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Medioriente: la svolta della “realpolitik” e il ruolo di Trump…di Saro Cannizzaro

Tempo di lettura: 2 minuti

L’attribuzione di questa svolta al Presidente Donald Trump pone immediatamente l’accento su un approccio di realpolitik aggressiva e diretta. In un contesto diplomatico che aveva visto anni di stallo e mediazioni multilaterali complesse, l’intervento risolutivo della Casa Bianca—con un accordo annunciato in prima persona sul proprio social media—suggerisce che la sua influenza diretta e il ricorso a una pressione “transazionale” abbiano superato le vie tradizionali.

Questo successo diplomatico, se confermato dall’implementazione, non è solo una vittoria contro il terrorismo di Hamas, come suggerito. È soprattutto una vittoria della diplomazia americana esercitata con determinazione, dimostrando che l’azione diretta, capace di mobilitare (o costringere) le parti in causa, può superare gli ostacoli ideologici e militari. L’intesa, con il rilascio degli ostaggi e il ritiro parziale dell’IDF, risponde all’imperativo umanitario e politico più pressante, ponendo fine alla fase più sanguinosa del conflitto.

L’accordo appare come una netta battuta d’arresto per la linea dura rappresentata dal governo di Benyamin Netanyahu. La sua retorica bellica, volta a conseguire una “vittoria totale” sul terrorismo senza compromessi, si è dovuta piegare alla necessità del rilascio degli ostaggi e alla pressione internazionale esercitata da Washington. Il fatto che Israele accetti un ritiro, seppur parziale, e uno scambio di prigionieri su larga scala, pur ponendo veti su figure chiave come Barghouti, è un cedimento alla realtà diplomatica che la destra israeliana aveva cercato di evitare a tutti i costi.

Al contempo, l’intesa tra due nemici giurati (Israele e Hamas) ha di fatto “travolto” la “propaganda mediatica della ‘flotilla’” e di tutti gli altri tentativi di polarizzare la narrazione del conflitto solo sul piano emotivo o unilaterale. La notizia del rilascio degli ostaggi e del cessate il fuoco sposta il focus dai campi di battaglia ai tavoli negoziali, un cambio di registro che impone a tutti gli attori mediatici di riconoscere l’effettiva capacità di Hamas di negoziare un accordo di alto livello e, contemporaneamente, l’irrinunciabilità della sicurezza e del ritorno degli ostaggi per lo Stato di Israele.

È fondamentale, tuttavia, mantenere un prudente realismo. Questa è solo la “prima fase” di un piano di pace. I dettagli ancora da definire (come il futuro disarmo di Hamas, la governance post-ritiro di Gaza e la natura di una “pace duratura”) sono i veri test per la stabilità futura.

La gioia per l’imminente liberazione degli ostaggi e per la sospensione dei combattimenti è comprensibile e legittima. Ma la vera pace a Gaza richiede più di un accordo di scambio: necessita della volontà politica di affrontare le cause profonde del conflitto, non solo i suoi effetti. In questo senso, l’accordo di Trump è un risultato tattico eccezionale, ma il cammino verso una soluzione strategica resta lungo e pieno di insidie.

Riuscirà l’influenza della realpolitik statunitense, in questa sua versione muscolare e diretta, a sostenere e imporre anche la fase successiva, quella più complessa e orientata alla costruzione della pace? O l’assenza di un accordo sui punti nodali, come il disarmo di Hamas, renderà questa tregua solo una pausa temporanea prima del prossimo scontro?

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4 commenti su “Medioriente: la svolta della “realpolitik” e il ruolo di Trump…di Saro Cannizzaro”

  1. Orazio ispettore privato

    La notizia fa ben sperare , tuttavia giustamente la diplomazia americana interviene “tempestivamente e efficacemente” , anche se è troppo presto per dirlo , dopo che è stata consumata nel ventesimo secolo una tra le più orrende pagine di crudeltà e barbarie che la storia umana ricordi. Prima dei civili inermi israeliani da parte di un gruppo armato e terrorista , voluto al governo dello stato palestinese e sovvenzionato da chi adesso lo combatte , massacrati crudelmente ; poi un intero popolo palestinese inerme , massacrato e oggetto di inaudite sofferenze e torture , da parte di un esercito tra i più ben armati del mondo , armato da chi stava voltato dall ‘altra parte , dalla parte degli utili dell ‘industria bellica più sviluppata del mondo . L’ umanità nell ‘uomo comune si è attivata rischiando la vita , a posto di molti governi complici , per aprire un corridoio umanitario e contribuire a svegliare le coscienze, dalle distorsioni dei media e dalle edulcorazioni , per focalizzarla sui massacri , sui bambini uccisi o rimasti disabili per sempre , amputati senza anestesia , sugli aiuti umanitari fermi a marcire , sulle file estenuanti per il cibo rischiando di morire . Bisogna interrogarsi veramente su dove va il mondo e su chi ne tiene le redini , svuotando la democrazia di significato e l ‘uomo di dignità . La complicità di chi ha un potere sull ‘opinione pubblica non è da meno di chi ha venduto armi a Israele per massacrare i palestinesi. Adesso ho da fare , devo distrarmi , cercare kaugnat nella cartina geografica e cittadini ivi nati , un hobby per la mia età, meglio del cruciverba, curiosità e interessi fondati sulla mera curiosità, sapere se ci sono pensionati ivi nati e ricevere soddisfazioni alla pagina della emigrazione italiana in Tunisia e del riacquisto della cittadinanza.

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  2. Con questa mossa diplomaticamente costruita penso che Trump abbia messo le mani sul tanto sospirato e desiderato Nobel. I parlamentari ucraini invece respingono la candidatura di Donald Trump come possibile Nobel per la pace. Forse preferivano Biden e suo figlio Hunter come candidati?
    Il Jerusalem Post riporta che Qatar, Egitto, Stati Uniti e Turchia hanno firmato come garanti dell’accordo di pace a Gaza.
    Ma una cosa è certa, la cosa più bella da vedere è la gioia dei palestinesi e degli israeliani alla notizia della tregua e della probabile fine della guerra. Dico probabile perchè i sig.ri Smotrich e Ben Gvir sono alquanto contrari e contrariati a questo scenario di pace. Questi due terroristi vogliono solo l’estinzione del popolo palestinese. Per questo motivo Hamas ha chiesto “garanzie scritte e non orali” riguardo agli impegni di Israele sull’accordo di cessate il fuoco e la fine della guerra nella striscia di Gaza.
    Ora molti rappresentanti politici europei vogliono salire sul “carro dei buoni” e appropriarsi di meriti che non hanno. In primis Giorgia Meloni che va a piagnucolare e rifarsi il trucco da Bruno Vespa. Ma anche questa è “realpolitik”.

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  3. Questo dovrebbe essere il normale per gli uomini che il buon Dio ha dotato di tanta intelligenza.
    Invece si ci scanna e si crede che con la forza si può ottenere tutto , nessuno mai ha sottomesso per sempre con la forza , le parole ,la buona volontà, la ricerca del bene per tutti , questi sono le armi che funzionano, hamas lo ha capito solo dopo averle buscate di santa ragione , i leader storici tutti sotto terra , lo stato da amministrare distrutto, cosa gli è rimasto da salvare ? La pelle un po di amici in carcere e andare altrove con il bottino , dopo cercaranno di nuovo vendetta, ma passerà tanto tempo .
    Israele per liberare i suoi ha rinunciato a tenere al fresco miglia di detenuti Palestinesi, per ogni ostaggio Israeliano innoccente sono stati liberati 10 Palestinesi condannati ,

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