
Ragusa – si è svolto presso l’Auditorium Santa Teresa di Ragusa Ibla il workshop partecipativo “Verso il Biodistretto degli Iblei”, un’iniziativa aperta a cittadini, imprese, istituzioni e associazioni del territorio per avviare un percorso condiviso verso la costituzione di un Biodistretto nella Sicilia sud-orientale. All’incontro, organizzato dal Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania in collaborazione con SVIMED, Slow Food, Legambiente, , Laboratorio Sicilia 2030 e l’Università di Malta, hanno partecipato oltre 50 persone in presenza e circa 70 online.
L’evento, patrocinato da sei Comuni dell’area iblea (Ragusa, Giarratana, Monterosso Almo, Chiaramonte Gulfi, Ferla e Buccheri), dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Ragusa, da AIAB, dalla Rete Fattorie Sociali Sicilia e dai Gruppi di Acquisto Solidale Mazzarelli e Il Melograno di Ragusa, si inserisce nel quadro della Terza Missione dell’Università, che mira a contribuire in modo attivo allo sviluppo sostenibile dei territori. In questo contesto, docenti e ricercatori del Corso di Laurea in “Gestione dei sistemi produttivi agrari mediterranei”, attivato presso la Struttura Didattica Speciale di Ragusa, svolgono un ruolo importante nel favorire processi di cambiamento ispirati ai principi dell’agroecologia.
Dopo i saluti istituzionali del prof. Stefano Rapisarda (presidente della Struttura Didattica Speciale di Ragusa), del dott. Pinuccio Lavima (presidente del Consorzio Universitario di Ragusa), del prof. Giuseppe Luciano (coordinatore del Corso di Laurea in Gestione dei sistemi produttivi agrari mediterranei) e degli assessori Giovanni Iacono e Giorgio Massari del Comune di Ragusa, è intervenuto il prof. Paolo Guarnaccia, che ha aperto i lavori presentando il Biodistretto come un modello territoriale integrato. Secondo Guarnaccia, il Biodistretto promuove biodiversità, pratiche agricole sostenibili, gestione responsabile delle risorse naturali, giustizia sociale e resilienza ai cambiamenti climatici, coinvolgendo una pluralità di attori in un percorso partecipativo.
A seguire, Giovanni Iacono (SVIMED) ha definito il Biodistretto un vero e proprio “patto locale per lo sviluppo sostenibile”, evidenziando l’esistenza di oltre 950 aziende biologiche certificate nel territorio ibleo, molte delle quali impegnate nell’orticoltura protetta. Ha inoltre ricordato che la certificazione biologica non riguarda solo la qualità ambientale, ma anche quella sociale, in quanto tutela i diritti dei lavoratori e garantisce la sicurezza sul lavoro.
L’intervento di Claudio Conti (Legambiente Ragusa) ha allargato lo sguardo sulle opportunità offerte da un Biodistretto, sottolineando come questo possa contribuire a contrastare il calo demografico delle aree rurali, rafforzare l’occupazione giovanile e femminile, e incentivare il turismo sostenibile attraverso un’offerta ecoturistica destagionalizzata e integrata con la cultura e le risorse naturali locali.
Sul tema della biodiversità alimentare e della qualità del cibo è intervenuta Lina Lauria (Slow Food Ragusa), che ha richiamato i principi fondativi di Slow Food – cibo “buono, pulito e giusto… e per tutti” – per ribadire l’importanza di costruire un sistema agroalimentare equo, che valorizzi le varietà autoctone e i saperi locali. Carmelo Maiorca (Slow Food Siracusa) ha aggiunto che il successo del Biodistretto dipenderà dalla capacità di coinvolgere i piccoli produttori, custodi di pratiche sostenibili, e ha espresso l’auspicio che l’iniziativa possa contribuire anche al rilancio del Parco Nazionale degli Iblei.
Vincenzo Santiglia (Laboratorio Sicilia 2030) ha proposto una visione più ampia, in cui il Biodistretto si configura come “laboratorio vivente” di rigenerazione bioregionale. Attraverso una governance partecipativa, può attivare filiere corte, valorizzare le tradizioni e mobilitare il capitale sociale delle comunità, rendendo possibile la trasformazione di bisogni collettivi in azioni concrete. Una visione condivisa anche da Vincent Caruana (Università di Malta), che ha sottolineato il ruolo educativo del Biodistretto, quale strumento per favorire una cittadinanza attiva e consapevole, capace di affrontare in modo responsabile le sfide ambientali e sociali del nostro tempo.
