
Catania – La Seconda Sezione Penale della Corte d’Appello di Catania, presieduta da Antongiulio Maggiore con giudice relatore Loredana Pezzino, ha annullato la confisca di beni per oltre 23 milioni di euro e revocato la misura della sorveglianza speciale nei confronti di Giombattista Puccio, imprenditore di Vittoria operante nel settore dell’imballaggio dell’ortofrutta. Il provvedimento di restituzione dei beni, confiscati dalla Guardia di Finanza di Catania il 6 luglio 2022, accoglie le richieste del collegio difensivo.
La decisione della Corte d’Appello ribalta il precedente provvedimento emesso dal Tribunale etneo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) locale, che oltre alla confisca prevedeva per Puccio anche tre anni di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Anche questa misura è stata ora revocata.
Secondo l’accusa, ora caduta in Appello, Giombattista Puccio sarebbe stato «storicamente vicino all’associazione mafiosa della Stidda» e avrebbe «grazie al suo appoggio, raggiunto una posizione dominante nel mercato degli imballaggi dei prodotti ortofrutticoli». La Procura di Catania sosteneva che «le società e imprese individuali facenti capo a Puccio fossero frutto della condotta illecita dell’imprenditore, che le ha gestite con metodo mafioso, incrementandone in tal modo la capacità di penetrazione e condizionamento nel mercato».
Il provvedimento di confisca, basato su indagini condotte dal GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catania, riguardava otto società e imprese individuali, un fabbricato commerciale, due auto, un motoveicolo e diversi rapporti finanziari intestati o comunque riconducibili a Puccio e ai suoi familiari. Tutti questi beni sono stati ora restituiti alla famiglia Puccio.
5 commenti su “Beni per oltre 23 milioni di euro restituiti all’imprenditore vittoriese Puccio: annullata confisca e sorveglianza speciale”
Adesso spero che questo signore chieda danni morali E tutto quello che gli spetta.
Inoltre, il risarcimento a carico di chi ha sbagliato le indagini, e non a carico della collettività. Sarebbe ora di finirla di rovinare la vita a persone e famiglie. Ci vogliono prove certe per condannare, non semplici indizi. Chi sbaglia deve pagare personalmente.
Tutto ciò fa paura .
Intanto il signor Puccio con tutti i beni sequestrati sarà andato in forte difficoltà nell’attività lavorativa , conti bloccati ,assegni probabilmente andati in protesto , impossibilità ad acquistare merce per mancanza di mezzi per pagarla .
Probabilmente dovrà chiudere tutto e se ha la forza ripartirà da zero .
Tutto ciò fa paura .
Uno ti condanna
Uno ti assolve
La legge sempre la stessa quella italiana.
Gino, chissà che queste procedure giudiziarie non servono alla salvaguardia del sistema. Chissà!
Prima sono incriminato per reati o presunti tali, devo affrontare un processo e la gogna dell’opinione pubblica, poi faccio ricorso e sono assolto. Questo mi fa pensare che le prove delle indagini sono farlocche e piene di incongruenze per essere facilmente smontate e ribaltate dalla Corte di Appello. Dopo qualche anno mi ritrovo assolto da tutte le accuse, passo per vittima della giustizia ma in compenso non potrò più essere perseguito per lo stesso reato. Oltretutto sarò risarcito per diffamazione dallo Stato ma con i soldi del contribuente.
Ad esempio qualche mese fa in una città del Nord sono stati accusati tre extracomunitari (non so se addirittura irregolari), sono stati difesi da avvocati di un certo peso e dopo il ricorso sono stati assolti dalla Corte d’Appello con la motivazione “il fatto non sussiste”. Ora questi signori che non mi spiego come si potevano permettere avvocati con parcelle salate chiedono 2 milioni di risarcimento per danni morali.
Siete proprio ingenui.
Toto scuffaro
Ci spieghi ciò in cui noi non arriviamo ,per mancanza di informazioni, per mancanza di conoscenze in loco , per mancanza di scaltrezza ,
Ci spieghi tu che noi siamo ingenui .