
L’associazione culturale “Egitto ora” ha accolto nel suo circolo il modicano Domenico Pisana, Presidente del Caffè Letterario Quasimodo. Si tratta di un’ istituzione fondata da un gruppo di giovani che mi mirano allo sviluppo culturale e all’amicizia tra i popoli. E’ una istituzione che viene seguita dal Ministero della solidarietà sociale egiziano.
Abbiamo il piacere, dopo aver contattato telefonicamente Domenico Pisana ed aver conosciuto la sua poliedrica attività di poeta, scrittore, giornalista e teologo morale nonché di fondatore e presidente del prestigioso Caffè Letterario Quasimodo, di porgerle alcune domande .
Com’è nata la sua passione per la letteratura in generale e per la poesia in particolare?
La sua domanda apre nella mia memoria momenti legati alla mia adolescenza. E’ fra i banchi di scuola dello storico Liceo Classico “T. Campailla” di Modica che ho cominciato a scrivere versi. L’input, in quel periodo (eravamo tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70), mi venne dal mio docente di Lettere Saverio Saluzzi, poeta, critico letterario, traduttore con una straordinaria cultura umanistica. Le sue lezioni di letteratura erano lezioni di vita, la lettura dei versi di autori della letteratura italiana e latina, che egli faceva con grande pathos interiore, suscitavano in me un fascino ed una attrazione forte. E’ sin dai miei studi liceali, insomma, che è nato l’amore per la letteratura e la poesia.
Ci può parlare di una sua opera che la affascina di più?
Senz’altro, ma vorrei fare prima una premessa. Il primo momento della mia poesia va dall’esordio con la silloge Nella Sognante casa delle Muse del 1985 fino alla terza raccolta “Oltre il silenzio della parola”(1990). Questa prima stagione lirica nasce dall’immediatezza dell’istinto, dalle cause interne ed esterne che mi si agitavano dentro e che hanno trovato approdo in versi dove la prontezza espressiva non ha precluso l’attenzione al rispetto lessicale, alla scelta delle parole, alle associazioni tra suoni e sentimenti, anzi, da questo periodo si ricava una lirica dove è l’anima che dialoga con il lettore, comunicando direttamente al cuore la problematica esistenziale, i sogni fatti di speranze e di riscatto, la nostalgia delle memorie, le lotte degli uomini, le illusioni, la fragilità dell’essere umano. Il secondo momento della mia poesia comprende le tre raccolte Guardando lembi di cielo (1993), Terre di rinascita( 1996) e Canto dal Mediterraneo(2008), nelle quali si possono scorgere tutte le tonalità dei sentimenti umani: il rimorso, il tormento dell’anima, il male di vivere, il delirio d’emozioni sciupate; la follia e l’amore. Mi definirei in questa seconda fase un accattone di sogni che attende briciole d’amore e che alterna ai sogni le illusioni, ponendo in essere una poesia densa di contenuti e altrettanto ricca da un punto di vista linguistico. E’ nella terza fase, quella della maturità che ho affinato il mio linguaggio e la ricerca poetica, con le raccolte “Tra naufragio e speranza”,(2014) “Odi alle dodici terre”(2016) e “Nella trafitta delle Antinomie”, italo-rumena(2020).
Per entrare nello specifico della sua domanda, la raccolta che mi affascina di più è “Tra naufragio e speranza”, perché è sicuramente un testo epistemologico, un testo che cerca di leggere la crisi dell’uomo contemporaneo nel passaggio dalla modernità alla post modernità.
