
L’art. 42 Cost. opera nell’ambito del diritto di proprietà privata. Tale articolo è composto da quattro commi.
“La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati”, ciò viene enunciato dal primo comma dell’art. 42 Cost.. Nel primo comma si esclude la scelta netta tra il modello liberista/capitalista (lo Stato deve ingerirsi il meno possibile nell’economia ed i beni di produzione sono essenzialmente di proprietà dei privati) ed il modello marxista/socialista (in cui la proprietà dei beni di produzione deve essere dello Stato). Si prevede un sistema misto, in cui la proprietà dei beni può essere sia dello Stato che dei soggetti privati. Per beni economici intendiamo quel tipo di beni normalmente acquistabili sul mercato, mediante un prezzo e che siano utili (soddisfino particolari bisogni) e scarsi (siano disponibili in quantità limitata).
Il primo capoverso prevede: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Il legislatore, utilizzando il verbo “riconoscere”, sottolinea che ci si trova dinanzi ad un diritto che preesiste alla legge. Le disposizioni legislative hanno solamente il compito di tutelarla, mediante le azioni petitorie, e di stabilirne le modalità di acquisto e di godimento, rinviando alle norme del Codice Civile. La norma costituzionale argomenta anche i “limiti”, con ciò intendendo che tutti i beni non possono mai essere impiegati in contrasto con il bene comune. Il proprietario, pertanto, deve saper fare uso del suo diritto in modo da soddisfare contemporaneamente sia l’interesse proprio che quello della collettività. L’ultima parte del comma esaminato, si occupa dell’accessibilità alla proprietà. Lo scopo dei “Padri Costituenti”, non era quello di garantire una proprietà a tutti i cittadini, bensì quello di evitare che la stessa si concentrasse nelle mani di pochi.
Il terzo comma, probabilmente il più controverso dell’articolo in esame, statuisce: “la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Il procedimento espropriativo è uno dei procedimenti amministrativi oggetto di una vasta ed articolata disciplina legislativa, vista la sua incidenza su uno dei diritti considerati più rilevanti, come quello della proprietà, circondando il privato di una serie di garanzie. La materia espropriativa viene disciplinata dal Testo Unico in materia di espropriazioni (D.P.R. n. 327/2001), in cui si sottolinea che tale procedura può essere attivata solo per motivi di interesse generale, con un minimo di concretezza attuale. All’espropriando, tuttavia, deve essere garantito un indennizzo, cioè un congruo ristoro economico, in relazione al valore di mercato del bene.
L’ultimo comma, vale a dire il quarto, specifica che: “la legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”. Sempre il Codice Civile è chiamato ad occuparsi dei diritti successori. Il diritto ereditario è un complesso di norme che regola le vicende riguardanti il patrimonio di una persona fisica per il periodo successivo alla sua morte. La successione ereditaria, che si apre al momento del decesso della persona nel luogo del suo ultimo domicilio, determina il trasferimento delle posizioni giuridiche, attive o passive, dal defunto al successore. La legge prevede che il successore, oltre alle persone fisiche, può anche essere lo Stato, qualora non vi siano altri soggetti.
In base alla lettura dell’art. 42 Cost., possiamo, perciò, addivenire ad una soluzione “mista” del diritto di proprietà, vale a dire di un diritto che è sì del singolo, ma è soprattutto funzionale, avendo riguardo agli interessi della collettività.