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Il libro di Giorgio Cavallo, “Androcronomachia”…di Domenico Pisana

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Modica ha suscitato sempre forte attrazione e suggestioni emotive nella maggior parte degli scrittori, degli artisti, degli amanti della fotografia, di registi del cinema, di coloro i quali, artisti o meno, l’hanno visitata e conosciuta. Il suo habitat paesaggistico, le sue espressioni artistico – monumentali, la sinfonia e geometria dei luoghi, dei vicoli, dei palazzi , delle chiese e delle sue colline, hanno rappresentato l’oggetto di una immersione letteraria, pittorica, artistica, cinematografica capace di riportare sempre alla luce il fascino di una città ricca di storia e di cultura.
Andando indietro nel tempo, Tommaso Campailla nella sua opera l’Adamo affermava: Modica e tu, né picciola nel Regno, Né minima sarai nel Savio Mondo. Avrai fra eccelsi Ingegni umile Ingegno, Che il nostro canterà saper profondo. Concederatti il Ciel per merto degno, Nobiltà, Popol vasto, e Suol fecondo, Pari al Capo del Regno…, mentre Bufalino in Argo il Cieco, scriveva: “Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze”.
E ancora, Leonardo Sciascia descriveva “Modica un’inaspettata meraviglia… È un effetto bizzarro, unico, qualcosa di addirittura irreale come visto nel prisma deformante del sogno, come un immenso fantasmagorico edificio di fiaba, il quale, anziché di piani, fosse fatto di strati di case. Da questo accastellarsi, svettano campanili e campanili”…
Quasimodo cantava Modica come la “città, alta di terrazzi e di Chiese del seicento”…. mentre Vitaliano Brancati scriveva nel suo romanzo “L’amico del vincitore” del 1932, che “Subito dopo il tramonto, Monserrato non era più un monte, ma una caligine verde di cielo, simile a una vegetazione nuvolosa in fondo al mare tranquillo. All’alba, Monserrato era in colloqui con tutte le rondini della contrada. Le aveva attirate, la sera precedente, coi suoi colori ambigui, che fingevano cocomeri, melegrane, distese di fichi e panieri abbandonati di miele….”.
Ecco, a queste citazioni di scrittori di grande calibro che hanno cantato la bellezza e la storia plurisecolare di Modica, si aggiunge l’opera Androcronomachia. Modica la città dalle molte colline , del poeta e scrittore modicano Giorgio Cavallo, il quale è riuscito a racchiudere nel suo orizzonte la rappresentazione di tanta magnificenza con un testo meritevole di apprezzamento.
E a darci la possibilità di cogliere l’atmosfera e il calore del cammino storico – letterario, artistico, geofisico, urbanistico della città di Modica, unitamente alla ricomposizione di flussi memoriali che hanno visto –come scrive l’autore – “la mitica lotta dell’uomo contro il Tempo”, è proprio la pubblicazione del volume “Androcronomachia” che ha visto la luce grazie all’impegno e all’intelligenza vivace di Giorgio Cavallo, vista la sua forte passione culturale con la quale ha raccontato anni di cammino della città di Modica.
L’opera ha una configurazione semantica chiara e lineare, supportata da una veste editoriale elegante e di raffinato gusto estetico. Il testo si snoda su due versanti: il primo, con una connotazione descrittiva, che ripropone, sulla base di intagli bibliografici, momenti nei quali lo spazio di riferimento risulta occupato da una attenzione alla strutturazione geo-fisica e morfologica della città; il secondo, di natura fotografica, dove l’immagine opera una estensione ed un ampliamento del percorso costruito dall’autore.
