Cerca
Close this search box.

La superbia che fa “precipitare negli inferi”…di Domenico Pisana

Sguardo sui vizi capitali tra letteratura e teologia
Tempo di lettura: 2 minuti

La società del nostro tempo è attraversata da fenomeni di devianza e da comportamenti spesso in contrasto con la logica del vangelo, per cui ci pare importante una riflessione teologica sui cosiddetti “vizi capitali” cui fa anche riferimento il Sommo Poeta Dante Alighieri, che nel canto XI del Purgatorio, a proposito della superbia così scrive:

“…Di tal superbia qui si paga il fio;
e ancor non sarei qui, se non fosse
che, possendo peccar, mi volsi a Dio.

Oh vana gloria de l’umane posse!
com’poco verde in su la cima dura,
se non è giunta da l’etati grosse!”
(Purgatorio, Canto XI)
Una lettura dei vizi capitali è sicuramente utile al fine di una comprensione che possa aiutare sia cristiani che persone di altre fedi religiose, sia uomini di buona volontà e non credenti, a riflettere sulla importanza di una retta e onesta coscienza morale in grado di favorire il bene della convivenza civile.
I vizi capitali, com’è a tutti noto, sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la gola e l’accidia. Il numero settenario e l’ordine di successione si fanno risalire a un monaco, vissuto tra il V e il VI, eletto poi papa con il nome di Gregorio Magno. Nel Catechismo della Chiesa cattolica vengono intesi come disposizioni che inclinano al male morale (peccato) e definiti capitali non perché più gravi di altri, ma perché ciascun vizio “è a capo” di numerosi altri vizi. Il termine “capitale” è dunque sinonimo di principale, basilare, cruciale, fondamentale.
Iniziamo il nostro percorso etico con una riflessione sulla superbia, dicendo subito che la parola “superbia” svela già il suo significato profondo a partire da quel “super” da cui è composta. Il termine, che dà l’idea di qualcosa che sta sopra come superiore, eccezionale, straordinario, potrebbe in se stesso indicare un concetto di “eccellenza”, ma spesso diventa vizio e peccato. Nella nostra società non mancano di certo intelligenze dappertutto: nella cultura, nella politica, nella chiesa, nel mondo dello spettacolo, della musica, della scienza, della medicina; non mancano uomini e donne davvero eccellenti e capaci, intellettualmente dotati, ma spesso questa eccellenza, purtroppo, è così autoreferenziale, aggressiva, prevaricatrice e sprezzante da essere in netto contrasto con la logica dell’amore e dell’umiltà del vangelo.
San Tommaso d’Aquino definisce la superbia una “inordinata praesumptio alios superandi”, cioè una disordinata presunzione nella propria superiorità rispetto agli altri. E perfino lo stesso filosofo Friedrich W. Nietzsche (fondatore della teoria del Superuomo) in “Umano, troppo umano” (1851) scriveva: “Chi possiede la superbia in sé, la possiede di solito in forma così brutale, da chiudere istintivamente gli occhi di fronte a essa per non doversi disprezzare”. La presunzione, la superbia brutale è spesso all’origine di relazioni distorte, di rapporti difficili nella famiglia, nella chiesa, nelle relazioni sociali, nei posti di lavori, nella scuola, nella politica, nel sindacato, nei condomini, nei quartieri e lì dove quotidianamente si svolge la vita di ogni persona.
Ma la Bibbia, certamente Parola di Dio per i cristiani ma anche “bomba conoscitiva” per tutta l’umanità,( – così la definì l’ex ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro in un articolo di Famiglia cristiana del 2000) , nonché testo ritenuto anche da protestanti, ebrei, personalità del mondo della cultura italiana, sia credenti sia non credenti, e da noti intellettuali come Massimo Cacciari, Furio Colombo, Umberto Eco, Margherita Hack, Gad Lerner, Gianni Vattimo, Gustavo Zagrebelsky, Tullia Zevi( come documenta Repubblica del 4 Giugno 2007, in “La Bibbia libro di testo a scuola”), cosa dice in merito alla superbia? Quale insegnamento ci offre in ordine a questa inclinazione che è la superbia?
Nella Bibbia si identifica con il peccato “originale”, radice di ogni altra colpa. In Gen 2,15-17 si afferma: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: ‘Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire’”.
Nel linguaggio del racconto cosmogonico biblico, che non è da leggere in senso letterale, “mangiare dell’albero” non indica il mangiare un frutto specifico: l’uva, il fico o il grano, secondo l’esegesi ebraica del Talmud e dei Midrashim , né la famosa mela come a volte si è pensato nella cultura cristiana dell’Europa occidentale, soprattutto a partire dal Medioevo, ma sta ad indicare la ὕβρις (Hýbris) che in greco significa letteralmente “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”, con riferimento particolare all’oltraggio della divinità.
Il “mangiare dell’albero” nel testo biblico di Genesi non indica dunque il mangiare un frutto specifico, ma significa un “volersi fare uguale al Creatore”; ecco cos’è la superbia: il sentirsi un dio, voler essere come Dio, ritenere di sapere, in quanto persona creata libera, cosa è bene e cosa è male, e di essere arbitro del bene e del male morale.
Nella Bibbia ci sono poi tanti altri testi che parlano della superbia. Nel libro del profeta Ezechiele (28,2), il principe di Tiro è così interpellato:

“Il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: io sono un dio, sono assiso su un seggio divino in mezzo ai mari! E invece tu sei un uomo e non un dio! Eppure hai voluto uguagliare la tua mente a quella di Dio”.

