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L’America Latina sotto scacco dei cartelli: dal Messico al Venezuela, un potere che non conosce confini

Dal Cartello di Sinaloa al Clan del Golfo, dalle coste dell’Ecuador alle piste della Bolivia: la geografia del narcotraffico è diventata la nuova mappa politica del continente.
Tempo di lettura: 2 minuti

Il più grande sequestro registrato in Bolivia negli ultimi anni è avvenuto il 14 ottobre 2024 (21,4 tonnellate), descritto dalle autorità come il più grande della storia del Paese.

 

di Giannino Ruzza

Il Continente dei cartelli

Dalle Ande al Golfo del Messico, la mappa del narcotraffico non è più fatta di confini, ma di funzioni: chi produce, chi trasporta, chi protegge, chi ricicla. La droga è solo il carburante; il motore è la corruzione. E mentre la povertà spinge nuove generazioni a entrare nel circuito, i cartelli costruiscono consenso: distribuiscono denaro, puniscono i ladri, finanziano feste religiose. In molte zone, lo Stato non c’è più — o peggio, ci convive.
Il risultato è un continente in cui il potere non passa più per i palazzi presidenziali, ma per i porti e le piste clandestine. Finché le istituzioni resteranno fragili e la miseria profonda, i cartelli non saranno un problema da combattere: saranno l’unico ordine rimasto da cui tutti dipendono.

Messico , il cuore del sistema

Il Cartello di Sinaloa, fondato da Joaquín “El Chapo” Guzman e oggi guidato da 3 dei suoi 4 figli, – Ovidio Guzman Lopez “El raton” il più crudele è stato arrestato nel 2023 e deve rispondere di aver introdotto il fentanyl negli Stati Uniti  – e da El Mayo Zambada, resta il centro operativo del narcotraffico mondiale. Controlla rotte, prezzi e alleanze, come una corporation globale. Il rivale Cartello Jalisco Nueva Generación (CJNG), guidato da El Mencho, gli contende il dominio con metodi spietati. Dai loro porti e laboratori passa anche la cocaina prodotta in Colombia, destinata non solo agli Stati Uniti ma sempre più all’Europa.

Colombia e Venezuela: produzione e protezione

La Colombia resta il principale produttore. Il Clan del Golfo, erede delle vecchie AUC, e bande come Los Rastrojos e Los Urabeños gestiscono la filiera tra coltivatori e mercati internazionali. Sul lato opposto, il Venezuela è diventato il grande snodo logistico: il presunto Cartel de los Soles, composto da segmenti delle forze armate, e il temuto Tren de Aragua agiscono come intermediari e garanti dei traffici. Qui il narcotraffico ha assunto una forma nuova: lo Stato che si fa cartello.

Ecuador e Bolivia, nuove frontiere

Nell’Ecuador, un tempo stabile e pacifico, il porto di Guayaquil è oggi l’epicentro di una guerra criminale. Los Choneros, legati a Sinaloa, e Los Lobos, più vicini al CJNG, trasformano i container di banane in vettori di cocaina diretti ad Anversa e Rotterdam. La Bolivia, invece, si consolida come laboratorio silenzioso: tra Chapare e Yungas la produzione cresce, i clan locali si connettono a reti colombiane e peruviane, mentre lo Stato arretra.

Honduras e Nicaragua, il corridoio invisibile

Il ponte centroamericano rimane vitale. In Honduras, gruppi come Los Cachiros garantiscono il passaggio sicuro delle partite, in un paese in cui perfino l’ex presidente Juan Orlando Hernandez è stato condannato a 45 anni di reclusione accusato dagli Stati Uniti di narcotraffico. Le accuse degli Stati Uniti sostengono che abbia accettato milioni di dollari in tangenti da trafficanti, e che abbia aiutato a proteggere traffici di droga diretti verso gli USA, usando le forze di sicurezza honduregne come copertura. Il Nicaragua, più discreto, offre rotte e appoggi politici: meno violenza, più complicità. Ogni chilometro di costa è un nodo di questa catena che unisce Sud e Nord, produttori e mercati.

In America Latina la droga non è solo merce: è potere. Ogni tonnellata di cocaina che attraversa il continente racconta la stessa storia — quella di Stati deboli, governi corrotti e organizzazioni criminali che, passo dopo passo, si sono trasformate in multinazionali del crimine. Oggi, i cartelli non vivono più ai margini del potere: ne sono parte integrante.

