
Dagli arresti domiciliari al carcere, il passo è stato breve. La giunta militare del Myanmar ha annunciato che la leader e vincitrice del Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, destituita dopo il colpo di stato perpetrato all’inizio di febbraio 2021, è stata incarcerata nella prigione della capitale asiatica Naypyidaw. Il portavoce della giunta militare al potere, Zaw Min Tun, ha riferito che Suu Kyi è stata posta in isolamento “secondo le leggi penali vigenti” assicurando che sarà trattata rispettosamente. La 77enne Premio Nobel per la Pace, già agli arresti domiciliari, deve affrontare diverse accuse mossele dai golpisti, tra cui spicca, tra gli altri (avrebbe incassato una tangente di 600mila dollari e dei lingotti d’oro) la violazione della Legge sul Segreto d’Ufficio. Sia la cittadinanza che le organizzazioni non governative hanno categoricamente ripudiato le decisioni prese della giunta militare nei confronti della loro leader, denunciando l’escalation degli omicidi e della repressione perpetrati dalle forze militari nell’ambito del rifiuto popolare di accettare il colpo di stato, violando la legge internazionale sui diritti umani. Si stima che più di 2.000 persone abbiano perso la vita per questo motivo nell’ex Birmania. Gli avvocati di Suu Kyi ritengono che le accuse a suo carico siano infondate e facciano parte della messa in scena imposta dal capo della giunta militare, il generale Min Aung Hlaing. Giunta che tra l’altro ha minacciato, gli avvocati che compongono la difesa della ex leader, deposta dopo il golpe del febbraio 2021, di astenersi dal rilasciare ulteriori dichiarazioni alla stampa internazionale.