
Con Giovanni Blandino ci siamo conosciuti nel 1975 presso la libreria ‘Casa del Libro’ di Corso Garibaldi a Modica. Allora io gestivo quella libreria insieme a mia moglie.
Giovanni Blandino, fresco ancora degli studi presso la Facoltà di Psicologia di Padova, veniva a trovarmi perché era sempre alla spasmodica ricerca di nuovi testi, che presso la nostra libreria trovava nelle collane della Cittadella, Morcelliana EDB e anche Feltrinelli e La Scuola editrice.
Si parlava del più e del meno. Ma in effetti l’argomento principe delle nostre conversazioni, oltre la psicologia, era il discutere sul fatto che lui era fortemente impegnato in un programma radiofonico dell’allora neonata radio libera EMME1 (con Tino Iozzia, Giorgio Sparacino e altri amici).
Lui conduceva una trasmissione di canzoni e musica, però inframezzata con discrete chiacchierate ‘a bassa voce’ su problematiche culturali giovanili e soprattutto da poesie, testi abbastanza innovativi per quel tempo. Io – innamorato di poesia e già da tempo anche autore di vetsi – lo incitavo e gli facevo conoscere nomi nuovi soprattutto quelli del gruppo cosiddetto dei ‘Novissimi’.
Giovanni ebbe modo di leggere alcuni testi miei e altri da me indicati. In particolare si soffermò su una delle mie un po’, o forse troppo, avanguardistica con concetti legati al verbo latino ‘tangere’, toccare, tangente (prendere per la tangente o il ‘foutre le camp’ o ‘fotti il campo’ ovvero squagliarsela di Andrea Zanzotto), di tango come ballo, il tactum tatto, ecc. Una sperimentazione che a Giovanni piacque.
Mi raccontò – ed era una cosa bellissima per me sentirlo parlare – di come improvvisamente la sua vena per così dire tecnica (lui infatti si era diplomato al geometra) si era trasformata, invece, in una ricerca quasi ossessiva della conoscenza dell’io, del profondo e, quindi, della psicologia e della psicoterapia. Una cosa che non mi veniva nuova assolutamente perché anch’io, per certi aspetti, avevo fatto un percorso di cambiamenti venendo da una scuola industriale frequentata per cinque anni e poi avevo spostato la mia attenzione al Magistrale e quindi a Lettere e addirittura la stavo spostando ancora verso le Scienze dell’Educazione.
Ci piaceva riflettere sulla bellezza delle capacità decisionali della persona e di quanto le attitudini personali, le propensioni, i progetti di vita e (perché no?) anche i sogni valessero più di qualsiasi altra convinzione di carattere economico e familiare.
Dalla fine degli anni 70 fino agli ultimi anni del millennio seguì fra noi due una strettissima collaborazione per gli incontri di formazione degli insegnanti di Scuola dell’Infanzia e Primaria. Ricordo la preparazione delle lezioni, dei materiali, delle tesine, la lettura dei testi esercitativi dei corsisti. Sempre professionale – come dimostra il fatto che nel tempo era divenuto Responsabile DSM di Modica ASP 7 Ragusa e Direttore dell’accademia di Psicoterapia della Famiglia a Palermo – ricordo le sue lezioni piene di vitalità, pathos, esemplificazioni, input culturalmente e scientificamente alti.
La sua voce a volte in falsetto, quasi stracciata, graffiata, aveva una profondità empatica, originale, vivificante. Il suo sguardo diretto, trasparente nei suoi occhi chiari, colpiva e assorbiva quello dei corsisti e sapeva accoglierlo come in un mare di estesa fiducia per quello che erano e per quello che sarebbero divenuti: maestri e maestre.
Fra tutti i nostri lavori in comune conservo un file da quasi trent’anni fa – oggi più volte da me rivisto e modificato – sulle Osservazioni Sistematiche degli alunni tramite il ricorso alle teorie del comportamentismo di B. Skinner. Questo capitolo – ora in mio mio manuale di preparazione ai Concorsi Docenti – ha dato modo agli studenti di Scienze della Formazione del Magistrale ‘Verga’ di Modica, almeno dal 1992 al 2011, e a tanti insegnanti di misurarsi con problematiche comportamentali ‘meta’ e ‘bersaglio’ e la fatidica ‘punizione’ e avere indicazioni precise per saper intervenire propositivamente e in modo metodologicamente corretto nella soluzione dei problemi emergenti.
Ci si vedeva di tanto intanto. Ad accogliermi sempre un vicendevole sorriso aperto e cordiale, una stretta di mano, una pacca sulla spalla.
Oggi so che non potremo più farlo, ma ti saluto ancora una volta Ovunque tu sia con un sorriso. La pacca sulla spalla e l’abbraccio finale lo rimandiamo ad un Altrove.
Piergiorgio Barone
1 commento su “Giovanni Blandino, amicizia ed empatia…di Piergiorgio Barone”
….ci salutiamo solo con un sorriso, Giovanni!