
foto: GiRu
A oltre 600 giorni dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, la Striscia di Gaza è diventata il simbolo di una catastrofe umanitaria senza precedenti. Il conflitto, scatenato dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas in territorio israeliano, ha innescato una spirale di violenza che ha trasformato l’enclave palestinese in un cumulo di macerie e disperazione. Secondo le autorità sanitarie locali, oltre 54.000 palestinesi sono stati uccisi, in gran parte civili, tra cui migliaia di donne e bambini. L’intero sistema ospedaliero è ormai al collasso: il 94% delle strutture è fuori uso o danneggiato. Il rischio di carestia è reale e immediato: due milioni di persone sono senza accesso sicuro a cibo e acqua potabile. Più di 17.000 bambini sono morti e decine di migliaia soffrono di malnutrizione acuta. A complicare ulteriormente lo scenario, bande armate locali approfittano della situazione per saccheggiare gli aiuti umanitari, spesso operando in aree controllate dalle forze israeliane. La distribuzione di generi di prima necessità è diventata caotica, incerta, pericolosa.
Nel frattempo, le trattative per una tregua restano bloccate. Hamas si dice pronto a cedere il controllo di Gaza a un’autorità palestinese condivisa, ma solo se Israele interromperà le operazioni militari. Tel Aviv, invece, insiste sulla necessità di “sradicare” Hamas prima di qualunque cessate il fuoco. Anche in Israele cresce il dissenso. Migliaia di cittadini scendono regolarmente in piazza per chiedere la fine del conflitto e il ritorno degli ostaggi. Le critiche al governo Netanyahu si moltiplicano, anche all’interno del suo stesso elettorato.
Proteste a Tel Aviv e Gerusalemme
A Tel Aviv, migliaia di cittadini si sono radunati in piazza Rabin e lungo il viale Ben Gurion per chiedere la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas e la fine delle ostilità. Queste manifestazioni, organizzate da gruppi pro-democrazia, si svolgono regolarmente e rappresentano una crescente pressione sulla leadership israeliana. Anche a Gerusalemme, centinaia di manifestanti si sono riuniti davanti alla Knesset per esprimere il loro dissenso contro l’espansione delle operazioni militari nella Striscia di Gaza e per sollecitare un accordo con Hamas per il rilascio degli ostaggi.
Di seguito il bilancio della crisi nella Striscia.
Secondo il Ministero della Salute di Gaza, oltre 54.000 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio della guerra, con un numero significativo di donne e bambini tra le vittime.
Rischio di carestia: L’intera popolazione di Gaza, circa 2,1 milioni di persone, è a rischio di carestia. Le Nazioni Unite hanno avvertito che 470.000 persone sono in pericolo imminente di morte per fame.
Collasso del sistema sanitario: Il 94% degli ospedali di Gaza è stato danneggiato o distrutto. L’ultimo ospedale operativo nel nord, Al Awda, è stato costretto a chiudere dopo un assedio di 14 giorni da parte delle forze israeliane.
Condizioni dei bambini: Oltre 17.000 bambini sono morti dall’inizio del conflitto, e circa 71.000 sono a rischio di malnutrizione grave.
Prospettive di cessate il fuoco e negoziati
Proposte di cessate il fuoco
Hamas ha dichiarato la disponibilità a consegnare immediatamente il controllo di Gaza a un’autorità palestinese consensuale se Israele interrompe l’offensiva militare.
Risposta internazionale
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione per un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente a Gaza. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno posto il veto, bloccando l’adozione della risoluzione.
Attacchi a strutture sanitarie e operatori umanitari
Ospedali colpiti
L’ospedale al-Ahli di Gaza City è stato colpito da un attacco con drone israeliano, causando la morte di almeno quattro persone, tra cui tre giornalisti.
Operatori umanitari in pericolo:
La Gaza Humanitarian Foundation ha annunciato la chiusura indefinita di tutti i suoi centri di distribuzione di cibo a causa della situazione di sicurezza.
Nel silenzio delle diplomazie mondiali e nell’impotenza delle organizzazioni umanitarie, Gaza continua a morire un giorno alla volta. E con essa, una generazione di bambini cresciuti sotto le bombe, senza più casa, cibo, né speranza.