
foto: Giannino Ruzza
Ha esordito così questa sera al Capitol di Pordenone il profeta di Fusignano, colui che ha innovato il gioco del calcio in Italia, Europa e nel Mondo alla fine degli anni ’80. Sacchi nel suo intervento assieme a Leonardo Patrignani, con la presentazione di Antonio Bucci, ha posto una domanda: chi sono gli eroi? “Gli eroi – ha detto – sono coloro che fanno tutto quello che possono, non solo nel calcio ma anche nella vita”. Ha parlato dell’esperienza personale come allenatore, della rivoluzione attuata nel calcio e dei valori che ritiene fondamentali non solo in questo sport ma in tutti gli ambiti. A questo proposito ha ricordato la figura del padre imprenditore che ripeteva che prima di assumere un dipendente doveva conoscerlo e accertarne l’affidabilità, perché “una mela marcia ti rovina tutto il cesto”. Ha anche parlato della politica e della sua invasività, del popolo italiano, “difficilissimo”, dell’ignoranza, invidia e furbizia, caratteristiche degli italiani. “Siamo un popolo difficilissimo, la politica entra in tutti i settori”, ha ripetuto più volte. L’unica volta che non l’ha fatto è quando ha frequentato il corso di allenatore a Coverciano con l’allora presidente della FIGC Allodi davvero straordinario a tenere fuori dalla porta la classe politica guidata dall’allora primo ministro Giulio Andreotti. “Fino al 1800 il nostro Paese acculturava il mondo – ha aggiunto – oggi i nostri ragazzi vanno a lavorare all’estero”. Ritornando al calcio che ha assorbito buona parte della sua vita e regalato tante soddisfazioni, ha sottolineato che la coesione e il gioco di squadra sono tutto. Il Milan era questo, un gruppo forte, coeso e quindi imbattibile. Con ironia ha raccontato alcuni aneddoti divertenti come quello della trasferta in cui mancavano, perché infortunati, quattro pilastri del Milan: Ancelotti, Van Basten Gullit e Donadoni. Durante il volo per un pauroso vuoto d’aria Sacchi aveva sbattuto violentemente la testa contro la capelliera. Il giorno successivo Ancellotti lo chiamò e scherzando gli disse: “mister se vi succedeva qualcosa non sareste finiti neanche in prima pagina”. Fragorosa risata del pubblico in sala. E ancora, “Una volta ci è capitato di rimanere in dieci per l’espulsione di un giocatore, giocavamo in dieci ma la palla ce l’avevamo sempre noi e non loro poverini…”. Altra risata. Ha aggiunto che i giocatori si scelgono per la generosità, l’intelligenza, l’affidabilità e senza il primario interesse per il denaro, altrimenti non si va da nessuna parte. “All’epoca eravamo talmente concentrati nel gioco che non ci aspettavamo, nemmeno Berlusconi che è stato un grande presidente, che ci considerassero la migliore squadra al mondo”. Parlando del suo lavoro ha distinto due categorie di allenatori: i tattici che sono il 100 per cento e gli strateghi. I primi aspettano gli errori dell’avversario i secondi hanno una visione e un obiettivo, e sanno come arrivarci. “Oggi abbiamo nei campionati tutti giocatori stranieri già formati, perché? Perché da noi – ha concluso – mancano gli insegnanti”.
3 commenti su “Arrigo Sacchi a Pordenonelegge: “Chi sono gli eroi”… di Giannino Ruzza”
In pratica Sacchi parla di calcio ma si riferisce al disagio politico che abbiamo oggi. Dove tutto si compra, tutto è comprato!
signor Spinello
E dei vizi del popolo italiano a causa dei quali…….
Sig. Spinello, usanza comune ed intrinseca del regno Savoia omaggiata con l’unità…