
Frammenti di cuore è la terza raccolta poetica del ragusano Giovanni Gulino, giovane affetto da tetraparesi spastica fin dalla nascita, che nonostante le difficoltà, è un attivista che si batte per i diritti delle persone con disabilità, trovando nella poesia lo strumento per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sui problemi legati all’inclusione e alla mobilità. Con le poesie di questa silloge, egli entra nella casa delle muse. Si tratta, infatti, di un testo nel quale l’autore ascolta il proprio “cuore”, dando voce ad una esperienza interiore radicata in un vissuto esistenziale pervaso di sentimenti e di significati personali inconsci.
Il titolo del libro è già un’indicazione del profondo sentire di Giovanni Gulino, il quale utilizza forti immagini per descrivere un percorso di sofferenza e, in ultima analisi, di guarigione; il suo “io lirico” si ritrova a raccogliere da terra “frammenti di cuore”, metafora indicatrice di un’anima affranta che ha subito ferite così profonde da frantumarsi, tant’è che in un verso l’autore dice “vorrei che svanisse il dolore”, verso che rende esplicito il suo tormento interiore.
Tuttavia, c’è nel giovane poeta un forte desiderio di tornare a uno stato di serenità , simboleggiato dall’atto di “alzare gli occhi al cielo, per riveder le stelle”, quelle stelle che rappresentano la speranza, la bellezza e le sensazioni magiche che il dolore ha offuscato.
La riflessione poetica della raccolta si allarga poi a una considerazione più universale sul senso della vita: “L’esistenza dell’uomo / – scrive Gulino – è costellata principalmente da ferite dell’anima”, quasi a voler dire che il dolore non è solo una sua esperienza personale, ma una condizione intrinseca all’essere umano. Certa è, comunque, per il giovane poeta, una cosa: che queste ferite che “stentano a guarire”, limitano la sua capacità di sentire e di vivere appieno.
Nella parte finale della poesia “Frammenti di cuore”, l’immagine del “cuore sanguinante” è particolarmente vivida e dolorosa. Il gesto di accarezzarlo mostra la consapevolezza e l’accettazione del proprio dolore. L’autore percepisce che la guarigione non è immediata, ma avviene attraverso un processo in cui ogni ferita “lacrima”, e solo “guarendo dal dolore” è possibile dare un significato più profondo all’amore:
“ Nella tristezza raccolgo da terra,
frammenti di cuore
vorrei che svanisse il dolore…
Accarezzo il mio cuore sanguinante,
ogni ferita lacrima,
e solo guarendo dal dolore,
riesco a dar significato
alla vera essenza dell’amore,
raccogliendo da terra
l’ultimo frammento d’anima”.
(Frammenti di cuore, p. 79)
Ma che cosa è la poesia per Giovanni Gulino? Egli lo rivela ai suoi lettori nella poesia a pag. 78. Le sue parole descrivono la poesia come un rifugio e un’espressione profonda dell’anima; egli la definisce una “dolce carezza” che rievoca ricordi e allevia la solitudine e il dolore. La poesia è per il giovane Gulino un modo per trasformare le emozioni in qualcosa di nobile; colpisce in particolare il suo pensiero sulla condivisione di questa passione, tant’è che egli immagina la poesia come un ponte che unisce le persone, rendendole – dice in un verso – “portatrici d’amore e d’emozioni”. Significativa la conclusione del testo, ove l’autore evidenzia che la poesia non è solo una forma d’arte, ma un modo per sentirsi “risorti”, per superare le difficoltà della vita fino all’ultimo momento.
Molte immagini del libro di Giovanni Gulino risultano intrise di dolore esprimendo l’accorata partecipazione alla pena del vivere; c’è tuttavia anche un recupero della serenità, assicurato da uno struggente dialogo- monologo ove il giovane poeta costruisce, verso per verso, il valore della sua vita di diversamente abile, portando sulla pagina i mutamenti del suo cuore : serenità e infelicità, gioia e dolore, stanchezza e malinconia, luce e ombra, ma giungendo alla conclusione che è importante non arrendersi alla sfiducia, all’abbattimento, al dolore, alla rabbia e alla delusione, tant’è che nelle poesie Bella è la vita e Il dono della vita, così si esprime:
“…Bella è la vita,
compagna di mille avventure
che con l’amore
aiuta a superare ostacoli…
Bella è la vita
per chi la ama,
per chi sa affrontare
i problemi e non li allontana.
Bella è la vita
per chi la rispetta
e sa aspettare con bontà
tutto quello che da essa desidera,
senza aver mai fretta…
(Bella è la vita, p. 12);
“… Sono un bestemmiatore
so che così facendo non risolvo niente,
dovrei piuttosto ringraziare
una forza soprannaturale
per non avermi dato
un handicap grave
ma a volte è difficile combattere il male
e ci si continua a disperare.
Io ringrazio questa vita trascorsa
anche con qualche difficoltà,
attenderò e accoglierò con gioia
tutto ciò che il destino mi riserverà.”
(Il dono della vita, p. 31)
La versificazione di Giovanni Gulino si snoda con semplicità e con un andamento a volte più lirico a volte prosastico, ma senza dubbio intriso di tutto ciò che aiuta a capire, ad amare, a sperare, a credere nel bene e nel riscatto; dal suo cuore la poesia esce come quel volo estivo di rondini che tracciano di mille disegni il cielo, e così i suoi occhi, in “una tiepida giornata di sole autunnale” , si involano, guardando il mare “con stupore” mentre “Guizzi di luce / penetrano il mare / e il sole / sembra volerlo baciare”.
