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Noi dentro la furia del vento: come nasce un tornado… a cura di Giannino Ruzza

Quando l’aria gelida del Nord incontra l’aria calda del Golfo del Messico, la natura si trasforma in un vortice di potenza.
Tempo di lettura: 2 minuti

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun fenomeno atmosferico incarna la potenza della natura come il tornado. In pochi secondi, l’aria si contorce, il cielo si fa verde, e una colonna di vento può cancellare in un attimo case,  intere comunità e automobilisti in viaggio.

Come si forma un tornado

 

Il processo comincia quando due masse d’aria molto diverse si incontrano sulle Grandi Pianure americane: da nord-ovest scende aria fredda e secca dalle Montagne Rocciose e dal Canada; da sud risale aria calda e umida dal Golfo del Messico. Quando si scontrano, l’aria calda, più leggera, viene spinta verso l’alto da quella fredda. Se nella zona è presente un taglio del vento (cioè un cambio di direzione o velocità del vento con la quota), la colonna d’aria ascendente comincia a ruotare orizzontalmente, come un cilindro. Le potenti correnti ascensionali di un temporale di grande intensità e durata sollevano poi verso l’alto la colonna d’aria in rotazione, trasformando il movimento orizzontale in verticale. Quando la rotazione diventa abbastanza stretta e veloce, la nube a imbuto tocca terra: è nato un tornado.

Quanti se ne formano ogni anno

 

Negli Stati Uniti si formano oltre 1.200 tornado ogni anno, la maggior parte nella cosiddetta Tornado Alley, una fascia di terra che attraversa Dakota, Nebraska, Kansas, Missouri, Oklahoma e Texas. È qui che il contrasto termico tra le masse d’aria raggiunge il suo massimo, creando un laboratorio naturale di meteorologia estrema. I tornado più violenti appartengono alla scala Enhanced Fujita e possono raggiungere venti superiori ai 500 km/h, capaci di spazzare via anche le strutture più solide.

Pericolosità e sopravvivenza

 

Nonostante la loro brevità — la maggior parte dura meno di dieci minuti — i tornado sono tra i fenomeni naturali più distruttivi del pianeta. Ogni anno provocano decine di vittime e miliardi di dollari in danni, specialmente nei piccoli centri rurali dove le abitazioni non hanno rifugi sotterranei. Negli Stati Uniti esistono sistemi di allerta rapidi, ma spesso tra l’avviso e l’impatto passano solo pochi minuti. La regola d’oro è semplice: non tentare di fuggire, ma cercare riparo in un seminterrato, in una stanza interna senza finestre o sotto strutture solide.

Durante un viaggio al confine tra Missouri e Oklahoma, lungo la Interstate 44, ci capitò di assistere da vicino alla furia di uno di questi fenomeni: un tornado, per fortuna non devastante, ci lambì, sballottando l’auto a destra e a sinistra. Attorno a noi, un fuggi-fuggi generale di automobilisti: alcuni cercavano di allontanarsi in fretta dall’area minacciata, alla ricerca di un varco sicuro nel cielo; altri preferivano sostare ai lati dell’autostrada. Strategie diverse. In pochi minuti il cielo divenne nero, la luce si tinse di verde e il vento ululò forte: un assaggio diretto della potenza che queste terre conoscono da sempre.

Un fenomeno globale

 

Sebbene l’immaginario collettivo lo associ all’America, i tornado si formano anche altrove: in Europa (soprattutto in Italia, Germania e Polonia), in Argentina, Bangladesh e persino nel Mar Mediterraneo, dove prendono il nome di trombe d’aria. La differenza è solo di scala: meno frequenti, ma ugualmente spettacolari e talvolta pericolosi.

In fondo, il tornado è la dimostrazione che la natura non conosce mezze misure. Là dove l’aria calda e quella fredda si scontrano, nasce un equilibrio fragile, pronto a spezzarsi in una spirale di vento. Una forza che, pur nella sua violenza, racconta il continuo dialogo tra cielo e terra.

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