
Sabato 5 aprile. E’ il giorno in cui Giuseppe Conte annuncia la prossima liberazione dell’Italia da “questo vergognoso governo”. Si trae ispirazione dal Liberation Day di Trump, che apre le porte alla Golden Age americana grazie ai sostanziosi dazi imposti al mondo. L’atmosfera nella piazza romana è diversa, più accaldata e meno sobria di quella del Giardino delle Rose. Non c’è una surreale tabella monotematica, una lista di tariffe, gran passione del tycoon, destinate ai partner commerciali, ma una macedonia di temi, no alla guerra, no al caro bollette, no al riarmo europeo, sì a più soldi per la sanità, per i lavoratori, sì alla Palestina libera. Nella piazza di Conte non si festeggia l’avvento della ricchezza, si era già festeggiata la fine della povertà, non si urla onestà-tà-tà, ma quello che viene in mente al momento, come vuole la democrazia, lo scontatissimo “viva l’Italia anti fascista” che riscuote sempre il suo successo in nome dell’usato sicuro, e slogan più o meno datati. La piazza di Conte è la piazza dell’immaterialità e dell’illusione, chiamata a credere di poter dare una spallata al governo Meloni – “Oggi costruiamo il primo pilastro dell’alternativa a questo governo” – accusato dal capo dei Cinque stelle e da Schlein, che però ha dato buca, di impreparazione di fronte alla guerra a colpi di tariffe dichiarata dagli States. La piazza di Conte è una piazza composita che acclama la sua star mentre urla “No riarmo, no riarmo, no riarmo” dal palco sotto all’hotel Forum, l’albergo di Grillo nelle sue trasferte romane. All’America Trump ha promesso soldi, tanti soldi a tutti, talmente tanti da non sapere come spenderli. All’Italia Conte non può promettere soldi, di soldi pochi ne sono rimasti in cassa dopo l’esborso di 170 miliardi di euro regalati ai ricchi per ristrutturare immobili di lusso e castelli, uno soltanto identificato. Sulla questione, l’avvocato del popolo glissa, e per far dimenticare l’ingiustizia del suo governo è pronto a un’ingiustizia più grave: barattare la resa ucraina con le bollette del gas. Il 5 aprile, dalla tribuna del popolo Conte sentenzia: “Oggi si rompe quella farlocca luna di miele che Meloni ha costruito con una parte degli italiani con le menzogne e con le bugie”, appaluso. Viene in mente, a proposito di lune di miele, la stretta di mano tra Khalifa Haftar e Fayez al Serraj e Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio, alla Conferenza di Palermo del 13-14 novembre 2018. Doveva essere la svolta di pace in stile Camp David che il governo gialloverde voleva far credere. “Il 2019 in Libia sarà l’anno della svolta”, aveva detto Conte, avendo ricevuto da Trump quello che desiderava: rappresentare per Washington il punto di riferimento europeo privilegiato. Un flop.
2 commenti su “Sabato 5 aprile…l’opinione di Rita Faletti”
Di Conte mi è rimasta impressa l’immagine, appena trombato, di una misera conferenza stampa su un banchetto al di fuori del palazzo.
Come sia ancora qui, per me è un mistero. Ma come per qualsiasi altro politico, o meglio, poltronaro prono a tutto tranne che al bene del paese.
Come un flop è tutta quella che chiamano politica italiana.
Tutti che sbraitano, tutti si strappano le vesti di dosso per i cittadini, per i lavoratori, per la sanità, per l’istruzione, per la sicurezza, ma quando poi devono votare delle cose lo fanno servili e composti. Vedi vaccini, green, woke, guerre, armi e soldi per gli altri.
Però la cosa importante sono le parole che dicono, l’importante è il pensiero, mica i fatti! La Giorgia Nazionale è la narrazione vivente. Poi avrà le sue virtù!
Tutti i leader politici che abbiamo non sono altro che passacarte prescelti (non dal popolo) per portare avanti interessi transnazionali e non nazionali. Se così fosse, i discorsi e gli argomenti sarebbero di tutt’altro spessore. Così come il modo di parlare e di esprimersi. Quindi per il Nazionale ci sono solo parole e bei discorsetti confezionati dai nostri politici a beneficio della collettività, per i fatti ci pensa l’amata Europa. Ma questa è un’altra storia…..