Spinto da galoppanti fatti di cronaca e dal fenomeno epocale della mobilità forzata di centinaia di migliaia di persone, appare sempre più straordinariamente attuale il libro inchiesta “Mal di Mare – traffici di vite umane e complicità occulte-” (2017) del giornalista pozzalleseMichele Giardina, pubblicato da Armando Siciliano Editore.
“Il porto di Pozzallo, città di frontiera, – si legge nell’introduzione del testo firmata dallo stesso autore – rappresenta da lunghi anni il punto di approdo strategico per uomini, donne e bambini in fuga dai Paesi dell’Africa subsahariana e del Medio Oriente, traghettatisulle nostre coste da unità navali del progetto FrontexTriton e da imbarcazioni gestite da organizzazioni non governative sempre più numerose che, da alcuni anni a questa parte, hanno praticamente preso in mano la situazione “soccorso e trasferimento migranti”.
Di fronte all’inquietante sospetto che i traffici di vite umane organizzati da bande criminali libiche stiano incrementandosi senza soluzione di continuità, grazie ad una robusta e malandrina rete mediterranea di cui farebbero parte spregiudicati uomini di affari in odore di mafia, il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, dopo avere aperto una indagine conoscitiva, ha avviato una vera e propria inchiesta per accertare eventuali intrecci tra delinquenti, scafisti di mestiere o per necessità ed alcune organizzazioni umanitarie le cui unità navali, piazzate a poche miglia dai porti libici, sono sempre le prime ad intervenire.
Su segnalazione del comando generale della Guardia costiera di Roma? I dirigenti responsabili delle organizzazioni non governative sospettate, che respingono le accuse di complicità, dicono di si. Carmelo Zuccaro teme invece che nella procedura delle operazioni di soccorso in mare ci sia qualcosa di strano. Da accertare!
“Il nuovo meccanismo che si sarebbe venuto a creare”, dichiara Zuccaro, “va spiegato e chiarito”.
A questo punto in ossequio all’italico teatrino del “tutti contro tutti”, apriti cielo.
A sostegno del mio “Mal di Mare”, ho acquisito e riportato articoli e stralci di libri importanti citandone regolarmente le fonti.
Oggi chi parla o scrive di immigrazione, narrando fatti ed eventi rigorosamente legati alla cronaca di tutti i giorni, rischia di essere tacciato di razzismo, senza attenuante alcuna. Patologia della perversione ideologica! Che è poi il gioco preferito di alcuni “liberi osservatori pro domo sua, debosciati di professione, il cui unico obiettivo è quello di fare carriera e soldi portando il gregge a pascolare abusivamente nei terreni demaniali di questa nostra confusa società, ove è diventato altamente remunerativo costruire prosa e versi della ipocrisia e della menzogna.
Di grande attualità, assolutamente si, il pensiero di Blaise Pascal quando afferma che la giustizia e la verità sono due punti così lontani che i nostri strumenti sono troppo smussati per toccarli esattamente, anche quando vi arrivano si rivolgono più sul falso che sul vero.
Da guerra civile lo spreco di pubblico denaro. Quando, anome di edificanti progetti umanitari, girano autotreni di euro ogni giorno, tutti i giorni, nessuno può ragionevolmente escludere che delinquenti comuni, organizzazioni criminali, faccendieri e affaristi si mobilitino per fare il loro lavoro. Quello di sempre: corrompere, sfruttare, truffare, arricchirsi. Che è il loro mestiere. Compito delle guardie di Stato arrestarli. Della magistratura condannarli. Della politica creare leggi per consentire a guardie e magistrati di lavorare bene a difesa degli interessi della collettività. Troppo facile come teorema per non essere difficile.
Le guardie, considerata la carenza di organico, di mezzi e attrezzature, fanno quello che possono. Stesso discorso per la magistratura che, a causa della non casuale farraginosità di leggi e procedure, non riesce ad incidere sui meccanismi in grado di garantire la sicurezza della pena. Il testimone è nelle mani della politica. Ecco il punto.
Il problema della fame, dei bisogni e delle persecuzioni di centinaia di migliaia di persone non può essere risolto aiutando tutti a fuggire verso il nostro Paese. Inefficace e ingannevole, stando ai risultati, il progetto “etico” immaginato per accogliere l’esercito in fuga di profughi e migranti economici, considerate le migliaia di morti in mare e la fibrillante situazione sociale che si è venuta a creare in Italia a causa del rifiuto assoluto di gran parte dei Paesi europei di rispettare il principio della ricollocazione.
Inutile e improduttiva la retorica “buonista” dell’Italia che si parla addosso con commissioni, delegazioni, organizzazioni non governative a professata vocazione umanitaria, dibattiti, assemblee, riconoscimenti etc., mentre la cosiddetta Europa degli Stati liberi, si arrabatta tra l’impotenza politica e gli egoismi nazionalistici che, offuscando la luce del giorno, rendono più lunga e più buia la notte.
