
Per gli anziani la memoria è un bene fondamentale. Conservarla può migliorare notevolmente la qualità della vita, perciò occorre saper allenare la memoria. Ma non bastano solo i farmaci. Serve anche uno stile di vita adeguato e inserito in rapporti sociali-affettivi vivi. Senza escludere una sana attività di movimento. Tutti fattori che si integrano nella definizione di “invecchiamento attivo”. E’ questa una delle priorità che si è posta Anteas Ragusa nella programmazione per la stagione 2020-2021 in fase di definizione nel corso di queste settimane. “Dopo un confronto con gli esperti e facendo tesoro delle esperienze che abbiamo accumulato nel corso di questi anni – afferma il presidente di Anteas Ragusa, Rocco Schininà – abbiamo individuato, per prima cosa, le cose da evitare e ridurre: il fumo, eccessivo consumo di carne, uno stile di vita sedentario, dimenticarsi di controllare regolarmente la pressione. Queste poche ma vitali regole sono state sintetizzate in un celebre studio dello statunitense Brigham and Women’s Hospital di Boston secondo cui, uno stile di vita sano, anche se adottato quando si sono già superati i 70 anni, può costituire la chiave di volta per aggiungere altre 20 candeline sulla torta. Per tagliare il traguardo degli ambiti 90, in altre parole, darsi da fare con l’attività fisica, mangiar sano e buttare il pacchetto di sigarette nel cestino, ad esempio, diventano fattori determinanti, in barba anche a quel che è scritto nei geni. Vivere a lungo dipende per buona parte percentuale dalla genetica. I ricercatori americani hanno calcolato che, sotto questo aspetto, il Dna conta per un buon 30%. Ma la novità a cui sono giunti, con il loro lavoro, è che uno stile di vita salutare può incidere molto di più”.
“Se si tagliano fuori dalla propria vita tutti i fattori di rischio, ad esempio – continua Schininà – la possibilità di tagliare il traguardo sale del 54%. Ma se si è pigri e al movimento si preferisce la vita sedentaria, la percentuale scende già al 44%. Con la pressione alta, la possibilità di arrivare ai 90 cala al 36%, se si è obesi al 26%, se si fuma al 22%. Quando sono tre i fattori di rischio che continuano a caratterizzare la propria vita – ovvero sedentarietà, diabete e obesità – la percentuale scende ulteriormente, raggiungendo un timido 14%. Crolla, infine, se sono cinque i fattori di rischio con cui si convive. In tal caso, infatti, la possibilità di raggiungere i 90 anni scende al 4%”.
Poi ci sono altri aspetti. Come quelli che riguardano gli alimenti “salva-memoria”. “Pesce e olio – spiega Schininà – contengono omega-3. Il Dha (acido docosaesaenoico) è un’ottima fonte di omega-3, un acido grasso che si trova soprattutto nei pesci (e negli alimenti vegetali come le alghe), che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello, a partire dalla nascita. Le persone che hanno consumato pesce almeno una volta alla settimana presentano un rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer inferiore rispetto a chi invece non ne assume. Pesci grassi come il salmone, il tonno, lo sgombro, l’aringa, la trota e le sarde sono ricchi di Dha. Insomma, occorrerebbe cercare di consumarne almeno 240 grammi a settimana. In più le verdure crucifere, come cavoli e broccoli, non solo forniscono vitamine e fibre, ma aiutano anche a mantenere il nostro cervello giovane e attivo. Un recente studio della Rush University (Chicago, Stati Uniti), che ha coinvolto circa 1.000 adulti, ha scoperto che coloro che mangiavano ogni giorno almeno una porzione di verdure a foglia verde – come spinaci, cavoli e rucola – sono risultati circa undici anni più giovani in termini di salute cognitiva rispetto a coloro che ne consumano quantità ridotte. Il mantenersi attivi, il continuare ad esercitarsi è, in ogni caso, una condizione necessaria e sufficiente per assicurare un adeguato stato funzionale alla nostra mente. Se consideriamo la mente come un muscolo, l’esercizio può portare indubbiamente a dei benefici. Se, invece, consideriamo la mente come un sistema complesso in cui gli aspetti cognitivi ed emotivi interagiscono continuamente tra loro, allora bisognerà pensare a delle attività che si basano su una valutazione di come cognizione ed emozioni influenzino l’invecchiamento, per rispondere in modo adeguato alle preoccupazioni della persona che invecchia e che vive i fallimenti della propria memoria come un indice di sviluppo di una patologia neurodegenerativa. In genere, la prima memoria a decadere è quella a breve termine, non tanto quella relativa a eventi accaduti molto tempo addietro. Per contrastare il più possibile questo processo, suggerisce lo psicoterapeuta, è fondamentale la ginnastica mentale, ovvero qualunque tipo di compito che obblighi la persona a far lavorare la memoria a breve termine. Sono certamente utili i brain games, come i giochi enigmistici, ma qualunque altro compito mentalmente impegnativo potrebbe dare gli stessi risultati. Ed in questo senso ci siamo già mossi e sicuramente potenzieremo questo aspetto con attività specifiche a cominciare dalla prossima stagione”.