
Composto da due commi, al primo si ricorda che: “è senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica”. La categoria prevista dal primo comma non ha destato particolari problematiche dal momento che all’atto della cessazione del proprio mandato, ogni Presidente della Repubblica, al momento dell’elezione del suo successore e dopo il giuramento di quest’ultimo dinanzi al Parlamento in seduta comune, acquisisce la carica di senatore a vita. L’introduzione di questa figura fu una saggia decisione dell’Assemblea Costituente che non volle “gettare” nella competizione elettorale, chi per anni ha ricoperto un importante ruolo super partes. Nel raro caso in cui il Presidente della Repubblica decida di dimettersi prima della fine del settennato, il mandato di senatore a vita decorrerà a partire dalla presentazione delle dimissioni stesse e dall’inizio della supplenza da parte del Presidente del Senato. Qualora, invece, il Presidente della Repubblica venga condannato per uno dei reati previsti dall’art. 90 Cost. (alto tradimento o attentato alla Costituzione), che comporta la perdita della carica di Presidente, tutto ciò non preclude la possibilità di addivenire senatore vitalizio, a meno che non vi sia la perdita dei diritti civili e politici. Infine, in ipotesi di rinuncia all’assunzione della carica di senatore a vita, questa non può essere tacita, ma solo espressa e portata a conoscenza del Presidente del Senato, per ovvie ragioni di certezza giuridica.
“Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque”. Il secondo comma prevede la nomina di senatori a vita, da parte del Presidente della Repubblica, per coloro che si siano contraddistinti in svariati ambiti. Tale comma è stato oggetto di modifica a norma delle legge costituzionale n. 1/2020, in cui si stabilisce che il numero massimo di nomina del Presidente della Repubblica (inteso come ufficio-istituzione e non come persona fisica) non può, in nessun caso, essere superiore a 5. Pertanto, è stata eliminata l’ambiguità del precedente testo costituzionale, in cui il limite dei 5 senatori a vita era talora inteso come limite massimo di senatori presenti in Senato e talaltra come limite massimo di nomine a disposizione di ciascun Presidente.
Dal punto di vista delle funzioni parlamentari, i senatori a vita sono equiparati ai senatori elettivi e godono quindi degli stessi diritti e doveri. Per ciò che concerne lo status, in dottrina si è dibattuto se questo fosse identico a quello dei senatori elettivi o se avesse una valenza diversa. La tesi maggiormente dominante propende per uno status comune tra senatori elettivi e senatori a vita, con l’unica differenza concernente il titolo da cui deriva l’investitura. È importante sottolineare che, come accade per i senatori elettivi, anche per i senatori a vita sia esercitabile la facoltà di dimettersi, sottoposta alle normali regole ordinarie di voto in Senato.
In definitiva, la ratio legis dell’articolo 59 risiede nella valorizzazione di figure di spicco per l’intera nazione, conferendo loro un ruolo autorevole all’interno del Senato della Repubblica.
1 commento su “L’ora Legale Pillole di Costituzione a cura di Piergiorgio Ricca”
Ringraziamo i 5 stalle per avere ridotto la rappresentanza in Parlamento