E in questo quadro di lettura, è assolutamente vero che si ispira al valore della Trascendenza presente in ogni uomo, ma che in me assume una connotazione più ampia, non meramente filosofica, ma teologico-cristiana. Questa raccolta pone lo sguardo su quello che io definisco il tempo del naufragio: naufragano le relazioni tra uomo e donna, tra genitori e figli, tra giovani e adulti; tra datori di lavoro ed operai. E’ il tempo del naufragio delle istituzioni: politica, aggregazioni sociali, culturali, sindacali, partiti, scuola; è il tempo del naufragio delle motivazioni: perché devo impegnarmi, chi me lo fa fare, non cambia nulla. E’ ancora il tempo del naufragio dei sentimenti nel quale si avverte malessere, conflitto, mancanza di pace interiore; è il tempo del naufragio della coesione sociale: viviamo di conflitti, scontri, polemiche, insulti, aggressioni verbali, fisiche. E’ il tempo dei vaffa…E allora nei versi di questo mio libro mi domando: perché tutto questo? Dove è da ricercare la causa di questo naufragio spirituale, relazionale, sociale.
Il lettore vi trova più che delle risposte, delle domande di senso, degli interrogativi che si ispirano, senza alcun dubbio, a principi fondamentali cristiani. Questa silloge ha infatti una collocazione evangelica giovannea, basata sull’ossimoro buio-luce. Ogni verso sfugge all’intimismo per diventare “exemplum mirabile” di una riflessione universale. Una silloge, insomma, in cui le figure retoriche sono funzionali al discorso e il ricorso all’enjambement produce la sensazione del ritmo franto che efficacemente esprime la frammentazione dell’io e dei valori. Ma tutto è proteso verso l’unica speranza, quella di un vero itinerarium mentis in Deum, in cui si fa strada il canto dell’Amore.
Ha già avuto un rapporto o un contatto diretto nella sua scrittura con la cultura egiziana o la poesia nel mondo arabo e egiziano?
Si. I miei contatti con autori del mondo arabo sono recenti. Un primo poeta l’ho conosciuto nel 2018 a Modica, la mia città, in occasione di un reading poetico internazionale. Si tratta del poeta e scrittore Mohammed Ayyoub, di origine palestinese, di professione medico, che da anni si è stabilizzato in Italia. Si tratta di un poeta, di un uomo, di un credente, di una voce di profezia tra Oriente ed Occidente che con i suoi versi sublima la quotidianità quasi con cuore di fanciullo, e che interpreta la sua storia di persona divisa a doppio filo tra le sue radici e quelli della sua nuova terra, che riesce ad innestare germi di trasformazione e cambiamento nella convivenza umana.
Un altro poeta arabo che ho molto apprezzato è Raed Anis Al-Jishi, grazie alla sua raccolta tradotta da Claudia Piccinno e pubblicata dalla casa editrice italiana “Il Cuscino di stelle”. Raed Anis insegna chimica alle scuole superiori. È un attivista per la condizione femminile e per i diritti umani e si occupa di questioni che riguardano i bambini e l’alfabetizzazione. La sua poesia della raccolta “Gabbiani sanguinanti” piace perché è l’attimo della sua sincerità, della sua ebbrezza spirituale, del suo guardare empaticamente la realtà nel suo muoversi tra terrestrità e trascendenza; è dialogo, preghiera, coscienza ed intuizione; è sogno e desiderio espressi con vibrazioni e palpiti che sanno tradursi in una parola poetica sorretta dall’ispirazione e in grado di aprire la porta alla realtà ineffabile delle esperienze interiori del poeta, esperienze che danno sostanza ai suoi desideri.
Un altro poeta del mondo arabo che ho avuto piacere di leggere in Italia nella traduzione che ne ha fatto Claudia Piccinno, è Ali Al Hazmi, nato a Damadd, Arabia Saudita, nel 1970, laureato in lingua e letteratura araba presso l’Università Umm Al-Qura – Facoltà di lingua araba, nel 1992.
