
Le recenti elezioni regionali svoltesi nella Marche, in Calabria e in Toscana, hanno dimostrato, al di là dei risultati elettorali, che non c’è nulla da festeggiare e che c’è un 50% del popolo italiano che non va più a votare, e, altresì, che la politica contemporanea è segnata da una profonda crisi che investe le sue tradizionali basi: le ideologie e i partiti politici.
Storicamente, i partiti (DC-PSI-PRI- PLI-PSDI- PCI – MSI- ALLEANZA NAZIONALE – PARTITO RADICALE ) fornivano la cornice valoriale e interpretativa della realtà, orientando l’azione politica e offrendo una forte identità collettiva ai militanti e agli elettori. I partiti erano i luoghi di elaborazione culturale e identitaria: non semplici macchine elettorali, ma comunità in cui si formavano le classi dirigenti, si dibattevano i programmi e si consolidava l’appartenenza attraverso una visione del mondo condivisa.
Molti partiti tradizionali (i cosiddetti mainstream) hanno perso la loro funzione di identificazione valoriale, venendo percepiti come incapaci di rispondere ai bisogni dei cittadini (soprattutto le classi popolari danneggiate dalla recessione e dalla delocalizzazione) e sempre più autoreferenziali o legati a interessi settoriali. Questa crisi ha alimentato la crescita di movimenti e modelli neo-populisti.
In un contesto di svuotamento del senso e di assenza di identità partitiche, l’agone politico ha subito una radicale mediatizzazione, che ne ha modificato profondamente il linguaggio, i contenuti e le priorità.
La politica si è progressivamente conformata alla “logica dei media” (in particolare della televisione e, più recentemente, dei social network), adottando i loro formati, ritmi e codici espressivi. I messaggi politici vengono ridotti a slogan facilmente assimilabili, spesso a scapito della complessità programmatica e del dibattito sui valori di fondo. La politica è entrata nei programmi di intrattenimento (talk show) trasformando il confronto in uno spettacolo che privilegia il conflitto personale e l’emozione sulla ragione.
La crisi dei partiti come organizzazioni collettive e l’influenza dei media hanno portato alla personalizzazione e alla stucchevole leaderizzazione della politica. La figura del leader carismatico, con un forte profilo mediatico, diventa centrale. L’identità politica non è più legata a un programma né ad una visione del governare , né ad una filosofia della politica (il concetto di Stato, le relazioni tra individui e collettività, tra libertà e autorità) né ad un’etica della politica capace di delineare i diritti e i doveri vicendevoli dei membri di una società civile e dello Stato; oggi tutto si è ridotto all’immagine, alla capacità comunicativa e alla popolarità del singolo che riesce a far parlare di sè fino a diventare un idolo.
I media, infatti, finiscono per essere un meccanismo di selezione delle élite politiche in base alla loro adeguatezza al palcoscenico pubblico. Le fedeltà partitiche tradizionali, basate sull’appartenenza sociale, si allentano, a favore di un voto di opinione volatile, influenzato dalle percezioni mediatiche, dalla performance del leader e dai temi contingenti.
Si è letteralmente verificato un distacco da una politica guidata da valori di fondo a favore di una politica spesso ridotta al piccolo cabotaggio o alla risoluzione di problemi tecnici (la “questione tecnica”), demandata a esperti, che ridicolizza le opinioni politiche come puro “rumore di fondo”. Si tende a discutere cosa fare (le misure), non perché farlo (i valori e gli obiettivi etici). La logica dei social network accentua la tendenza a comunicare per reazioni emotive immediate, favorendo la polarizzazione e l’uso di linguaggi più aggressivi e semplificati. L’azione politica mira a creare consenso istantaneo attraverso l’emotività, piuttosto che a costruire una visione a lungo termine basata su principi etici e sociali chiari.
Siamo in una grave crisi politica che sta attraversando gravemente tutti i paesi europei.
1 commento su “L’Osservazione dal basso. Elezioni regionali: la caduta della politica e il forte astensionismo”
Questo svilimento politico e il conseguente caos sociale e culturale a cui stiamo assistendo e che presto ci dobbiamo fare i conti sul serio è iniziato dopo il colpo di Stato del 1992. Bettino Craxi ci aveva avvertiti di cosa sarebbe successo e dove volevano andare a parare. Per questo fu perseguito e perseguitato fino alla morte.
Oggi i partiti sono tutti uguali, cambiano le bandiere, gli slogan, i simboli, ma stanno tutti sotto ad una confraternita per portare avanti un globalismo esoterico.
Tempo fa la chiamavano Agenda.
Una percentuale di persone non vota più ed è distaccata dalla politica perchè il 50-60% degli italiani ha capito che non è la politica ad avere in mano lo Stato, ma le lobby del capitalismo. Poi c’è un’altra percentuale che ha capito che la politica vive solo di consensi e non ragiona più con lungimiranza. Vive il momento e specula sugli accadimenti del giorno. Tanto la gente poi dimentica perchè viene tormentata con altri racconti e piano piano tutto si appiattisce e si riduce pure il senso critico.
Anzi se il senso critico lo togli è ancora meglio.
Abbiamo inseguito il sogno europeo e specie i paesi dell’area Schengen sono tutti nel caos grazie alla grande Europa. Europa che non è governata dal Parlamento ma dalla Commissione. Commissione capitanata dalle direttive della BCE. In pratica da BlackRock e tutta la confraternita.
Abbiamo provato con questa Europa e visto che abbiamo fallito su tutti i punti di vista è ora che tutti gli Stati tornino ad essere Stati e non proprietà di pochi eletti per portare avanti progetti esoterici.