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Pozzallo. Un altro sbarco ieri mentre migliorano le condizioni del ragazzo colpito da arma da fuoco

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Pozzallo, 16 ottobre 2026 Migliorano di pochissimo le condizioni del ragazzo colpito con ogni probabilità dai proiettili dei miliziani libici, nella giornata di domenica, e arrivato a Pozzallo assieme ad altri 139 migranti. “Stiamo comunque parlando di un ragazzo in coma, di un quindicenne – fanno sapere i medici dall’ospedale Cannizzaro dove si trova ricoverato – che ce la sta mettendo tutta per tornare a vivere. Situazione, ovvio, sotto controllo ma siamo ottimisti”. Il ragazzo ha passato la notte tranquilla, fanno sapere i sanitari dell’ospedale etneo e verrà costantemente monitorato per evitare crisi di rigetto.

In mattina ieri, un altro sbarco con destinazione Pozzallo, il quarto in tre giorni. Sono 64 i migranti giunti al porto grande, arrivati all’ausilio dei militari della Guardia Costiera. Tutti uomini, tutti di nazionalità del Bangladesh. Non si registrano criticità sanitarie, pertanto i migranti sono stati tutti stipati dentro l’hotspot del porto. Non è escluso, visto l’affollamento di più di 200 anime all’interno del sito che qualcuno possa essere trasferito in altre sedi (Modica, come altre realtà del Siracusano o del Catanese).
E sulla presunta sparatoria che sarebbe intercorsa fra migranti e soldati libici, dopo i dubbi della Marina maltese che, proprio ieri, aveva sollevato delle perplessità sullo scontro a fuoco, prende adesso parola la Marina militare libica la quale, con fermezza, dichiara di non aver mai sparato contro alcun migrante.
La Marina militare libica ha, difatti, respinto le accuse secondo cui la Guardia costiera avrebbe aperto il fuoco contro imbarcazioni cariche di migranti nel Mediterraneo centrale, definendo tali notizie “infondate e politicamente motivate”. Le denunce, formulate da diverse Ong europee che sostengono di aver documentato almeno sessanta episodi di spari o manovre pericolose da parte di unità libiche, sono state liquidate come parte di una “campagna di disinformazione volta a danneggiare l’immagine del Paese”. In un’intervista concessa ad “Agenzia Nova”, un ufficiale della Marina ha sottolineato che “non può essere affermato in modo definitivo che la Guardia costiera libica abbia compiuto atti ostili o violenti contro i migranti”, aggiungendo che “i rapporti diffusi da alcune istituzioni europee non possono essere considerati del tutto credibili, soprattutto quando provengono da soggetti sostenuti da partiti impegnati in competizioni politiche”.
L’ufficiale ha poi ammesso che “possono esserci azioni individuali che non rappresentano lo Stato libico, la Guardia costiera o la Marina”, ma ha accusato la stampa internazionale di “focalizzarsi esclusivamente su questi episodi”. “La domanda è perché i media scelgono di dare risalto solo a questi fatti, senza pubblicare video e rapporti sulle operazioni di salvataggio? C’è forse una ragione politica dietro questa scelta o un altro motivo? È un comportamento evidente – ha osservato – che emerge dai nostri contatti con diverse testate europee, le quali preferiscono diffondere qualsiasi notizia critica verso la Guardia costiera o la Marina, ma ignorano la maggior parte della realtà, fatta di salvataggi in mare, spesso in condizioni meteorologiche proibitive, di notte e senza disporre di imbarcazioni moderne o attrezzature adeguate”.
Nel corso del colloquio, l’ufficiale ha voluto chiarire la distinzione tra le diverse forze marittime del Paese. “La Guardia costiera libica – ha spiegato – è una formazione militare che rientra nella struttura della Marina e dipende dal ministero della Difesa. È incaricata di proteggere le acque territoriali, contrastare il contrabbando e l’immigrazione illegale, e condurre operazioni di soccorso in mare”. A differenza della Guardia costiera, “l’Amministrazione generale per la sicurezza costiera (General Administration for Coastal Security, Gacs) fa capo al ministero dell’Interno ed è un corpo di polizia con funzioni di sicurezza portuale e contrasto ai crimini marittimi”. Confondere questi due organismi, ha aggiunto, “alimenta equivoci che finiscono per danneggiare l’immagine della Libia e del suo apparato di sicurezza”.
L’ufficiale ha inoltre denunciato la “crescente pressione” esercitata dall’Unione europea, affermando che “la Libia non è il problema, ma una vittima di un sistema disfunzionale”. Il Paese, ha spiegato, “si trova schiacciato fra le direttive europee, che impartiscono ordini senza considerare le difficili circostanze interne, e un flusso migratorio ininterrotto che produce cambiamenti demografici preoccupanti”. “Il problema reale – ha proseguito – risiede nei Paesi d’origine, afflitti da corruzione, povertà, disoccupazione e criminalità diffusa. Tutte queste piaghe vengono trasferite in Libia, dove si registrano quotidianamente furti, traffici di droga, prostituzione e commercio illegale di organi. Tuttavia, i media internazionali preferiscono non parlarne, per ragioni che appaiono puramente politiche”.
L’ufficiale libico, che ha chiesto di rimanere anonimo poiché non è un portavoce né un rappresentante ufficiale dello Stato, ha infine rilanciato un appello alla cooperazione internazionale. “È necessaria una collaborazione seria e costruttiva tra Unione europea, Libia e Paesi di origine dei migranti – ha affermato – per individuare soluzioni autentiche e sostenibili, non iniziative superficiali come quelle a cui siamo abituati. Non si può continuare ad addossare alla Libia tutte le colpe, trattandola come uno Stato privo di sovranità o come un semplice corridoio di transito. Il nostro Paese non può essere ridotto a un terreno di esperimenti di sicurezza condotti da altri”.

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