
Scicli – Lo Statuto per un Comune è l’anima della democrazia partecipata. Messaggio chiaro quello che il giudice della Corte Costituzionale Angelo Buscema ha lanciato nel corso del convegno, organizzato dal Comune di Scicli e dal consiglio dell’Ordine degli avvocati di Ragusa sul tema “L’autonomia statutaria degli enti locali: tutela costituzionale e promozione dell’identità di un territorio”, che si è tenuto oggi a palazzo Spadaro. Al tavolo dei relatori anche l’avvocato Salvatore Mezzasalma del Libero Consorzio comunale di Ragusa e la segretaria del Comune di Scicli, Nadia Gruttadauria. Buscema, parlando nella sua Scicli cui è legato per i suoi affetti familiari, ha avuto davanti a sè una platea formata in gran parte da giovani avvocati a dimostrazione che i momenti di formazione e di riflessione rappresentano occasioni di confronto e di crescita. Di Statuti comunali si parla da oltre trent’anni. I vari enti li hanno redatti, li hanno rivisti ed aggiornati, li hanno applicati, li hanno offerti alle loro comunità come strumenti utili alla vita democratica del territorio. Ma servono realmente questi strumenti? Se lo chiede il cittadino, cercano di interpretarlo amministratori e politici. A maggior ragione in un’isola, quale la Sicilia, antesignana nell’assegnazione di fondi per la democrazia partecipata. “Gli obiettivi in un territorio nascono dalle forme che ogni comunità si dà – ha detto – per questo occorre offrire alle comunità l’opportunità di potersi inserire nelle scelte amministrative. In questo senso lo Statuto rappresenta ciò che ogni comunità deve conoscere, ampliare ed adattare alle esigenze di essa e nel pieno coinvolgimento di essa”. Un ruolo importante nello sviluppo è quello dell’identità di un territorio. “Il territorio è punto di riferimento per una comunità – ha puntualizzato Buscema – l’attaccamento ad esso attraverso la sua cultura, le sue tradizioni, la sua storia rappresenta il mezzo per vivere una realtà, per migliorarla, per realizzare il benessere della comunità”. Dei Comuni in difficoltà finanziarie si è perso il conto, la sofferenza per gli enti è quotidianità. “La sofferenza comunemente porta unione. E’ auspicabile che una comunità si stringa attorno a chi amministra per far tesoro delle poche risorse disponibili destinandoli ad obiettivi chiari e realizzabili – ha concluso – ecco perchè bisogna fare uno sforzo tutti insieme per poter impegnare al meglio le risorse e credere nel futuro e nelle capacità che ha una comunità per tramandare e dare speranze alle future generazioni”.
Pinella Drago