
Caltanissetta – La Guardia di Finanza di Caltanissetta ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo di circa 50 milioni di euro nei confronti di Emanuele Catania, detto Antonino, noto imprenditore gelese attivo nel settore della pesca e della commercializzazione di prodotti ittici. Il sequestro, di primo grado, è stato emesso dal Tribunale di Caltanissetta – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia.
L’operazione, condotta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caltanissetta con il supporto del Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, ha riguardato un vasto patrimonio comprendente oltre 40 immobili, veicoli, conti correnti, quote societarie, unità navali (pescherecci) e complessi aziendali, con sedi e ramificazioni operative sia in Italia che in Marocco.
Il provvedimento scaturisce da approfonditi accertamenti patrimoniali che hanno coinvolto 45 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche, rivelando una evidente sperequazione tra i redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale osservato tra il 1985 e il 2022.
Emanuele Catania è stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa, avendo fatto parte sin dagli anni ’90 dell’organizzazione criminale Cosa Nostra, in particolare della famiglia Rinzivillo di Gela. Inizialmente assolto in primo grado, la sua condanna è stata confermata in Appello e poi in Cassazione il 15 febbraio 2024.
Le indagini hanno accertato che Catania era un punto di riferimento per l’organizzazione mafiosa, offrendo supporto per il riciclaggio di proventi illeciti e operando in condizioni di favore grazie alla “persuasione” mafiosa, che alterava le regole della concorrenza di mercato. In particolare, è emerso come il settore ittico siciliano fosse ampiamente controllato dalla mafia, che imponeva le proprie forniture di pesce, monopolizzando di fatto il mercato.
Molti dei beni e delle società sequestrate erano formalmente intestati al fratello di Emanuele, Antonino Catania, detto Nino, non condannato per associazione mafiosa, ma coinvolto nell’operazione come “terzo interessato”. La Guardia di Finanza ha ricostruito l’intero patrimonio, evidenziando come la capacità reddituale ufficiale dei nuclei familiari fosse del tutto incongrua rispetto ai capitali investiti, specialmente tra il 1998 e il 2007.
La misura di sequestro, che precede la richiesta di confisca definitiva, ha l’obiettivo di cautelare il patrimonio illecitamente accumulato e sottrarre risorse economiche alle consorterie mafiose, proseguendo il contrasto alla contaminazione dell’economia legale da parte della criminalità organizzata.