E si tratta di un percorso poggiato su una sintesi ordinata, che obbedisce all’intento di Cavallo di porre la “mente” e l’occhio” del lettore di fronte a quel divenire travagliato, a quel tumultuare di fatti, accadimenti e di eventi naturali che si sono abbattuti sulla città di Modica, particolarmente dalla fine dell’800 sino alla fine degli anni ’70. Leggendo l’introduzione dell’Autore e soffermando lo sguardo su tutto l’apparato fotografico fornito da Giancarlo Campailla, l’attenzione non può non posarsi, anzitutto, su quelle atmosfere paesaggistiche e ambientali che caratterizzavano e che ancora oggi caratterizzano Modica : “i ponti” , “le colline”, “i corsi d’acqua”, “la cava”, “i quartieri”, “i vicoli”. Tutto questo ha fatto e fa quasi da background alla bellezza dei palazzi, all’armonia barocca delle chiese, allo slancio dei monumenti, e ha indotto, perfino, a far parlare di Modica come “la più singolare città italiana per condizione topografica, dopo Venezia”
Nella sostanza Androcronomachia è un’opera che giustifica e dà fondamento documentativo alla definizione dell’Enciclopedia Treccani. In effetti, la scrittura di Giorgio Cavallo e il linguaggio delle immagini fotografiche concorrono armonicamente, in questo volume, a far assaporare la soavità e l’armonia di una città che ha saputo mantenere, pur in mezzo a tante difficoltà, il suo fascino e la sua attrattiva.
Modica, non solo città d’arte, città dei sapori, città dalle molte chiese, ma anche la città dalle molte colline, come recita il sottotitolo dell’opera. E gli scorci fotografici che s’accavallano lungo il volume ci offrono l’incanto e l’armonia di queste colline che sovrastano la città adagiata nella valle: Monserrato, il Pizzo, l’Idria sembrano essere i custodi e i testimoni silenziosi di un cammino costellato di fatiche e di passioni. Monserrato, in particolare, sembra suscitare immagini di un mondo mitico, e per questo Vitaliano Brancati non poteva non cogliere la poesia e l’incanto che dalla collina si sprigionano.
Modica, adagiata nella valle, vive delle atmosfere e del respiro di queste sue colline, che si ergono come a difesa della città; esse sono il simbolo della vita, sono quasi lo sprone silenzioso a questo popolo modicano che vuole guardare avanti, al proprio futuro, alla propria crescita, ma che nel contempo non vuole dimenticare la propria storia, le proprie radici, i propri uomini e figli illustri.
Modica vive dello sguardo quotidiano di queste sue colline, che sembrano parlare ora d’amore, ora d’amicizia, ora di sofferenza per le barbarie causate dagli uomini e per gli eventi naturali che l’hanno distrutta, ora di nostalgia per quel mondo semplice e genuino dei nostri padri che incarnavano i valori etici essenziali di una civiltà contadina rimasta indelebile nella memoria.
Androcronomachia, in questo senso, è un libro che ci offre uno spaccato memoriale dei momenti fondamentali della vita che caratterizzavano le campagne del modicano alla fine dell’’800: il lavoro nei campi, la mietitura, la vendemmia, la preparazione della ricotta, i costumi tipici dei casati familiari; insomma, un mosaico ricco e rivelatore di un modo di essere e di vivere la modicanità in un preciso momento storico. Anche il reportage sull’alluvione del 1902 disegna i contorni di quell’evento tragico che sconvolse la città; vedere immagini di piazza Municipio e Corso Umberto il giorno dopo l’alluvione, o il quartiere Vignazza proprio mentre la furia delle acque imperversava tra gli alberi e le case , o ancora l’interno della Chiesa di S.Maria di Betlem abbrutito dal nero e dalla fanghiglia melmosa, crea sicuramente un circuito emozionale che rimane non solo nell’occhio ma anche nella mente e nel cuore.
Scrittura e immagini diventano allora , in quest’opera, quasi un’unica cosa, si fondono e si intrecciano per “dare parola” ad un periodo storico della nostra città; una parola prospettica, multiforme, multicolore e ricca di umanità. Androcronomachia disegna in sintesi:
– le coordinate storiche, architettoniche , barocche, monumentali e trogloditiche della città; colpiscono, ad esempio, le immagini dei villaggi trogloditici della Larderia e di Santa Maria, come pure alcuni momenti che illustrano la visita a Modica del Principe Umberto il 23 gennaio 1943, e l’onorificenza di Mussolini ad un militare modicano a Roma davanti all’altare della Patria;
– le coordinate culturali e dell’istruzione , tracciate dal Convitto Polara Grimaldi, dagli Istituti religiosi e dagli Istituti scolastici;
– le coordinate religiose, illustrate con l’iconografia delle feste di San Pietro, di San Giorgio, della Madonna vasa vasa, e con il Congresso eucaristico del 1939.
