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Edifici pubblici in zone sismiche. Tribunale Ragusa

Quanti hanno letto le mie lettere in tema di denuncia delle inadeguate e pericolosissime strutture giudiziarie di Ragusa, inidonee incapienti e soprattutto non antisismiche, ed il recupero della struttura giudiziaria di Modica, idonea funzionale e soprattutto antisismica, sono arrivati ad una conclusione di rassegnazione e di accettazione della illegale realtà.
Era tanta la prepotenza, la prevaricazione ed il preconcetto dei responsabili, rectius degli irresponsabili, di tale realtà che, sulla mia forte presa di posizione di recupero della legalità per un servizio, si badi bene, che dovrebbe fare di tale valore la sua missione oltre che la sua istituzionale funzione, hanno impegnato severamente la credibilità mia personale e della battaglia che ab initio ho combattuto ed oggi continuo a combattere con un gruppo di persone per bene e amanti della legalità, costituitisi in Comitato per la riapertura della struttura giudiziaria di Modica.

Ebbene, con sentenza n. 190 depositata l’8/01/2018 la Suprema Corte di Cassazione – Sezione Sesta Penale ha annullato l’ordinanza del riesame che aveva escluso la sussistenza del periculum in relazione al sequestro preventivo di un istituto scolastico risultato inadeguato alla normativa antisismica motivando in ragione della bassa sismicità della zona e del minimo scostamento dai parametri tecnici di edificazione.
In altri ed accessibili termini: la Corte di Cassazione ha ritenuto che va sequestrato un edificio pubblico non antisismico, nella specie un istituto scolastico, ancorché si trovi in zona a basso rischio sismico e la sua struttura non rispetti i parametri tecnici sia pure in minima parte.
E gli edifici pubblici inadeguati e pericolosi, strutturalmente esposti a forti criticità tecniche (ricordate?) che si trovano nelle zone ad alto rischio sismico? E quelli che insistono addirittura in zona rossa, come nella nostra terra iblea?
Immagineranno i lettori dove voglio ed ho il dovere di arrivare.
E’ da tempo, da troppo tempo che la lingua batte sul dente che mi duole, che fuor di metafora vuol dire che è da tempo che predico inascoltato e spesso deriso (ricordate? C’è stato persino un Procuratore della Repubblica che ha irriso all’annunciato big one previsto in terra iblea) che le strutture giudiziarie di Ragusa vanno chiuse perché non antisismiche in zona ad altissimo rischio sismico, conclamato dai più accreditati sistemi tecnici e scientifici.
A questo punto non mi resta che passare alla cassa della credibilità nei confronti delle istituzioni responsabili delle strutture giudiziarie iblee: Ministro della Giustizia, Sindaco del Comune di Ragusa, Prefetto di Ragusa, Genio Civile, Protezione Civile, S.Pre.Sal. di Palermo ed anche, ma non ultimi, Magistrati, Avvocati e funzionari giudiziari, pervicacemente tutti aggruppati e aggrappati a mantenere aperte strutture in spregio di fondamentali principi di legalità sia in termini di sicurezza dei luoghi che delle persone. Tutti inadempienti e insolventi in termini di credibilità!
Non me ne vogliano ancora le istituzioni ed i loro responsabili se la verità si instrada sulle vie dialettiche da me percorse.
Si, passo alla cassa. Non da mendicante, come prima lor signori mi hanno considerato, ma da responsabile e rispettabile creditore di credibilità.
Avv. Carmelo Scarso

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8 commenti su “Edifici pubblici in zone sismiche. Tribunale Ragusa”

  1. lavoratore senza diritti

    @ Carmelo Scarso :
    Siamo solo dei “sudditi”, senza Diritti e senza Giustizia .
    A mio modo di vedere in questo territorio c’è troppa corruzione strisciante .

  2. Penso che piu’ chiaro di come sia stato l’avv.Scarso, non si possa essere,a tal punto, che anche un Ministro lo possa capire!

  3. Per sicuro correranno ai ripari prendendo in affitto palazzo Tumino , trasferendo il tribunale di notte .

  4. Non è mai stato chiaro se la battaglia è volta al rispetto, in senso lato, dei criteri di antisismicità degli edifici o, in senso stretto, al rispetto del prestigio del Tribunale di Modica, soppresso a vantaggio di quello di Ragusa. Dall’inizio, sembra prevalere nettamente la seconda ipotesi. La battaglia potrà essere stata ingaggiata con le migliori intenzioni, potrà essere giusta, potrà combattere una legge definita “scriteriata”, potrà mirare alla tutela dell’incolumità delle persone ma se le energie si consumano esclusivamente sulla comparazione tra Tribunale di Ragusa e Tribunale di Modica, sulle carenze dell’edificio del primo e sulle eccellenze della struttura del secondo, omettendo ogni conciliazione sui “contenuti “, quindi sull’organizzazione e le sinergie, dei Palazzi di Giustizia è come concentrarsi sull’esaltazione della bellezza di un Tempio senza curarsi delle ragioni per le quali è stato costruito, ossia la cura di edifici interiori profondi fondati sull’intreccio tra l’umano e il trascendente, che trovano riparo, solo apparentemente, all’interno di più o meno magnifiche e più o meno stabili costruzioni, dove facciate, atrÎ, cappelle, altari, navate, colonne, absidi e cuspidi sono solo strofe di mirabile poesia architettonica. Forse ho un po’ esagerato con la similitudine: un Tribunale è molto più materiale di un Tempio, ma l’evidente assenza di propensione al dialogo e di spirito di conciliazione ha esacerbato gli animi, offrendo esempi antitetici alla sostanza della questione: l’amministrazione della Giustizia. E’ come se un’equipe di chirurghi, facendo baruffa per la ricerca di una sala operatoria più o meno funzionale, lasciasse un paziente nelle sue critiche condizioni di salute e al suo destino. Non è una novità che il territorio ibleo sia ad alto rischio sismico e c’è la lucida consapevolezza di contare numerosi edifici staticamente a rischio nei centri storici ma il riservare attenzioni, in questa strenua battaglia, all’incolumità dei soli operatori e utenti della Giustizia rende, a mio avviso, difficilmente incassabile il “credito di credibilità”.