Alfio Furnari (già presidente AIAB Sicilia) ha ricordato il percorso che ha portato dalla certificazione biologica alla nascita dei biodistretti, come modello territoriale in cui le pratiche dell’agricoltura biologica si integrano con le comunità locali, coinvolgendo agricoltori, trasformatori, tecnici, enti pubblici e consumatori.
Un messaggio di urgenza è arrivato da Alfredo Tamburino (Legambiente Circolo Etneo), che ha lanciato la proposta di parlare di “distretto agroecologico” anziché solo “biologico”, vista l’insufficienza delle riduzioni di emissioni di gas climalteranti nel settore agricolo. Ha, inoltre, ribadito l’importanza di coinvolgere la ristorazione e il turismo come amplificatori di cambiamento e diffusori dei valori ecologici.
Paola Nigito (GAS Mazzarelli) ha portato il punto di vista dei cittadini-consumatori, sottolineando la necessità di dare voce ai piccoli produttori e favorire un modello che metta al centro la comunità e la giustizia sociale. “Il Biodistretto – ha detto – deve essere anche un ponte tra le varie anime del territorio, per costruire un sistema più equo e partecipato”.
Guido Bissanti (Coordinamento Agroecologia Sicilia) ha illustrato le attività in corso, tra cui la costituzione di nuovi biodistretti agroecologici e il primo Congresso Mediterraneo di Agroecologia (AEMED 2025), previsto ad Agrigento. Ha evidenziato l’importanza di produrre documenti strategici per sostenere le scelte dei decisori politici e creare una rete regionale coesa per la transizione agroecologica.
La sessione “Presentazione dei Biodistretti” ha offerto uno sguardo pratico su esperienze già avviate in Sicilia. Alessandro Triantafyllidis (Rete Biodistretti AIAB) ha parlato del ruolo della certificazione partecipativa e di gruppo, utile per alleggerire i costi e facilitare l’accesso ai fondi per formazione e consulenza. Martina Maurer (Valle dei Templi) ha condiviso il lungo percorso di dialogo con Comuni e agricoltori, necessario per costituire formalmente il Biodistretto. Rossella Spanò (Valle del Simeto) ha raccontato una storia di cittadinanza attiva, educazione ambientale, agricoltura sociale e inclusione. Alfredo Calcagno (Monti Erei) ha evidenziato le difficoltà nell’attivare gli enti locali e la necessità di accompagnare gli agricoltori con servizi di supporto e formazione.
Michelangelo Giansiracusa (sindaco di Ferla e Presidente del Libero Consorzio dei Comuni di Siracusa) ha espresso entusiasmo per l’iniziativa, dichiarando la disponibilità delle istituzioni locali a sostenere il percorso. Ha ricordato come lo sviluppo delle aree interne non possa basarsi su assistenzialismo, ma su progetti concreti e duraturi, come quello del Biodistretto.
Anche Salvo Cacciola (Rete Fattorie Sociali Sicilia) ha rimarcato il valore del Biodistretto come infrastruttura sociale, capace di coniugare produzione, inclusione e occupazione, ad esempio attraverso la ristorazione collettiva bio in scuole, ospedali e istituti penitenziari.
La parte conclusiva del workshop è stata coordinata da Emilia Arrabito (SVIMED Ragusa), che ha animato una partecipata sessione interattiva in cui i presenti hanno condiviso visioni, bisogni e proposte operative. Cecilia Tumino (GAS Mazzarelli) ha raccolto le istanze emerse, confermando la volontà collettiva di procedere alla costituzione del Biodistretto degli Iblei, basato sulla cooperazione tra agricoltori, istituzioni, cittadini e mondo della ricerca.
L’iniziativa ha avuto un seguito sabato 31 maggio, con l’evento pubblico “Il GAS scende in piazza”, promosso dal GAS Mazzarelli a Marina di Ragusa, per continuare la conversazione con la cittadinanza e rafforzare il legame tra partecipazione e cambiamento.