 

 

 

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4 commenti su “L’America Latina sotto scacco dei cartelli: dal Messico al Venezuela, un potere che non conosce confini”

  1. L’articolo sembra preparare la base in previsione di quanto accade in quella zona, in modo, come sempre, di far partire la narrazione da questa esatta motivazione.

    In realtà, è necessario sottolineare che, come sempre nella storia recente è accaduto, che serve un casus belli per poter giustificare determinate operazioni che servono per ben altri scopi.

    Chi può credere a questa narrazione, è chiaramente identificato come conservatore europeo filoamericano e filosionista, ormai lo schieramente è palese.

    Una delle più grandi riserve al mondo di petrolio si trova nella valle dell’orinoco, ed il petrolio serve quale disperato tentativo di un’America in declino per far fronte a Cina e Russia.
    E tutti sappiamo, vista la potenza emergente dei Brics, che il dollaro è legato proprio al petrolio.

    I cattivoni di Iran e Russia? Petrolio… Non riuscendo ad assoggettarli, si tentano altre strade per contrastare la Cina.
    Un alro scenario da valutare attentamente, è quello di Taiwan: quanto guadagnerebbero gli USA in caso di guerra per procura (come per l’ucraina), se il conflitto scoppiasse a Taiwan e indebolisse la Cina?
    Prepariamoci…

    E siamo sicuri che sarebbe una passeggiata bombardare o invadere il Venezuela, con gli armamenti russi di cui dispone o potrebbe disporre, oltre al sostegno popolare che ad ogni bomba crescerebbe ancora di più? Aerei abbattuti, navi affondate e quale tipo di battaglia vi sarebbe a terra?

    La provetta dell’iraq è stata talmente una pagliacciata che ha annullato la credibilità totale degli USA per qualsiasi movimento facciano.

    Parliamo di droga? Grazie ai santi Obama e Biden, per gli ultimi 16 anni il mercato della droga americano è cresciuto rapidamente, con quella che chiamano ormai epidemia.
    I cari dem, hanno stabilito che i medici al soldo delle case farmaceutiche, debbano preferire la prescrizione di oppioidi anzichè farmaci, creando una nazione di drogati, questo per via dei costi del sistema sanitario americano. Al 2017, 58 prescrizioni di oppiodi ogni 100.
    Si pensi che anche per ADHD si utilizzano sostanze narcotiche.
    Da qui, diventando di fatto drogati e dipendenti, si passa al Fentanyl, che si trova tranquillamente ed a basso costo per strada.
    Nessuno ha visto le immagini degli zombie per le strade usa?
    Aggiungiamo che la cannabis è legale in metà degli usa ed i dem accelerano la legalizzazione delle droghe nonostante i decessi siano in aumento (+ di 100.000 morti/anno per overdose di droga ed oppioidi).

    Infine, ricordiamo che è dalla guerra del Vietnam che la CIA si è adoperata nella compravendita di droga…

    Quindi, la scusante del narcotraffico, tale rimane solo di facciata e solo per pochi che ci cascano.

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  2. Ecco che preparano il campo per la prossima narrazione. Attaccare il Venezuela per colpa dei trafficanti.
    Attaccano il Venezuela perché possiede più petrolio dei paesi arabi, e siccome gli Stati Uniti sono con il c…..o a terra, ecco che cercano di esportare democrazia in Venezuela.
    Ma loro possono farlo, perché ormai il diritto non esiste, esiste la legge del il più forte. Bombardano imbarcazioni di “presunti” trafficanti che basterebbe fermarle, farle un processo, e semmai arrestarli.
    Pensate se lo facesse Putin, apriti cielo…….

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  3. Ma già lo ha fatto Putin con l’Ucraina 🤣 e ora lo farà Trump con il Venezuela
    Ha stato l’America e l’occidente, maledetti 😂😂😂

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  4. Jack
    Ciò che ha fatto Putin in Ucraina, l’occidente lo ha fatto sempre. Con la differenza che con l’Ucraina bastava rispettare gli accordi di Minsk, invece di provocare Putin.
    Forse per lei gli altri dovrebbero porgere l’altra guancia, e l’occidente fare ciò che vuole? !!! O vuole un elenco? Iniziamo quando avete bombardato Belgrado violando tutti i diritti internazionali…….tanto per fare un esempio…..!! Ha perso un’occasione per tacere.

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