  5. @ Leprenellaluna :
    La sua”umanistica”considerazione soffre di un Pragmatico Senso Politico totale .
    Vada a vedere quanto quotidianamente affollate sono le aule del tribunale , quanti rinvii lunghi e quante prescrizioni incombono .
    Questa lei la chiama Giustizia ?
    I Giudici costretti a tagliare i testi per abbreviare i tempi dei dibattimenti .
    E una bolgia infernale , tipica di uno stato non Democratico .
    Tre i punti che reggono il”piano”di uno stato DemoCratico Civile : Sanità , Giustizia ed Istruzione .
    Ha mai visto un tavolo , che si chiami tale , con meno di tre gambe ? ? ?
    Da tempo sono cosciente che in Italia non è più uno stato DemoCratico , ne tanto meno Civile .
    E la Legge non è Uguale per Tutti . . .
    E la magistratura , oltre alla politica ne sono pieni responsabili , di Tutto .

  6. Gentile commentatore (ometto il nickname per rispetto ad un interlocutore che credo e spero non abbia niente a che fare col terrorismo),

    ho scritto che “l’evidente assenza di dialogo e di spirito di conciliazione ha esacerbato gli animi, offrendo esempi antitetici alla sostanza della questione: l’amministrazione della Giustizia”. Più pragmatico e più politico di così!
    Il dialogo e la conciliazione sono le fondamenta del vivere civile ma sono strumenti in disuso nelle piazze come nei palazzi del potere, politico, economico e giudiziario.
    Perché la politica – cioè l’organizzazione e il governo della città-stato e di chi la abita: l’uomo – faccia quello a cui è chiamata, occorre un ritorno all’umanesimo. Nessun antidoto è più pratico e più efficace per la cura del buon senso, il cui deficit genera oggi soluzioni illogiche e tutt’altro che rispondenti ai problemi che ci attanagliano, senza che ci si sforzi minimamente di trarre lezioni e insegnamenti dagli errori commessi, che si continua a non considerare tali, pur essendo macroscopicamente visibili.
    La democrazia, poi, per funzionare deve reggersi sul dibattito, sull’ascolto, sul dialogo, su convergenze più o meno condivise, e dare risposte concrete alle istanze dell’uomo e delle comunità che costituisce.
    Cos’altro occorre, se non l’umanesimo, per ridare a chi ha la fortuna di lavorare (è vergognoso parlare di sorte, come alla lotteria) i diritti perduti? O al risparmiatore le tutele che l’ingordigia della spregiudicata finanza gli ha sottratto e che l’inerzia della politica non gli garantisce? O, ancora, all’utente della Giustizia il diritto di ottenere quanto attende, prima di andare nell’aldilà?
    Si è chiesto, caro commentatore, perché alla Valle del Belice, squassata e semidistrutta da un violento terremoto cinquant’anni fa, in questi giorni si è commemorato l’avvenimento? Doverosa memoria delle vittime a parte, se ne “parla” da mezzo secolo, ma le mancate risposte alle popolazioni di quei luoghi rimaste accampate per quarant’anni, l’incompiutezza delle opere e i loquaci ruderi ce la presentano come un museo a cielo aperto, a testimonianza dell’ignavia dei governanti e dei governati.
    Qui si parla della preoccupazione per la precarietà statica di edifici destinati all’amministrazione giudiziaria e di una soluzione pronta – ma, a quanto pare, non condivisa, forse perché interpretata come il rimedio a una ferita da sottrazione o soppressione – senza che si dia uguale peso alla precarietà di numerose costruzioni destinate ad altri usi.
    Sì, caro commentatore, oggi soffriamo dell’assenza di un “pragmatico senso politico”. Cioè di quel dialogo su cui costruire, sacrificando un po’ di se stessi, le premesse per il bene comune. Abbandonando la strada del pensiero unico – dettato dalla vanagloria o dal potere pro-tempore, che si ritiene possa valere come soluzione alle altrui aspettative, senza curarsi di badare a costi, disagi e rischi per la collettività – e utilizzando un codice comunicativo che apra gli animi alla ricerca sincera e disinteressata di soluzioni.
    L’individualismo ha soggiogato l’umanesimo e la smania di apparire ci ha distolto dal dovere di essere.
    Sembra di trovarci alle prese con un nuovo dilemma amletico: essere un buon tribunale o essere un bel tribunale? Questo è il problema.

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