
Tira una brutta aria in Colombia dopo gli annunci fatti dall’opposizione al governo. “Abbiamo deposto le armi fidandoci della parola dello Stato, e a tutt’oggi i nostri compagni continuano ad essere assassinati in diversi dipartimenti della Colombia” ha detto Carlos Antonio Lozada, senatore del partito politico FARC (Común Alternative Revolutionary Force). “Vogliamo che la società civile capisca che questo genocidio deve finire, se non vogliamo che il conflitto armato riprenda” ha detto Lozada. Una presa di posizione la sua che ha convinto il presidente Ivan Duque a ricevere una delegazione di veterani. Gli ex combattenti delle FARC sono giunti a Bogotà con bandiere bianche, striscioni e frasi anti violenza. Una manifestazione denominata “Pellegrinaggio per la vita e la pace”. Si tratta di ex membri della guerriglia comunista FARC, in marcia per chiedere al Governo maggiori garanzie di sicurezza, dopo i 236 omicidi di ex rivoluzionari, nonostante da tempo abbiano deposto le armi. Un conflitto iniziato mezzo secolo fa, che ha insanguinato il terreno di 260.000 morti e milioni di sfollati. Preoccupazione è stata espressa anche dalle Nazioni Unite, nonostante l’accordo di pace del 2016 avesse consentito la smobilitazione di circa 13.000 membri delle FARC. La storia della Colombia rammenta, inoltre, che dal 1984 al 2002, sono stati uccisi circa 4.000 dissidenti di sinistra dell’UP. Omicidi che l’Unione Patriottica, attribuisce a squadre paramilitari di estrema destra sostenute dall’esercito. L’Up si era staccata dalle FARC per non aver accettato la decisione degli ex compagni di firmare l’accordo di pace con il Governo nel 2016. Mentre il leader delle FARC, il pastore Alape, ha detto che i colpevoli sono “i poteri forti che beneficiano della guerra e della violenza”. Da parte sua il presidente Duque ha garantito che sta totalmente rispettando gli accordi di pace firmati nel 2016 e a individuato nei gruppi dissidenti e altre unità armate illegali (trafficanti di droga) i veri responsabili degli omicidi.