Da qui a poco prende avvio il nuovo anno scolastico. E parte anche una mia rubrica dedicata alla scuola. Per me inizia il quarantesimo anno in cui ascolto il suono della campanella, e debbo dire che, a parte la stanchezza, i mutamenti e le contraddizioni che la scuola italiana vive, sono pronto a dedicare, ancora per un po’, la mia vita ai giovani, molto diversi dalle generazioni precedenti.
Oggi, infatti, è convinzione generale e sempre più diffusa che la scuola è in forte crisi di identità. Da parecchi anni è in atto un dibattito nel Paese a livello politico, sociale, culturale, pedagogico, ma i risultati della riflessione appaiono poco significativi e rilevanti, e, a volte, contraddittori.
Non c’è dubbio che l’introduzione dell’autonomia scolastica è stata una conquista positiva, perché favorisce il pluralismo educativo, stimola nuovi processi culturali formativi e creativi relazionati al territorio in cui opera la scuola, e perché apre orizzonti di attività curricolare nei quali viene superato il fenomeno della omologazione didattica, che, spesso, costringe a camminare su percorsi di insegnamento troppo rigidi e standardizzati. Ma è pur vero, dall’altro lato, che nelle scuole italiane c’è un clima di sfiducia e di disorientamento e molti docenti, con una lunga esperienza professionale alle spalle, hanno deciso di andare in pensione nonostante, ancora, nelle condizioni di poter rimanere in servizio, perché prende sempre più piede l’aspetto “gestionale-burocratico”, manageriale e d’immagine”, così da indurre le singole scuole a darsi una “verniciatura d’immagine” legata ad una progettazione di attività e iniziative di stampo associazionistico su temi , sicuramente importanti, ma che hanno finito per marginalizzare il “proprium” delle varie discipline: mi riferisco al bullismo, al cyberbullismo, alla mafia, all’ambiente, all’alimentazione, alla legalità e quant’altro.
Del resto, è pur vero che le famiglie di oggi non chiedono più alla scuola che i loro figli acquisiscano una formazione culturale e che abbiano una preparazione , ma che siano promossi, per cui l’idea che la promozione non si nega a nessuno è qualcosa che sta permeando tutti gli ordini e gradi scolastici.
Sono convinto, invece, che quando si insegnano bene le materie già presenti nei curricula scolastici, sicuramente apparirà, con tutta pienezza, la loro grande valenza culturale sul piano dell’educazione e della comprensione e acquisizione dei grandi valori umani e civici di cui oggi i nostri giovani hanno bisogno di impossessarsi: amore, solidarietà, giustizia, legalità, rispetto dell’interculturalità, dell’ambiente , non violenza , tolleranza, etc..
Dunque, oggi insegnare appare una scommessa che chiama in causa la professionalità dei docenti e la loro capacità di relazione educativa. E’ importante, però, capire che cosa si intende per educazione, per relazione educativa, perché è all’interno di quest’ultima che può trovare collocazione l’insegnamento di una disciplina scolastica.
Ogni relazione educativa ha infatti una storia a sé: la relazione educativa in una classe non è uguale a quella di un’altra, perché condurre un “gruppo – classe” non è un fatto di automatismo: se alcuni alunni durante l’attività didattica mostrano comportamenti indifferenti o disimpegnati, o al contrario comportamenti collaborativi e partecipativi, questi comportamenti sono sicuramente il risultato di emozioni, le quali emozioni hanno alla radice dei pensieri che sono stati determinati da stimoli ricevuti dagli allievi nel rapporto con il docente, il quale non è uno psicologo né un psicoterapeuta, ma una figura autorevole del sapere rispetto all’allievo.
Voglio servirmi di cinque immagini per delineare alcuni concetti sul senso dell’educazione e della relazione educativa nella conduzione del gruppo classe, servendomi delle parole di grandi autori e del loro pensiero nelle sue forme espressive.
1.La prima immagine la prendo da Marco Fabio Quintiliano, vissuto tra il 34 e il 96 d.C, che nella sua opera “Institutio Oratoriae” così scrive:
“Come un vaso dalla bocca stretta difficilmente si riempie se vi servi il liquido in abbondanza, perché finisce col traboccare, si riempie se invece il liquido vi viene versato a poco a poco, e addirittura a goccia a goccia, e così si deve agire con le menti dei piccoli.”
Da questa immagine se ne deduce che una buona relazione educativa deve tener conto di due elementi: la continuità e la gradualità. L’educazione è un processo continuo, parte dalla “culla”, cioè sin dalla tenera età e accompagna una persona non solo fino al compimento degli studi ma alla sua maturità, ed anche alla vecchiaia, per non dire fino agli ultimi giorni della sua vita. Questo concetto, tanto antico, rispecchia quella idea dell’educazione permanente di cui il sistema scolastico europeo si è fatto interprete in questo nostro tempo. L’educazione deve essere graduale perché l’educazione deve procedere adeguando le difficoltà alle successive fasi di sviluppo della persona.