La sua raccolta, Una farfalla tatuata, ci porta a pensare all’allodola del Pascoli; se per questi l’allodola era simbolo aereo dell’uomo che si apre a Dio e spende la vita per lodarlo, la farfalla di Ali Al Hazmi è il simbolo di una visione di vita che cerca la libertà, la bellezza, l’amore, il sogno, l’idillio di una condizione relazionale spesso difficile e complessa: forse il poeta vorrebbe essere quella farfalla splendente, appoggiarsi sui fiori colorati e respirare il loro profumo, ma sa di dover fare i conti con la terra, dove si consuma un’esistenza segnata di incontri, di raduni nelle piazze, di senso di frustrazione, di incomprensioni, di rapporti interrotti, di incontri consegnati all’oblio, di sogni, di cambiamenti, di imprevisti, di appagamenti di istinti, di speranze, di quella trasformazione e metamorfosi che diventano l’asse di un realismo che mette il dito sul “nunc fluens” della quotidianità.
I miei rapporti con la cultura egiziana sono molto recenti e hanno avuto origine dalla lettura di un’opera molto interessante pubblicata in Italia dalla docente universitaria del Cairo Wafaa Raouf El Beih, dal titolo La poesia italiana di James Sanua, nato nel Cairo nel 1839 e morto a Parigi nel 1912, giornalista, attivista nazionalista e drammaturgo, poeta e scrittore.
Leggendo la poesia di Sanua ho trovato in lui un poeta visionario che offre nei suoi versi un contesto situazionale legato alla realtà storica dell’Egitto che racconta, se è vero che dai suoi versi trasudano le articolazioni storiche, politiche, sociali, religiose, nonché le idealità, le passioni, le difficoltà e le speranze del suo tempo; nella sua opera si trova, in particolare, la visione di un tempo di rinascimento, che egli profeticamente vedeva profilarsi all’orizzonte e di cui appariva fiero.
Wafaa Raouf El Beih è un studiosa, scrittrice e traduttrice di notevole spessore, che opera molto a livello letterario con l’obiettivo di incrementare lo scambio culturale tra Egitto e Italia.
Nei giorni scorsi ho poi conosciuto un giovane egiziano, Hossam Barakat che vive al Cairo, laureato in Lingua e Letteratura italiana presso la Faculty of Al-Alsun Ain Shams University, un giovane esordiente di cui ho letto alcune poesie inedite e che si affaccia con grande passione alla poesia. E’ musulmano sunnita, di orientamento politico riformista, e diverse sue poesie vengono pubblicate dal blog “Alidicarta.it”.
Lei è stato in Egitto?
Non sono mai stato in Egitto, ma ne conosco a grandi linee la storia, la civiltà, e quello che mi piacerebbe approfondire sarebbe un dialogo interreligioso tra il mondo cristiano e quello musulmano, atteso che l’identità egiziana si è evoluta nel corso di un lungo periodo per accogliere l’Islam, il cristianesimo e l’ebraismo.
Quali sono i posti che, nel caso di una sua venuta, vorrebbe visitare e perché?
Certamente suscitano in me un grande fascino quei luoghi che affondano le radici nella mia fede cristiana e nella cultura biblica; quando immagino il deserto, il Mar rosso, il Monte Sinai, il fiume Nilo, le Piramidi penso alle grandi emozioni che sono in grado di suscitare tutti questi luoghi.
Per non parlare poi di templi, musei e necropoli e della Biblioteca Alessandrina, importante centro di cultura dell’area del Mediterraneo. Conoscere tutta questa realtà solo dalla lettura di testi in circolazione non è la stessa cosa che visitarli, toccali, respirarne gli odori, i sapori, meravigliarsi della grandezza di una civiltà, della bellezza e del fascino di una storia secolare. Mi auguro di poterli visitare.
Ossama Fawzi
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Ossama Fawzi, egiziano, si è laureato in Lingua e letteratura italiana nella Facoltà di Al Alsun; insegna italiano in un Liceo e svolge attività anche nel settore turistico. E’ uno dei responsabili dell’associazione culturale “Egitto ora” ed uno studioso di Ungaretti, tant’è che sta per conseguire un Master in studio stilistico e linguistico del “Porto sepolto” di Ungaretti.