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La propaganda non fermerà Israele…l’opinione di Rita Faletti

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In guerra, ma anche nella vita di tutti i giorni, propaganda e fake news possono essere più pervasive e persuasive del rumore assordante delle armi che potrebbero non bastare a sconfiggere il nemico. Il Wall Street Journal sostiene giustamente che Israele non ha solo il diritto ma il dovere morale di distruggere Hamas. E proprio qui sta il problema che si innesta nel secolare pregiudizio antiebraico, nel pensiero tossico delle sinistre che dal 1967 (la guerra dei sei giorni) identificano Israele come paese colonialista e nel wokismo. Movimento ideologico con venature di totalitarismo, nato tra le élite studentesche delle università americane, il wokismo impone una sorta di autodafé all’occidente, colpevole di mali “sistemici”- ingiustizie sociali, razzismo e sessismo-nei confronti di categorie “discriminate”. Le stesse categorie che quelle stesse università privilegiano, indipendentemente dai meriti, e che discriminano e boicottano gli studenti israeliani. Il tutto con riflessi evidenti nel lessico. Così, se Israele è uno stato colonialista, i miliziani di Hamas non sono terroristi ma “resistenti”, termine usato per chi si difende con le armi ma senza sconfinare in territorio straniero, nel qual caso si parla invece di invasori, e si sorvola sul vile massacro perpetrato da Hamas in territorio israeliano. La barbarie che ha determinato la guerra a Gaza. Saltando intenzionalmente quel passaggio, i bombardamenti dal cielo e l’assedio di terra da parte di Israele, sono utilizzati da Hamas per accusare lo Stato ebraico di aggressione e genocidio. E’ il paradigma assunto dall’aggressore-genocida per spostare la responsabilità del crimine da sé alla vittima aggredita, a cui crede chi va in piazza con i cartelli “Palestina libera, dal fiume al mare”. Lo slogan non specifica di quale fiume si tratti né di quale mare, basta scandirlo. Significa la distruzione di Israele. “Ci sarà un altro 7 ottobre, poi un altro e un altro ancora” giurano i terroristi di Hamas che hanno preso possesso di Gaza nel 2007 dopo aver eliminato fisicamente i rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese, buttandone alcuni dalla finestra. Chi manifesta non si preoccupa di conoscere i fatti e valutarli, si accontenta di dare stura alla rabbia e al rancore accumulati per i motivi i più disparati. Chi manifesta per la Palestina oggi, ieri ha manifestato per la pace contro l’invio di armi all’Ucraina, l’altro ieri contro i vaccini e domani manifesterà a favore di qualche altra diavoleria contro la ragione e il buonsenso. La piazza è il luogo in cui si sdogana ogni istinto, è il meeting point di estranei accomunati dalla stessa pressante voglia di protesta e insurrezione, è lo spazio del risarcimento illusorio in cui la propaganda vince, raccogliendo il risultato della sua incessante operazione di perforazione di menti deboli e facilmente manipolabili, di schiavi indotti a seguire impulsi emotivi e irrazionali. Hamas sfrutta il largo consenso di cui gode e sa che dalle 6 di questa mattina, ora italiana, quando l’Idf a Gaza si è fermato per la tregua di 4 giorni che consentirà lo scambio di 50 ostaggi israeliani con 150 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri di Israele, avrà il tempo per riorganizzarsi e preparare nuovi attacchi. I leader israeliani hanno tenuto duro fino all’ultimo, prima di cedere alle pressioni americane, dei famigliari degli ostaggi, delle opinioni pubbliche. L’Economist guarda alla tregua con preoccupazione: Israele ha dovuto fermare la guerra contro chi ha ucciso, stuprato, decapitato, permettendo a ignobili assassini di utilizzare gli aiuti umanitari destinati ai palestinesi (300 camion di acqua, viveri, medicinali e carburante) per rifornire i loro tunnel del terrore e tendere imboscate alle truppe israeliane, con la complicità di un pezzo della comunità internazionale che cercherà di far prolungare il cessate il fuoco nella speranza di renderlo permanente e impedire così a Israele di continuare la guerra nel sud di Gaza, dove l’intelligence ritiene siano riparati i leader di Hamas. Non succederà. Il gabinetto di guerra di Israele ha dato l’ok alla tregua perché sa che non succederà. Le portaerei statunitensi nel Mediterraneo vigileranno, Netanyahu ha l’appoggio di Biden, consapevole che il cessate il fuoco è nemico della pace, e il sostegno dei governi occidentali, Regno Unito, Italia, Germania e Paesi nordici in particolare e da ieri, in modo esplicito, del vincitore delle elezioni olandesi, Geert Wilders, sionista, filo israeliano convinto e anti islamico “ovvero contro l’immigrazione selvaggia”, come ha dichiarato. Rassicuranti le parole di Biden: “Sia Putin che Hamas stanno combattendo per cancellare dalla mappa una democrazia confinante. E sia Putin che Hamas sperano di far crollare la stabilità e l’integrazione regionale più ampia per approfittare del disordine che ne deriva. Non permetteremo che ciò accada”.

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