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La risonanza dell’atto di violenza di Modica Alta. L’introspezione… di Saro Cannizzaro

Tempo di lettura: 2 minuti

L’aggressione di Modica Alta non è un episodio isolato; è la manifestazione di un odio irrazionale e sistemico che prende di mira individui sulla base della loro identità di genere. Colpire una persona in strada a calci è un gesto di brutale disumanizzazione che mira a umiliare e terrorizzare non solo la vittima, ma l’intera comunità LGBTQIA+. La violenza fisica è spesso preceduta e accompagnata da quella verbale e psicologica, alimentata da stereotipi e pregiudizi. Questo evento ci impone una riflessione profonda sul livello di accettazione e sicurezza che offriamo come società a tutte le sue componenti, specialmente le più vulnerabili. La transfobia è una piaga culturale che richiede un impegno costante in termini di educazione, sensibilizzazione e applicazione rigorosa delle leggi contro i crimini d’odio.

Di fronte a un atto di violenza in strada, l’impulso naturale può essere di paura o paralisi. Tuttavia, la solidarietà attiva è l’unico antidoto all’indifferenza. La tua proposta delinea un protocollo d’azione chiaro e pragmatico per chi assiste a tali scene, ponendo l’accento sulla sicurezza e sull’efficacia dell’intervento.

La priorità assoluta è allertare le forze dell’ordine chiamando il 112 (Numero Unico Europeo per le Emergenze). Questa azione è fondamentale perché mette in moto l’unica struttura con il mandato e i mezzi per gestire la violenza, garantire la sicurezza e assicurare la giustizia; registra l’incidente, fornendo una base essenziale per le indagini successive; permette di agire in modo responsabile senza esporsi direttamente al rischio fisico.

L’intervento fisico deve essere una scelta consapevole e ponderata basata sulla valutazione della situazione. Il principio guida è: non mettere in pericolo la propria vita e incolumità.

Si può agire solo se si è in condizioni di sicurezza (ad esempio, l’aggressore è isolato e non armato, ci sono altri cittadini pronti ad aiutare). Se l’intervento rischia di degenerare o di coinvolgere anche il testimone in gravi pericoli (come nell’esempio di un “commando armato”), l’aver chiamato il 112 resta l’azione più importante e responsabile.

Spesso, anche un intervento non fisico (urlare, attirare l’attenzione, creare confusione, chiedere l’aiuto di altri) può interrompere l’aggressione o spaventare l’aggressore, raggiungendo l’obiettivo di fermare la violenza in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine.

L’uso del cellulare deve essere finalizzato alla ricerca della verità e della giustizia, non alla spettacolarizzazione.

Un video è una prova cruciale che può identificare gli aggressori, ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e smentire eventuali versioni distorte fornite dagli assalitori.

Il filmato deve essere immediatamente e unicamente consegnato alle forze dell’ordine. La diffusione sui social media, oltre a violare spesso la privacy della vittima, rischia di inquinare le indagini e trasforma un atto di violenza in mero intrattenimento virale. L’obiettivo è la giustizia, non la visibilità mediatica.

In conclusione, l’episodio di Modica Alta ci ricorda che la violenza non è mai lontana. La risposta più efficace e coraggiosa da parte dei cittadini non è l’eroismo sconsiderato, ma un protocollo d’azione lucido e strutturato che prioritizzi l’intervento professionale, la sicurezza personale e la raccolta di prove utili alla giustizia. La vera civiltà si misura anche nella nostra volontà di non voltare le spalle.

 

ndr. LGBTQIA+ è un acronimo che sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali. Il simbolo “+” alla fine include altre identità di genere e orientamenti sessuali non esplicitamente nominati, rappresentando un universo in continua espansione e diversificato

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1 commento su “La risonanza dell’atto di violenza di Modica Alta. L’introspezione… di Saro Cannizzaro”

  1. Complimenti per l’analisi accurata e i consigli forniti, un vero prontuario per isolare i violenti ed assicurarli alla giustizia

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