Toccante e delicata anche la poesia “Viso”, che esplora il senso dell’amore, l’ammirazione per la purezza e la bellezza, la dedizione assoluta. L’editore del libro definisce Giovanni Gulino un “aspirante poeta”; una cosa è comunque certa, che egli possiede un forte animus poetico; è la poesia che cerca il giovane Gulino – direbbe Pablo Neruda; ma i testi con i quali egli si presenta in modo ufficiale al pubblico hanno una resa connotativa correlata a ciò che Montale definiva un “fenomeno di crescita tipico in ogni iter iniziale”.
Per il giovane ragusano è solo l’inizio; il poeta c’è, ma si vedrà più avanti e con maggior chiarezza; le poesie di questa sua prima raccolta, infatti, non hanno tutte la stessa forza evocativa, la stessa efficacia sintagmatica, ma sono tutte espressioni del suo entusiasmo, dei suoi affetti familiari, dell’amore per il prossimo, del suo impegno morale e sociale, della sua spiritualità ; i suoi versi, seguendo i moti dell’anima, registrano sentimenti e sensazioni, rappresentando una sorta di confessione dei suoi migliori momenti.
In questo suo primo libro, Giovanni Gulino insieme alle sue poesie inserisce anche testi di prosa carichi riflessioni, e lo fa con parole di garbata denuncia verso una società che penalizza i più deboli e che non permette ai portatori di handicap di vivere una vita sicura e dignitosa; egli, con la sua anima poetica, si fa cantore di questo forte disagio delle persone disabili, che in una società con una forte frantumazione ontologica rischiano di rimanere ai margini. Nella sua voce si coglie la sua civile amarezza, il pudore mesto che lo assale, la denuncia accesa di una interna tensione, atta a provocare l’insorgere di una più energica sensibilizzazione morale: “…mi metto sempre in gioco…” dice l’autore.
Basta leggere le riflessioni dell’autore, pp. 45-51, dal titolo “Lavoro”, “Diritti”, “L’autobus”, “Politica”, “Società progressista” ,”La diversità, “Attesa”, per capire cosa si agita nell’anima di Giovanni Gulino, la cui interiorità dimostra che la vera guarigione non è solo fisica, ma anche mentale ed emotiva. Il fatto che lui lavori su te stesso coltivando un atteggiamento positivo e guardando al futuro con ottimismo, è un passo fondamentale verso il benessere. La metafora del “timone della barca” che egli utilizza nel testo “Attesa”, è significativa, perché rende perfettamente l’idea di come l’autore stia riprendendo il controllo della sua vita, guidandola nella direzione che desidera.
Non mancano, nei suoi testi di poesia e in prosa, affacci a tematiche sociali, come, ad esempio nella poesia “Ucraina”, e come quelle sulla diversità di cui parla a pag. 49:
“…Credo personalmente nell’ideale dell’inclusività e della cooperazione, afferma Gulino, ma in pochi sanno discutere con dialettica e diplomazia e qualche parola di troppo per opinioni politiche divergenti vola via..”
Ci avviamo alla conclusione ponendo lo sguardo su due bellissime poesie di intensa liricità. La prima è Danza: si tratta di una poesia che utilizza l’immagine della danza come metafora per la vita, a cui Gulino connette poi l’idea che la vita sia un “cortometraggio” che si assottiglia velocemente e rende bene la sensazione del tempo che fugge. L’altra poesia è Cielo:
Rischiara in cielo
una fulgida alba,
s’attende un mattino
di profumato sole.
Profumano le rose
dei giardini, rosse
come le gote del tuo viso,
di bellezza intriso.
Si tratta di un testo molto evocativo e delicato. Il giovane Gulino riesce a creare un’atmosfera di attesa e speranza, dove l’arrivo del sole e il profumo delle rose si fondono quasi con la bellezza di una persona amata. Nei suoi versi la natura e il sentimento si fondono: l’alba non rischiara solo il cielo, ma anche il volto e l’anima, in un’armonia di luce e profumi.
Come si può notare la poesia di Gulino è limpida sia nei contenuti sia nelle espressioni del suo sentimento, che precisa, puntualizza, definisce, dimostra, caratterizzandosi come bisogno dell’anima e del cuore di aprirsi, nel pieno della vita dei pensieri, all’infinito delle memorie e delle fantasie, ai temi delle meditazioni.
La poesia di Giovanni Gulino è poesia delle idee e degli affetti e le parole ne sono le ali. Gli auguriamo di crescere e di accrescere questa sua vena poetica per raggiungere vette più significative. E’ vero, la sua poesia è, a volte, fatta di lacrime, ma anche il pianto fa bene (“Et lacrimae prosunt”, anche le lacrime giovano, diceva Ovidio); è cullata di tenerezze e speranze; è fatta di luci d’alba (“Nei miei occhi chiusi ha radici l’aurora” cantava Paul Èluard).
Insomma la poesia di Giovanni è fatta di tutto ciò che aiuta a capire, ad amare, a sperare, a credere nel bene e nel riscatto.