Intanto bande di criminali continuano ad arricchirsi impacchettando su imbarcazioni scassate e precari gommoni marini monocamera di fabbricazione cinese, uomini, donne e bambini. Vuoti a perdere. Chi insiste nel sostenere che tutto questo rappresenti un fenomeno epocale ineluttabile; che persecuzioni e violenze inaudite subite dai poveri disgraziati in fuga prima della partenza, all’imbarco, durante il viaggio, all’arrivo e alla successiva “sistemazione” a terra, sia fatale e inevitabile; che gli effetti collaterali prodotti dal pandemonio pazzesco che sta lacerando il tessuto sociale del nostro Paese, concretizzino semplicemente il tributo fisiologico da pagare a una grande e meritevole iniziativa umanitaria, dovrà prima o poi rendere conto alla storia e alla legge degli uomini e di Dio della grave responsabilità di avere praticamente innescato una distruttiva bomba umana e politica.
Le organizzazioni non governative, tutte, lavorano a fin di bene? Alla luce delle accuse e dei sospetti rivolti ad alcune di loro, i dirigenti responsabili rivedano per favore e subito programmi e attività. Il progetto teoricamente nobile di salvare vite umane in mare e traghettare centinaia di migliaia di persone sulle nostre coste presenta lacune vistosissime. Una cosa pensata a fin di bene che nel corso dei lavori si è trasformata in una pazzesca invasione assecondata e pilotata da menti criminali, va stoppata immediatamente. A qualunque costo. Con il coraggio delle persone oneste che sanno cambiare rotta e chiedere scusa.
Oggi operano in Italia centinaia di associazioni, istituti ed enti umanitari meritevoli. Ma quante di queste realtà operative si sono trasformate di fatto in progettifici? In fabbriche di intellettuali posti di lavoro riservati agli amici degli amici? Parlo di false aziende etiche realizzate a costo zero e sostenute da contributi pubblici, i cui dirigenti, laici e religiosi, si portano sulla coscienza la colpa non lieve di inquinare l’atmosfera sociale immaginando soluzioni a senso unico incipriate di una abbondante dose di ipocrisia.
Che dietro la complessiva e complicata gestione del fenomeno migratorio ci sia del marcio, lo dicono i numeri, i dati, gli scandali, le denuncie, le inchieste, le ruberie accertate, le manette, le sentenze. Il tesoro di contributi e donazioni che associazioni, istituti e enti vari ricevono dallo Stato, da comuni cittadini e sedicenti benefattori, va gestito in modo limpido e produttivo rispetto ai virtuosi risultati che i dirigenti dicono di volere raggiungere a medio e lungo termine.
Per quanto riguarda l’inchiesta avviata dal procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, e da altre procure siciliane, la risposta immediata e trasparente da dare ai donors e alla pubblica opinione, come richiede a gran voce anche il Codacons, è quella di pubblicare i bilanci, con particolare riferimento ai fondi senza fondoraccolti con la rete mondiale del crowdfounding.
Il procuratore Carmelo Zuccaro ha acquisito informative importanti, filmati eloquenti e registrazioni di telefonate più che sospette. Dal momento che la legge non gli consente di utilizzare i risultati dell’accurata indagine conoscitiva già conclusa come prove per un eventuale processo, è compito della politica mettere a disposizione del magistrato, persona corretta, affidabile e stimata, come riconosciuto dal Consiglio Superiore della Magistratura, gli strumenti per avviare indagini di polizia giudiziaria a bordo delle navi traghetto della Marina militare e delle organizzazioni umanitarie.
In mare muoiono 4.000-5.000 persone l’anno. Delle centinaia di migliaia che arrivano sulle nostre coste, i profughi rappresentano solo una piccola percentuale. Gli altri, tutti gli altri, sbarcano in cerca di fortuna. I risultati dal punto di vista del disastro organizzativo e sociale sono sotto gli occhi di tutti. Lo slogan “tuttavia continuiamo a salvare vite umane” offende la ragione e il buon senso. Offende chi parte, chi muore in mare e chi arriva.
L’Unicef segnala un aumento record dei bambini: nel 2015-2016, ne sono stati registrati 300mila in 80 Paesi , 4 volte in più rispetto ai 66mila documentati tra il 2010 e il 2011. Più della metà, 170mila, ha chiesto protezione in Europa; e il 92% di chi è arrivato via mare in Italia era solo o separato dai genitori. Il tema degli arrivi e dei rifugiati si lega a quello dei ricollocamenti e al ruolo dell’Europa.
“Si smetta di tergiversare sui ricollocamenti”, ha ammonito Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento, che ha chiesto agli Stati membri di rispettare l’impegno a trasferire i 160mila richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia entro settembre 2017. La solidarietà necessita di azioni, non solo di parole. “Italia e Grecia continuano ad essere sottoposte a un’enorme pressione”, ha sottolineato Tajani, invitando la “Commissione europea a garantire il rispetto dello Stato di diritto”.
Oggi siamo chiamati a fare fronte a una vera invasione. Inutile nasconderlo. La soluzione più semplice, più proficua, più umanitaria e più logica, dettata dal sacro, universale principio di sussidiarietà e cristiana fratellanza, sarebbe quella di aiutare i fuggitivi a creare lavoro e ricchezza nelle loro terre. Costruire ponti, non muri, dice Giorgio La Pira. Ma, alla luce degli intrallazzidi oggi, tra il rischio di costruire ponti con cemento depotenziato e la possibilità concreta di aiutare questa povera gente nelle terre ove è nata, Giorgio La Pira avrebbe sicuramente scelto questa seconda opzione. Se nessuno dei potenti del mondo ha pensato ad oggi di realizzare un progetto virtuoso di questo tipo, evidentemente gatta internazionale ci cova.