Androcronomachia è, insomma, la testimonianza di una città che ha scritto il proprio “romanzo autobiografico” attraverso questa lotta “contro” il tempo e “nel” tempo; un romanzo in cui la parola scritta ha ceduto il passo alle suggestioni delle immagini, grazie alle quali l’opera di Giorgio Cavallo fa arrivare a noi il calore e l’“humanitas” degli uomini che l’hanno abitata; la sofferenza di coloro che ne hanno pianto la distruzione per gli sconvolgimenti della natura; le emozioni per l’armonia dei suoi spazi più intimi e segreti.
In questo volume “parole e immagini” ci offrono il romanzo di una Modica che è cresciuta “a grappoli sulle rocce e sulle grotte seguendo una strada sinuosa, come a spirale”(Sgarbi), e che progressivamente si è allargata affacciandosi e proiettandosi, come in uno specchio, nel suo territorio così vasto ed esteso; un romanzo ove è forte l’intreccio di “storia e memoria”, “fede e passione”, “cultura e tradizioni”, “silenzi e fatiche”, “orgoglio e sofferenza”.
Mi pare davvero interessante, allora, la categoria letteraria entro cui Giorgio Cavallo ha scelto di inserire quest’opera, che è chiaramente il Krònos, il tempo: tempo che ha segnato la città di Modica nei suoi stupori e umori, nelle sue magnificenze e nelle sue carenze. Quello cui fa riferimento Cavallo è un “Kronos plurale”, un tempo cioè che ha attraversato la città in una triplice direzione:
il tempo della bellezza: Modica, città stupenda adagiata nella valle, circondata da torrenti, sorvegliata da colline, superba nel suo splendore barocco, svettante tra vicoli, viuzze, scale e scalini; viva nelle sue ansie culturali, artistiche, forte nelle ambizioni dei suoi figli e nelle loro affermazioni;
il tempo della laboriosità: Modica, città laboriosa, radicata nella cava, nella terra, nella fede religiosa, nella famiglia, nella tradizione valoriale di un popolo che ha saputo sempre guardare in avanti con dignità;
il tempo della barbarie: qui si coglie una certa nota polemica dell’Autore che, con eleganza e stile pacato, sembra mostrare perplessità rispetto al fatto che – si legge nel testo – “un piano elaborato in terre lontane da chi aveva tracciato dei tratti di penna senza scomodarsi dal suo prestigioso studio, cambiò in forma irreversibile l’ornato della Città”.
Il riferimento è, chiaramente, alla demolizione di tutti i ponti per completare la copertura lungo il torrente San Francesco, che diede a Modica la sua via principale, il Corso Umberto. Si crearono, seppure in buona fede, afferma Cavallo, “le premesse perché scomparisse la “Venezia del Sud”. E con questo tono crepuscolare, velato di rimpianto, di sentimenti che bruciano le lacerazioni di un Kronos che sembra aver preso in mano la spugna , con un tono, insomma, che ha il sapore dell’amarezza, l’Autore chiede la sua pagina narrativa, così scrivendo:

Negli anni sessanta del secolo scorso, infine, un improbabile destino industriale portò a divellere scale di ciottoli, – “i cuticci”-, ed il lastricato , – “i valati” -, di piazze e stradoni. Vennero ripavimentati con anonime ed orribili mattonelle di quell’asfalto di cui Modica sarebbe dovuta diventare centro di produzione e trasformazione a partire dalle fasi estrattive nelle Miniere di Castelluccio. Nell’indifferenza generale veniva sconciato, ancora una volta, il bellissimo viso di una delle più ammalianti città di Sicilia”.

Giorgio Cavallo trasporta in questo “libro iconografico” la luce accecante e le ombre inquietanti di questo lembo di Sicilia ; fa rivivere quella tradizione ironica, quel senso così vitale del limite, dell’errore e della forza insieme della fragilità della ragione che ha percorso la cultura dell’Europa moderna. Androcronomachia è immagine di armonia e solarità meridionale, è forza di quella pulsione “barocca” sprigionata dal paesaggio e dalle pietre di questo Sud del Sud, è memoria di un passato che non solo ci appartiene ma ci onora perché radicato in processi culturali di cui la nostra città può vantarsi.
Aver recuperato, con quest’opera, pezzi della storia di Modica ha un senso non solo per coloro che questa città l’hanno amata e vissuta, ma anche per quanti, nel futuro, vorranno assumersi liberamente il compito di farla scegliere come meta di interesse culturale, artistico, pittorico e cinematografico e di farla apprezzare come città dai molti splendori.

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