E ancora, nel libro del profeta Isaia (14,13-15) sono paradigmatiche le parole del re babilonese:

“Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il mio trono, risiederò sul monte dell’assemblea divina… salirò sulle regioni che sovrastano le nubi, mi farò uguale all’Altissimo!”. Parole di inaudita superbia, che trovano la condanna dal parte del Signore: “E invece, sei stato precipitato negli inferi, scaraventato nelle profondità degli abissi”.

Anche nel libro dei Proverbi e dei salmi la superbia è assolutamente non gradita da Dio, che ammonisce: “Io, la Sapienza, detesto la superbia e l’arroganza” (Prov 8,13), mentre nel Salmo 131,1-2 si legge: “Signore, non si esalta il mio cuore, non si levano superbi i miei occhi, non cammino verso cose grandi o per me prodigiose. Io, invece, ho l’anima mia tranquilla e distesa (lett. pianeggiante): come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia”.
Un ritratto efficace di superbia è disegnato anche da Gesù in una delle sue parabole (Lc 18,9-14), quella del pubblicano ed il fariseo. Il primo stando “a distanza e non osando neppure levare gli occhi al cielo, si batte il petto dicendo: o Dio, abbi pietà di me, peccatore!”. L’altro, un fariseo, “in piedi prega così: o Dio, ti ringrazio di non essere come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri”. Nel Magnificat, infine, i superbi di cuore sono dispersi, mentre gli umili innalzati.
Come si può notare la superbia è antica ed attuale, non riguarda solo alcuni ma tocca i cuori di tutte le persone, credenti e non; si manifesta in molti modi, tra i quali il più subdolo e più diffuso è il carrierismo, che trova spazio nei cuori di coloro i quali aspirano a cariche sociali non per rendere un servizio al bene comune, ma per aprirsi varchi per ottenere potere, popolarità, fama e prestigio. In questo caso, come dice la Bibbia, l’uomo si apre invece la strada verso l’egolatria che è anch’essa idolatria, e che porta dritto verso la “precipitazione negli inferi” e la caduta “nelle profondità degli abissi”. La superbia, dunque, è inconciliabile con la fede cristiana e la carità!

526759
© Riproduzione riservata

2 commenti su “La superbia che fa “precipitare negli inferi”…di Domenico Pisana”

  1. “riflettere sulla importanza di una retta e onesta coscienza morale in grado di favorire il bene della convivenza civile”… eppure, anche a me sembra di aver letto da qualche parte di vizi capitali come l’orgoglio, come il giudizio, il non giudicare gli altri come essenza della nostra fede, mentre ancora oggi si parla di “infallibilità del papa”, di “processi sommari contro coppie omosessuali, contro coppie separate…” e scusatemi se non riesco a leggere in questo il giudizio e la bigottaggine peggiore se non estrema.
    “RIFLETTERE SULLA PROPRIA RETTA E ONESTA COSCIENZA MORALE, DIREI…”

    Il giudizio e l’orgoglio sono la rappresentazione della superbia umana, inconciliabile con la fede cristiana e la carità.

  2. Orazio ispettore privato

    Dunque la superbia in definitiva è la causa prima del male . Non è semplice scovarla in se stessi , se non dopo un cammino che conduce all ‘ umiltà . In base alla mia esperienza personale credo che per molte persone talentuose , in potenza e in atto , sia molto difficile essere umili , spesso la superbia stessa in forma di presunzione li spinge a credersi umili e a farlo credere agli altri . Io, per esempio , ho la presunzione di poter acciuffare un malvivente “adolescentofilo ” e di poterlo fare per primo prima di chi d.d. , dichiarandolo in arresto in forza dell ‘articolo 383 del CPP , ma non riuscirò nell ‘impresa . Oggigiorno la superbia regna insieme all ‘ateismo e al materialismo, ognuno si fa la sua morale e la sua religione personale , quando si crede in un creatore , anch’essa è una rappresentazione personale . Eppure se compriamo un elettrodomestico leggiamo le istruzioni per l ‘uso , se un medicinale il bugiardino, se il creato non si è fatto da solo , come molti credono con presunzione , dove trovare le indicazioni del come vivere e dell ‘ordine secondo natura e secondo la divina volontà.?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Articoli correlati

RTM per il cittadino

Hai qualcosa da segnalare? Invia una segnalazione in maniera completamente anonima alla redazione di RTM

SEGUICI
IL METEO
UTENTI IN LINEA
Scroll to Top