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Nel deserto del Nevada il litio che può cambiare il futuro

La scoperta di un giacimento gigantesco nella caldera di McDermitt ridisegna la mappa energetica mondiale: tra ambizioni industriali, equilibri geopolitici e le paure delle comunità native.
Tempo di lettura: 2 minuti

Traccia di Giannino Ruzza

La strada  che porta alla caldera di McDermitt attraversa un paesaggio che sembra non finire mai: pianure di lava, colline basse, un silenzio che si apre come un sipario ogni volta che il vento cambia direzione. È qui, tra Nevada e Oregon, che un gruppo di ricercatori ha individuato quello che potrebbe essere il più grande giacimento di litio mai registrato sulla Terra. Un luogo remoto, geologicamente complesso, improvvisamente catapultato al centro della corsa globale verso le batterie del futuro. La caldera di McDermitt – un immenso cratere spento da milioni di anni – è diventata un nodo cruciale nella transizione energetica mondiale. Le analisi preliminari mostrano una concentrazione di litio sorprendente, intrappolata nei sedimenti ricchi di illite, un minerale raro in tali quantità. “Non avevo mai visto valori simili”, racconta Jason Merrick, geologo vulcanologo dell’Arizona Geological Survey. “La caldera ha funzionato come un’enorme casseruola geotermica: il litio è rimasto qui per milioni di anni, concentrandosi in livelli che superano di molto quelli dei principali giacimenti sudamericani di litio che si trovano nel cosiddetto “Triangolo del Litio”, un’area che comprende Cile, Bolivia e Argentina”. Se i dati saranno confermati, gli Stati Uniti si troveranno tra le mani una risorsa strategica capace di ridurre la dipendenza dai mercati asiatici, dominati dalla Cina. Il litio (una nuova corsa all’oro bianco leggero) è il metallo chiave della nostra modernità: dagli smartphone alle auto elettriche, dai sistemi di accumulo domestici alle reti rinnovabili. Più cresce la domanda di energia pulita, più cresce il suo valore. Linda Alvarez, economista dell’energia alla Georgetown University, vede nella scoperta una svolta potenzialmente epocale: “Gli USA inseguono da anni una maggiore autonomia nelle catene di produzione delle batterie. Un giacimento domestico così grande cambierebbe non solo il mercato, ma anche gli equilibri geopolitici. È come se il Paese – ha ribadito – avesse trovato il carburante del XXI secolo nel proprio giardino”. Anche le aziende automobilistiche seguono la vicenda con attenzione. Un giacimento americano significherebbe meno incertezze sui costi, forniture più stabili, investimenti più sicuri.

Non tutti, però, vedono questo futuro con entusiasmo. Nella riserva paiute-shoshone, poche miglia più a nord, la notizia è arrivata come un’eco lontana, poi sempre più vicina. “La terra non è solo risorsa. È memoria e identità”, spiega Mariah Two Rivers, portavoce della comunità. Seduta sotto un portico di legno, osserva le colline che circondano l’antico vulcano. “Temiamo lo scavo profondo, l’uso dell’acqua, la distruzione degli habitat. E temiamo soprattutto l’idea che qualcuno possa decidere tutto senza di noi”. Il litio della caldera tocca dunque un nervo scoperto: il rapporto, storicamente fragile, tra sviluppo industriale e diritti delle popolazioni indigene. Tuttavia, gli esperti invitano alla cautela. Per parlare con sicurezza di “più grande giacimento del mondo”, serviranno anni di studi, perforazioni profonde, analisi stratigrafiche. La scienza si muove con lentezza, anche quando il mondo corre. Merrick lo ribadisce: “Siamo davanti a una potenzialità eccezionale, ma siamo solo all’inizio della storia. Potrebbero volerci cinque anni per conoscere davvero l’estensione del giacimento. E molti di più per decidere come e quanto estrarlo”. Nel frattempo la caldera di McDermitt rimane lì, immobile nel suo deserto antico, al centro di una tempesta di interessi economici, timori ambientali, calcoli politici e speranze industriali. La scoperta del litio americano non è solo una notizia scientifica. È un tassello di una partita più grande: quella della transizione ecologica, della sicurezza energetica e del nuovo equilibrio globale. Forse tra qualche anno guarderemo a questo cratere remoto come al luogo dove è iniziata una nuova era. O forse no. Per ora, la caldera resta un enigma: una vastissima promessa nascosta sotto strati di roccia, attorno alla quale gli Stati Uniti – e il mondo – trattengono il fiato.

 

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