
di Giannino Ruzza
Le proteste di piazza per chiedere le dimissioni del primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, sono proseguite anche questo venerdì nella capitale Yerevan. Manifestazioni coordinate e guidate dal leader dell’opposizione parlamentare, il quale attraverso il tam tam lanciato sui social ha portato in piazza a manifestare migliaia di persone, al grido: Pashinyan traditore figlio di puttana, vattene! Città paralizzata anche dal continuo afflusso di gente nelle piazze centrali che ha finito per mettere in difficoltà l’intervento delle Forze dell’ordine, incapaci di controllare la pressione esercitata da una marea di gente esasperata e poco disposta a mantenere il controllo dei nervi. Chiedono un cambio radicale della politica al capo del governo. Le proteste sono iniziate il primo maggio durante la celebrazione della Festa dei lavoratori, nella quale erano state preannuciate nei giorni a venire altre giornate di protesta e disobbedienza. Il leitmotiv delle proteste è legato al futuro dell’enclave del Nagorno-Karabakh, al centro di una guerra tra Armenia e Azerbaigian iniziata alla fine del 2020 in cui quest’ultima nazione aveva prevalso nel breve conflitto armato. Una resa disonorevole che gli armeni non hanno mai digerito. A seguito di un cessate il fuoco negoziato dalla Russia, l’Armenia ha dovuto cedere vaste aree di quella regione, creando notevoli problemi alla popolazione residente del Nagorno-Karabakh, ora sottomessa agli Azeri. I manifestanti ritengono a ragion veduta che questo accordo abbia umiliato il Paese e che Pashinyan sia considerato autentico traditore della patria. In fondo le continue proteste della popolazione sono rivolte al governo affinché tratti la riconsegna di parte dell’enclave con i confinanti filo-russi dell’Azerbaigian.