2.La seconda immagine la prendo da Charles Dickens, grande scrittore dell’800, il quale ci dà una bella metafora utilizzabile, a mio avviso, sul piano della relazione educativa:
“Lega un albero di fico nel modo in cui dovrebbe crescere, e quando sarai vecchio potrai sederti alla sua ombra”.
In questa immagine c’è una lezione di didattica dell’educazione che passa attraverso l’albero, la sua crescita, i frutti della crescita, l’ombra. La provocazione che viene da questa immagine di Dickens è molto forte: quando i docenti saranno anziani, potranno essere fieri dei giovani passati dalle loro classi se la loro sarà stata una buona relazione educativa, se saranno stati capaci di educarli e farli crescere nel modo giusto, e allora potranno sederci “all’ ombra”, cioè potranno godere di quanto questi ex studenti avranno saputo realizzare positivamente per loro e per la società.
3.E vado alla terza immagine che prendo dal grande Giacomo Leopardi, il quale nello Zibaldone,1817/32 (postumo 1898/1900), afferma:
“Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità, che la vita giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desideri; di volere che gli ammaestramenti, i comandi e la forza della necessità suppliscano all’esperienza”.
C’è qui un’altra grande lezione sull’educazione. Leopardi ci dice quale è l’errore che può compiere un docente nella relazione educativa: volere gli studenti a propria immagine e somiglianza. Se oggi un docente, tanto per fare un esempio, è, a differenza dei giovani, distante da internet, da Facebook , dalla tecnologia e pensa che nel suo processo educativo tutto questo sia inutile; se un docente vuole, come dice Leopardi, che “la vita giovanile non differisca dalla matura” , minimizzando o addirittura disprezzando “la differenza dei gusti e desideri”, questo è un docente che deve – diremmo noi oggi – mettersi in discussione, che deve fare una ponderata riflessione per una “ri-comprensione della propria azione educativa .
4.La quarta immagine la prendo da Stuart Mill, filosofo ed economista britannico, uno dei massimi esponenti del liberalismo e dell’utilitarismo, che nella sua opera “Sulla libertà”(1859), così scrive:
“La natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnato, ma un albero, che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente.”
Anche qui ritorna l’immagine dell’albero e un’ altra lezione. La relazione educativa non può essere un processo fatto di gesti automatici, stantii, ripetitivi, tutte cose che fanno le macchine, né si può pensare che l’uso di tecniche per una buona relazione educativa sia la panacea di tutte le difficoltà; come un albero, quando comincia a crescere, si espande con i rami in tutte le direzioni, di qua e di là, così è il processo educativo: i nostri alunni sono questi alberi che crescono, non sono recipienti da riempire né macchine, ma persone nelle quali il docente – come sostiene Mill – deve , attraverso una buona relazione educativa, liberare “le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente”. L’educazione deve aiutare a vivere, a dare senso e significato al sapere, all’istruzione e a qualsiasi atto finalizzato a far crescere.
5. E concludo con l’ultima immagine tratta da Jaean Jacques Rousseau, il quale, nella sua opera “Emilio o Dell’educazione”(1762), afferma con una domanda:
“La più grande, la più importante, la più utile regola di tutta l’educazione? È non di guadagnare tempo, ma di perderne”.
C è nella parole di Rousseau, attraverso l’immagine del tempo, un’altra provocazione forte: oggi nella scuola ci si lamenta spesso che si è indietro col programma, ma essere indietro è un guadagno o una perdita? Dove sta il guadagno e dove sta la perdita? Io credo che investire su un insegnamento che valorizza la relazione educativa sia importante, e a guadagnarci saranno gli studenti perché capiranno che la scuola può essere sicuramente un “luogo paidetico” , una palestra ove capire, attraverso i contenuti e le conoscenze specifiche delle discipline che si studiano, il senso del proprio esistere. Se nella scuola, i docenti saranno in grado di contribuire a trasformare la classe in un “luogo paidetico”, sicuramente ogni materia potrà continuare ad essere, per gli studenti, uno “spazio scolastico” dove poter usufruire , attraverso i contenuti, i metodi e le innovazioni delle varie discipline curricolari, l’insegnamento dell’educazione civica, senza bisogno di ricorrere all’introduzione di una disciplina ad hoc.
Credo, per concludere, che se la scuola perde di vista il suo essere comunità educativa attraverso i contenuti propri intrinseci alle varie discipline per divenire una agenzia di servizi scolastici, allora il suo volto potrà apparire bello ed attraente per il mercato, ma non formerà uomini di cultura e cittadini laboriosi per la società di domani.
Abbiamo bisogno di una scuola che sia vera fucina dove è possibile non solo acquisire ma anche creare cultura, educare e formare, e dove gli studenti non siano semplici utenti, fruitori di servizi, recipienti da riempire, ma personalità da far crescere con l’apprendimento, lo studio, la ricerca, la sperimentazione, lo stimolo della fantasia e della creatività, la comprensione dei valori fondamentali della vita, così da poterli inserire con consapevolezza e maturità nella vita sociale e nel mondo del lavoro.