilia sui loro titoli offriva fino al 12% di interessi.
Ma se devi qualcosa, ti fanno correre con tutte le norme di legge, se loro devono a te, le leggi cambiano! Tempo fa ho acquistato quote della banca della Contea di Modica, diventando uno dei mille e passa soci, è finita come è finita, fatto sta che il rimborso lo hanno stabilito “loro” al 48% e di questi a tutt’oggi solo la metà! Ma non è questo che mi fa arrabbiare, se le banche sono delle aziende private, devono sottostare alle leggi come una normale azienda e devono potere fallire (se cosi deve essere) come una normale azienda, grande o piccola che sia. Loro vendono soldi, la Ferrero vende dolci. Attualmente se fallisce la Ferrero, (esempio) le banche sono quelle che per primi vanteranno il credito (o il fallimento addirittura) e in fila tutti gli altri, nell’uno o nell’altro caso ai Ferrero toglieranno tutto fino al soddisfo del credito avanzato con tutta la montagna di spese. Al contrario, la Ferrero avrebbe difficoltà a vantare i loro crediti e deve intervenire lo Stato per salvare cavoli e capra!